Ospite speciale del Pink Magazine Italia oggi è Giuseppe Pantò, autore del romanzo Area Zero, in cui si percepisce la sua dedizione totale per la letteratura.

Ciao Giuseppe e benvenuto su Pink Magazine Italia. Vorrei iniziare con una domanda di rito, tanto per sciogliere il ghiaccio e per metterti a tuo agio: chi è Giuseppe Pantò e cosa fa quando non scrive romanzi?

La tua è una domanda di rito, ma anche una bella e impegnativa domanda… che definirei addirittura “pirandelliana”, restando in tema letterario. Provo a rispondere, iniziando a dire che la letteratura e la scrittura sono per me delle passioni che coltivo da sempre ma non sono il mio lavoro. Sono un giornalista che, ormai da molti anni, si dedica alla comunicazione in ambito universitario. Quindi nel mio tempo libero cerco di leggere molto, scrivo e mi dedico alle cose che amo: la mia famiglia, gli amici, lo sport, la cucina, le arti in genere. Diciamo, allora, tornando a Pirandello, che non saprei dirti bene chi sono. Ma vorrei senz’altro essere ciò che sono. Più semplice dire che non sono uno scrittore, o almeno uno scrittore a tempo pieno. Diciamo che forse sono solo una persona che ama scrivere, che scrive le cose che ha piacere di scrivere e che cerca di valorizzare il più possibile ciò che scrive.

Di te ho avuto il piacere di leggere Area Zero, un noir che mi ha colpito perché il percorso del protagonista per arrivare alla verità non è rappresentato solo da luoghi, o persone, ma da libri. Come ti è venuta l’idea di miscelare letteratura e mistero?

Beh, io attribuisco alla letteratura una sorta di potere magico: la capacità di far ritrovare al lettore dei pezzi della propria vita dentro le pagine dei libri che legge. A differenza di altre arti, soprattutto quelle visive, la letteratura necessita anche di uno sforzo aggiuntivo di immaginazione e di ricostruzione. Ed è un passo utile non solo alla scoperta di pensieri nascosti, o semplicemente dimenticati, ma anche una via, un percorso che consente di rielaborare continuamente il proprio cammino di vita. Per questa ragione, è molto lineare che sia la letteratura, e in particolare alcuni classici, a fare da guida a Ludovico, il protagonista della storia che ho voluto narrare, nella scoperta e rielaborazione dei suoi percorsi che sembravano così semplici e scontati.

Nel romanzo citi appunto tantissimi classici della letteratura nostrana e non. C’è qualche altro romanzo che avresti voluto inserire ma che per motivi narrativi non sei riuscito a citare?

Per rispondere a questa domanda, parto dallo stupore e dal senso di smarrimento che mi coglie ogni qualvolta mi trovo davanti agli scaffali di una biblioteca. Quel senso di meraviglia nel constatare che quello che abbiamo letto e amato leggere, nei pochi o nei molti anni della nostra vita, è sempre una parte infinitesimale di un immenso patrimonio universale di lettura e di cultura. Quindi, la risposta è che ne avrei voluto inserire tanti altri e, probabilmente, tanti altri ancora se li avessi letti. Ti posso però dire che il classico a cui sono più legato, per la potenza del racconto e per tutto ciò che può suscitare in chi legge, è Il Maestro e Margherita di Michail Bulgakov. E che, in particolare, la letteratura russa e quella sudamericana, per motivi apparentemente distanti ma in realtà molto simili, sono sempre stati i miei territori di lettura preferiti.

Il romanzo non parla solo di morte e misteri ma anche, e soprattutto, d’amore. Vorrei dunque chiederti: cosa è l’amore per Giuseppe Pantò?

Ecco, anche questa è una domanda decisamente impegnativa! Diciamo che è più facile per me dire cosa non è l’amore. L’amore non è senz’altro qualcosa di scontato e di definibile in modo univoco. Probabilmente è un esercizio di equilibrismo di persone che camminano su un filo, con l’intento di incontrarsi in un qualche punto di quel percorso, complicato da numerose e imponderabili variabili. Ma è anche l’unico esercizio in grado di tenerci in vita nonostante probabili e rovinose cadute dalle quali non è soltanto consigliabile, ma anche obbligatorio rialzarsi. I prudenti, probabilmente, cadranno poco e magari non si faranno male. Ma i coraggiosi, altrettanto probabilmente e nonostante i numerosi lividi, vivranno emozioni più intense.

L’amore per la scrittura e la letteratura è forte in Area Zero. In tempi moderni come i nostri, dove il digitale sembra superare la carta stampata, dove ci si affida sempre di più all’autopubblicazione anziché alle case editrici, dove si ha quasi il sentore di avere fretta di pubblicare… insomma, come definiresti oggi uno scrittore?

