Persefone, per il semplice fatto di essere il trait d’union tra la terra e il sottosuolo, è una figura di estrema potenza capace di raccontare la storia di una vita. Ma vediamo un po’ come si arriva a questa consapevolezza.
Persefone. Madre della prodezza.
Che cosa ci definisce, in quanto persone? Forse chi ci sta intorno? Il nostro lavoro? Le nostre passioni?
Capire chi siamo e cosa ci identifica costituisce il punto di partenza verso il resto della nostra vita. E se queste sono domande che rendono difficoltoso il nostro presente, provate aimmaginare i dubbi che potevano cogliere i protagonisti di altri tempi!
Come sempre quando sono incerta, cerco le mie risposte nel passato, in questo caso nel mito. Il mito èuno strumento potente, fondatore di realtà ben prima dell’azione dell’uomo. Legesta di dei ed eroi sono vere e proprie linee guida in grado di aiutarci adacquisire una maggior consapevolezza di noi stessi.
Non a caso, di identità e consapevolezza ne sa qualcosa la bella Persefone.
Persefone è una dea, di lignaggio ancor più nobile se ricordiamo che suo padre è proprio il sommo Zeus.
Si pensa che una divinità nasca con ogni onore ben definito, con una sfera d’azione e qualche tempio consegnati come un regalo di Natale. Invece no, Persefone vaga nel limbo dell’indeterminatezza, incerta per gran parte della sua eternità su quella che sarebbe stata la funzione a lei assegnata.
Di questo è spia l’onomastica. Vedete, questa divinità sempre giovane viene spesso identificata sulla base di chi le sta vicino. Se rapportata alla madre è Kore, la ragazza, la figlia di Demetra. Se rapportata al marito è Persefone, colei che porta abbondanza, la sposa di Ade.
Eppure Persefone, per il semplice fatto di essere il trait d’union tra la terra e il sottosuolo, è una figura di estrema potenza capace di raccontare la storia di una vita. Ma ecco, vediamo un po’ come si arriva a questa consapevolezza.
La figura di Kore è quella dell’eterna primavera. Laddove lei passa, i fiori sbocciano. La vita terrena, però, non è volta all’eternità, e allora è giusto che anche laprimavera finisca. Qui entra in campo Ade, il ratto della giovane e l’avventuradi sua madre per riaverla al suo fianco. Come tutti sapete, si conclude con la Primaverache torna in superficie ogni sei mesi, per vivere tra lo sposo e la genitrice regolandocosì il ritmo delle stagioni.
Se abbiamo la curiosità di scavare più a fondo, però, noteremo che questa è un’interpretazione del mito corretta ma semplice. C’è un mondo, attorno a Persefone, che la rende quasi onnicomprensiva e che ne definisce a pieno titolo l’identità.
Il suo essere primavera è l’invito di un fiore a essere colto, invito che Ade fa suo con il benestare del padre degli dei. Il matrimonio dona a Kore un nuovo nome, la fa portatrice di quell’abbondanza che deriva dall’intraprendenza, dall’accettazione di una vita nuova.
Cos’è il matrimonio, se non l’abbandono di uno stato precedente all’ingresso in un mondo nuovo, diverso? E rispetto alla popolazione madre di questo bellissimo mito, che vuol dire sposarsi?
Sposarsi, per una giovane donna della Grecia antica, voleva dire accettare la possibilità che la vita poteva interrompersi con il parto. Significava accettare il proprio ruolo all’interno di un quadro sociale ben determinato. Persefone, quindi, trova la sua identità in un vero e proprio inno alla prodezza per ogni donna del suo tempo.
Che accolga Ade come marito, non è casuale.
Il dio del mondo infero sa bene che anche la morte è un passaggio da uno stato all’altro della vita, e che per accettarla ci vogliono consapevolezza e coraggio. Non è soltanto Persefone, quindi, a definire una propria identità sulla base di retaggio e matrimonio, anche il suo consorte si definisce, integrandosi nel ciclo della vita a pieno titolo.
Questa giovane ragazza, divenuta regina, trova sottoterra la culla dell’esistenza e abbraccia la sua funzione dimostrando come, in un posto buio quale il sottosuolo, con un po’ di coraggio possa nascere la vita. Ne fa vanto, ne fa corona, tiene con sé il melograno che con tutti i suoi semi diventa portatore di infinite possibilità. Che porta abbondanza.
Tornando a noi, dunque, cosa ci identifica?
Sicuramente chi ci sta intorno, sicuramente il nostro lavoro, o le nostre passioni. Però, altrettanto sicuramente, persone, lavoro e passione sono frutto della nostra prodezza.
Ci vuole coraggio, peraccettare qualcuno nella nostra vita, con il rischio che ci faccia male. Ci vuole eroismo nel lavoro, perché quanto più è grave il suo carico sulle spalle,tantopiù bisogna dimostrarsi ferrati, competenti, intrepidi. Ci vuole ardimento,nel coltivare una passione, perché appassionarsi richiede cuore e quando inqualcosa si mette il cuore, si deve essere pronti a difenderla con tutto quelloche si ha.
Persefone è una regina regolatrice della vita, che ha trovato identità nella prodezza e nella capacitàdi ispirare generazioni di giovani ragazze a vivere pienamente. Una prodezzache, donna, come ventre fertile è pronta a dispensare infinita abbondanza.
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