La sindrome di Korsakoff è una malattia neurologica che impedisce di saper distinguere tra i ricordi realmente vissuti e i sogni, i desideri, le visioni. Su una vuota spiaggia di Sperlonga incontriamo Monica; indossa un cocktail dress anni ‘60 color oro e si sente persa. Gioca con la sabbia ed entra ed esce dall’acqua, ricordando vagamente allo spettatore quelle scene al mare de Il dramma della gelosia di Scola. Monica, però, gioca da sola; il suo Marcello, il suo Mastroianni (Filippo Timi) la guarda da lontano, preoccupato. 

Entriamo così in una dinamica di coppia drammatica; una sorta di Le pagine della nostra vita, dove alle parole si sostituiscono le immagini. I video di viaggio che i due hanno vissuto si uniscono a quell’Avventura lì, immagini che conosciamo fin troppo bene: le pellicole di Antonioni, di Carlo di Palma, di Sordi dove Vitti ha bucato lo schermo – entrando per sempre in un immaginario collettivo. Quell’attrice, quel pezzo di storia italiana continua ad ispirarci oggi. E quelle immagini hanno acquisito un valore tale da diventare sostanza – molto più che semplici immagini in movimento.

Monica indossa il vestito nero e la parrucca di Valentina Gherardini (il personaggio interpretato da Monica Vitti ne La notte); poi il vestito bianco di Vittoria (il personaggio de L’eclisse); poi il vestito colorato e floreale di Teresa la ladra. Nello specchio non trova il suo riflesso ma altri attimi della filmografia dell’attrice. Finché a comparire nella specchiera non è altri che Alberto Sordi, in tutta la sua ilarità. Mentre Monica vive solo attraverso le pellicole, aggrappandosi a qualche battuta che sembra contenere il suo destino, Edoardo (il vero nome del personaggio interpretato da Timi) deve affrontare la perdita della casa a Roma, oltre a significative sanzioni dal tribunale.
C’è una forte dissonanza tra le immagini d’archivio e quelle dove veniamo lasciati a tu per tu con Alba Rohrwacher – che non ci permette mai di dimenticarci che è lei che abbiamo davanti. Troppe volte rivediamo Vitti, che in brevissimi istanti sa già commuoverci, regalandoci un’intensità nostalgica. E così, troppe volte ci viene ricordato che non abbiamo più quel cinema lì, né quegli attori lì.

Monica è anche, in un certo senso, vittima di quelle immagini, quell’ideale, quella perfezione, quella moda sbarazzina ma elegante.

Il film ruota intorno a una grande mancanza: Monica ha completamente perso la sua identità e con essa il suo senso della realtà. Ma noi la mancanza che sentiamo davvero è quella di quelle immagini del cinema del passato, ora rincollate, a mo’ di collage, a tappare buchi di una sceneggiatura debole.
Diretto da Roberta Torre, la regista firma anche la sceneggiatura insieme a Franco Bernini. Le musiche di Shigeru Umebayashi, che ha ricevuto il Premio alla carriera solo ieri alla Festa del Cinema, addolciscono la visione. Si tratta del secondo film italiano in concorso alla Festa del Cinema di Roma.