Premesso che, come ti dicevo prima, io stesso faccio fatica a definirmi uno scrittore, credo che quest’epoca stia soffrendo di gravi difficoltà di comunicazione: da una parte, vedo una voglia enorme di comunicare attraverso la scrittura, di raccontare e di raccontarsi attraverso un testo che ha come obiettivo la pubblicazione in qualunque modo; dall’altra, però, la lettura tradizionale, su carta o ebook, è diventata un’attività troppo lenta per i ritmi frenetici della nostra vita quotidiana, in cui l’immagine fast food, fruita velocemente, prevale sulla lenta immaginazione e sulla costruzione di un mondo immaginario attraverso le pagine di un libro. Quindi, il grosso rischio è che il meccanismo della comunicazione reale, quella a due vie, possa funzionare solo all’interno della sempre più estesa comunità degli scrittori che possono, a loro volta, essere i prevalenti lettori forti. In questo caso, quando una comunità chiusa parla a sé stessa, e solo a sé stessa, finisce per impoverirsi e per privarsi del vitale confronto con un mondo esterno al quale diventa incapace di comunicare e di diffondere cultura. Ecco, per rispondere finalmente alla tua domanda, direi che oggi un vero scrittore è colui che ha la capacità di parlare a tutti, a prescindere dalle logiche fast food del mercato editoriale, e di trasmettere, attraverso le pagine dei suoi libri, anche un pizzico di cultura.

Tornando ai classici: ce n’è qualcuno che un aspirante scrittore dovrebbe assolutamente leggere?

Il mio primo consiglio è quello di leggere ciò che piace leggere. Non esistono, anche per l’infinito patrimonio letterario mondiale, libri imprescindibili. Ma libri che possano suscitare interesse e quella magia di cui parlavo prima. Ogni autore, poi, deve capire innanzitutto qual è l’ambito e la modalità narrativa in cui si esprime meglio e in cui può elaborare un suo personale linguaggio e modo di comunicare ai lettori. Una volta fatto questo, probabilmente sarà più facile individuare quali possono essere gli scrittori e i libri di riferimento. Insomma, i cosiddetti “imprescindibili”.

Questo non è il primo libro che hai pubblicato ma ce ne sono degli altri già editi. Ce ne vuoi parlare?

Sì certo. Area Zero è il mio quarto libro. Ho esordito con Il Cerchio del Diavolo, un romanzo storico ambientato nella Milano di inizio Ottocento, che mi ha dato parecchia soddisfazione e che ha vinto il premio letterario Big Jump – Categoria romanzo storico. Un premio che metteva insieme il giudizio dei lettori, attraverso una votazione “social”, e il giudizio degli editor di Rizzoli, l’editore che l’ha poi pubblicato. Un anno dopo, nel 2015, è uscito Chaturanga per Historica Edizioni, altro romanzo storico, ambientato nella Sicilia del Settecento, che ha come sfondo la storia del gioco degli scacchi. Infine, ho pubblicato con Aliberti un noir, Amori, delitti e cenni poetici sul nulla, disponibile solo in versione ebook.

So che questa è una domanda a cui uno scrittore non risponde mai in maniera totalmente sincera, ma a cosa stai lavorando adesso? A un altro noir o prevedi un cambiamento di genere?

Anche su questo posso risponderti in modo totalmente sincero. La mia attività di autore si divide, direi abbastanza equamente, tra narrazione storica e noir. Nel romanzo storico trovo il piacere di viaggiare nel tempo, attraverso le lunghe ricerche alla base della costruzione della storia. Ricerche che mi permettono di ricostruire ambienti e modi di vivere e di pensare di epoche lontane. Il noir invece è per me un modo per viaggiare all’interno dell’animo umano: sentimenti, relazioni, introspezione dei personaggi sono un modo per andare in profondità, e anche in superficie, di ciò che può risiedere, o semplicemente passare per la mente di una persona e che spesso resta nascosto, segreto o addirittura inconscio.
Adesso sto portando avanti un nuovo e ambizioso progetto editoriale, ormai in fase abbastanza avanzata. Si tratta di una narrazione ibrida, proprio a metà tra lo storico e il noir, che vuole ricostruire, attraverso una chiave narrativa e letteraria originale, la storia del Novecento. È un progetto al quale tengo molto e che vorrei valorizzare al meglio. Soprattutto perché penso che solo attraverso la memoria e la consapevolezza di tutto ciò che è passato si possa vivere al meglio il presente, gestendone tutte le contraddizioni, e programmare, per quanto possibile, il futuro. E credo di poter dire che il Novecento, studiandolo in modo approfondito proprio in funzione di questo nuovo libro, è davvero un secolo cruciale sia per capire tutto ciò che ci sta accadendo oggi, nel nostro presente, sia per non commettere più gli errori del passato.