Laura Fagiolini* ripescando tra le storie della sua famiglia ci racconta di Velia Titta Matteotti, una donna coraggiosa che osò sfidare il regime per ottenere giustizia, dopo l’omicidio del marito Giacomo.
Il mio incontro con Velia. Quando ero bambina il mio bisnonno materno, un uomo piccolo e mite, di grandi valori, raccontava sempre i suoi anni dati alle guerre, ben due, ma soprattutto raccontava gli anni caratterizzati dal fascismo e per contro dall’antifascismo o come si chiamerà in seguito la Resistenza. Era per lui motivo di grande orgoglio parlare di due suoi cugini antifascisti, un uomo, Titta Ruffo, grande baritono. Il più grande dei suoi tempi che a un cero punto decise di opporsi al regime rinunciando anche alla sua grande carriera, e una donna Velia sua sorella minore moglie di Giacomo Matteotti che come studiamo nelle lezioni di Storia al liceo è stato un deputato socialista, primo grande antifascista, martire della libertà.
Velia trova il suo spazio solo come sorella e come moglie ma pochissimi sanno che Velia è la donna che nel 1924 ha osato sfidare Benito Mussolini durante un incontro di cui la storia non ci ha mai raccontato niente. Velia quindi, come tantissime altre donne rimane nascosta. Avvicinandosi al centenario della morte di Giacomo Matteotti (10 giugno 1924~ 2024) è giusto e doveroso ricordare il sacrificio di Giacomo. Ma altrettanto giusto è ricordare anche quello di Velia che affrontando mille avversità è stata la sua meravigliosa compagna.
Per anni ho dimenticato queste storie raccontate nella mia famiglia.
Ho iniziato cosi a cercare notizie, ho letto e studiato la storia di questi anni terribili e mi sono letteralmente tuffata nella lettura delle 214 lettere che Velia ha scritto a Giacomo. E che sono raccolte nel volume “Lettere a Giacomo”. Curate meravigliosamente dal professor Stefano Caretti (Nistri Lischi editori 2000). Da queste ricerche e dalle lettere ho potuto conoscere Velia e mi sono imbattuta in una donna dal carattere forte, intelligente e acculturata. Capace di amare senza riserve. Piccola ed esile ma capace di grande coraggio.
Dai documenti emerge una storia.
Velia è l’ultima di sei figli tra i quali appunto Titta Ruffo che, dopo l’abbandono del padre e la morte precoce della madre, si occupa di lei, ancora bambina, permettendole, in un momento storico in cui questo non era affatto scontato di studiare. Velia appena diciottenne dà alle stampe le sue prime raccolte di poesie mostrando da subito una personalità forte ma sempre misurata.
Quando Velia, giovanissima, incontra Giacomo nell’agosto del 1912 è da subito fermamente consapevole che sarà lui e solo lui il compagno della sua vita. Ma con altrettanta certezza capisce immediatamente che, per il momento storico che stanno vivendo (siamo agli albori della Prima Guerra Mondiale) e per gli ideali di suo marito, la sua vita accanto a lui non sarà affatto facile.
Tuttavia Velia non si tirerà mai indietro. Sono estremamente diversi per educazione e personalità, lei religiosa e lui laico, lei lontana dal mondo politico, lui ostinato e indomito lei sempre discreta ma mai sottomessa. In ogni momento si scrivono lettere piene di passione e di speranza in un futuro che sperano migliore; lettere ricche di scambi culturali e di racconti di vita quotidiani. È il modo in cui affrontano le lunghe separazioni cui sono e saranno sempre sottoposti.
Il matrimonio con Giacomo.
Proprio quando la Grande Guerra porta anche in Italia la sua violenza e il suo dolore, e forse proprio per questo, Velia e Giacomo si sposano. Ma non è il momento per godersi la loro felicità perché lui fa sentire la sua voce, ferma e assordante, contro l’entrata in guerra dell’Italia e contro l’inutile massacro a cui essa porterà. Questa posizione lo porta in Sicilia in una sorta di esilio, lontano dalla politica ma anche lontano dal fronte. E soprattutto lontano da lei. Velia non ha esitazioni e lo segue a Messina, decidendo di vivere in un albergo vicino alla fortezza dove lui è costretto al silenzio. Continua a scrivergli ogni giorno, facendogli sentire la sua presenza discreta ma incrollabile in attesa di poterlo vedere durante i suoi rari permessi. È in Sicilia sola, sola e incinta del loro primo figlio.
La fine della guerra.
Finita la guerra, quando sembra arrivato ormai il momento di godere l’uno dell’altra, il fascismo e Mussolini si impongono all’Italia. Fin da subito e prima di altri Giacomo ha capito il pericolo di questa nuova realtà politica e la combatte con ostinazione. Velia comprende, lo appoggia, talvolta si oppone con fermezza, si mostra dura ma sempre nel rispetto delle idee del marito anche quando queste lo portano a sacrificare la vita e la libertà dell’intera famiglia. Velia è una donna istruita, una scrittrice. Suo marito è assente la sua opposizione al fascismo ha conseguenze drammatiche sulla vita di Velia che ormai avverte che la fine di Giacomo è annunciata soprattutto all’indomani di un discorso in cui chiede l’annullamento delle elezioni che hanno visto la vittoria di Mussolini.
Cosi quando il 10 giugno 1924, dopo anni di minacce e di percosse, suo marito scompare, lei sa già di essere vedova anche se non ha un corpo sul quale piangere. Velia vuole il suo corpo e vuole la verità. Nonostante il dolore si presenta di fronte a Mussolini.
E la giovane Velia sfida il regime.
Da qui, etichettata come “nemica del regime”, inizierà per lei una vita travagliata, sospesa tra i ricordi, il dolore e la lotta per una sopravvivenza difficile; sospesa in un presente che la vede attenta nel suo ruolo al tempo stesso di madre e di padre, nell’attesa di ritrovare il corpo del suo unico amore. Poi il 16 agosto 1924 il terribile ritrovamento e Velia lascia da parte lo strazio per essere forte di fronte ai bambini. Determinata a tenere lontano i fascisti, scrive una coraggiosa lettera alle autorità con la quale chiede con educazione e fermezza, l’assenza totale degli uomini del regime durante il funerale.
Un’altra sfida al fascismo.
La vita sua e quella dei tre figli sarà sempre condizionata dalla minaccia; sempre vittima del controllo che la polizia fascista imporrà loro in ogni momento, determinando condizioni di vita difficili che lei stessa definisce “un’autentica schiavitù” e che in una lenta agonia la porteranno alla morte.
È questa solo una parte della storia che ho ricostruito in un libro: “Velia.La Dignità contro il regime” edito da Intrecci edizioni con lo scopo di dare una voce a Velia la donna che osò sfidare il regime. Non è un libro strettamente storico, io faccio un altro mestiere e come psicologa ho dato spazio a Velia donna, madre, moglie, persona. Ho dato spazio al suo dolore e alla sua forza o per usare un termine molto caro oggi alla sua resilienza. Mi piacerebbe che in una Storia al maschile Velia, e non solo lei, venisse ricordata.
Laura Fagiolini*, psicologa e studiosa del ruolo della donna
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