L’alfabeto fonetico nazista nacque come ulteriore spinta alla propaganda nazista. Ai giorni nostri, grazie anche allo studio incessante delle carte e alla ricerca costante di testimonianze, risulta chiaro quale fosse l’intento ultimo del nazismo: eliminare in maniera capillare e definitiva tutte le razze e i gruppi etnici reputati inferiori rispetto alla pura razza ariana, prima fra tutte quella ebraica.

Questo sterminio etnico/culturale iniziò nel momento stesso in cui Hitler si fece nominare Führer und Reichskanzler Führer e Cancelliere del Reich. Come sappiamo, le persone venivano deportate, sfruttate, uccise. Su di loro si effettuavano esperimenti di ogni sorta, la disumanizzazione e lo sterminio erano gli obiettivi finali.

Ma il nazismo voleva di più: gli ebrei dovevano sparire letteralmente dalla storia, cadere nell’oblio e mai più uscirci.

Per fare questo non ci si poteva “limitare” al mero sterminio fisico. Bisognava annullare anche la storia, la cultura e la lingua di quel popolo, solo così di esso non sarebbe rimasto più nulla nella memoria collettiva. Hitler e i suoi generali nazisti non si risparmiarono intervenendo in maniera sistematica anche là dove non ci si sarebbe aspettati. E dove invece la propaganda avrebbe potuto agire in maniera più subdola ma avrebbe sortito risultati ottimi: l’alfabeto fonetico.

Gli alfabeti fonetici nacquero per identificare meglio le parole pronunciate soprattutto via radio in ambito militare o nell’aviazione.

A oggi quello più conosciuto e ampiamente utilizzato è l’alfabeto fonetico della Nato (a – alfa, b – bravo, c – Charlie). Sviluppato negli anni Cinquanta negli Stati Uniti e quasi subito mutuato anche in Europa. Non tutte le nazioni hanno un proprio alfabeto fonetico. Per esempio in Italia è stato utilizzato quello della Nato dalle forze dell’ordine, per la vita di tutti i giorni, così come a scuola, si associa a ogni lettera il nome di una città o di un oggetto. La Germania, invece, ne possiede uno.

Il suo primo alfabeto fonetico risale alla fine dell’Ottocento.

A ciascuna lettera dell’elenco telefonico di Berlino era associato un numero; nel 1905 furono introdotti i nomi per indicare più chiaramente le lettere e renderle comprensibili anche a chi non sapeva leggere: “A wie Albert”, cioè “A come Albert”… Tanto che l’alfabeto fonetico era largamente impiegato nella scuola, così da facilitare la comprensione e la scrittura soprattutto delle parole più complesse. Forse proprio pensando all’impiego scolastico i nazisti agirono per modificarlo e trasformarlo in uno strumento di propaganda.

Nell’alfabeto fonetico infatti vi era presenza anche di nomi ripresi dalla lingua ebraica, soprattutto nomi propri, molto popolari e conosciuti in Germania. I nazisti decisero di eliminarli, erano 14 parole, tra cui appunto diversi nomi propri: David, Jacob, Nathan, Samuel e Zacharias, sostituiti con nomi “più tedeschi”: “David” divenne “Dora” e “Samuel” “Siegfried.

Per alcune sostituzioni non si cercò tra i nomi propri. I nazisti mutuarono nomi di luoghi dal forte significato simbolico con il chiaro obiettivo di instillare ancora di più nella mente dei tedeschi la supremazia della razza ariana su tutte le altre. Ecco dunque “Nordpol” (Polo nord) al posto di “Nathan” e “Ypres” al posto di “Ypsilon”. Per i nazisti, il Polo Nord era il luogo in cui aveva avuto origine la razza ariana; mentre Ypres deriva dal nome della battaglia combattuta nei pressi della cittadina belga, durante la Prima guerra mondiale, quando l’esercito tedesco attaccò quello francese con del gas clorato.

Con la fine della Seconda guerra mondiale la Germania iniziò sin da subito a fare i conti con le proprie azioni. E non ha ancora smesso, cercando in questo modo di fare ammenda e di venire a patti con un passato così ingombrante.

Modificare l’alfabeto fonetico rientra in quest’ottica, anche se la decisione non è stata presa dopo la fine della guerra, ma solo nel 2020! Ad accorgersi dei cambiamenti avvenuti nell’alfabeto è stato lo scrittore Michael Blume, quando, nel 2019, durante le ricerche per un suo nuovo libro si imbatté nella fonetica nazista e da qui risalì alle sue origini sino a scoprire che cosa era accaduto.

Blume sottopose il problema agli esperti del Deutsche Institut für Normung e.V. o DIN (Istituto tedesco per la standardizzazione) i quali ora sono coloro che dovranno occuparsi dell’annosa questione, ossia trovare 14 nuove parole con la quali andare a sostituire le 14 filonaziste così da ristabilire un equilibrio e una giusta trasversalità rispetto a tutte le etnie presenti in Germania oggi.

Il portavoce dell’istituto, Julian Pinnig, ha già anticipato infatti che i termini favoriti sono nomi di città o di villaggi, mentre si escludono i nomi di persona poiché appunto non rifletterebbero la diversità etnica nazionale odierna. Il nuovo alfabeto fonetico tedesco dovrebbe essere adottato a partire dal 2022. La lotta all’antisemitismo passa soprattutto attraverso il ricordo, la vecchia lista stilata dai nazisti verrà riportata in allegato alla nuova per preservarne la memoria.