Mefisto Funk è un film elettronico girato per la maggior parte nelle terre toscane della Garfagnana, la valle “del bello e del buono” di pascoliana memoria.
Girato anche in uno dei luoghi di maggior fascino dell’Alta Versilia, e precisamente nelle cave di marmo dismesse che si trovano sulla strada che connette Castelnuovo di Garfagnana a Massa. È girato anche negli studi milanesi di Metamorphosis, fondata nel 1983 da Marco Poma, Momi Modenato e Andrea Gianotti.
Una fucina di creatività e lavoro, una realtà milanese molto attiva da sempre, sia in Italia che all’estero.
Mefisto Funk è stato riproiettato in un paese del parco delle Alpi Apuane, precisamente a Fabbriche di Vallico, nell’agriturismo “I Romiti”, che sorge su una chiesa del mille e cento, con catacombe e resti di mura romane. Un luogo pieno di fascino, che esiste grazie alla sensibilità genuina del genius loci che ha capito le intenzioni del proprietario, l’artista londinese Steven Newell, e le ha assecondate, dimostrando di possedere intelligenza e sana apertura culturale, uno di quei posti dove stranamente le persone ridono di un sorriso felice, sano.
È con questo spirito che ho assistito a una cerimonia vera, che mi ha emozionata e sono stata grata di esserlo. Marco Poma infatti è stato insignito della cittadinanza onoraria dal sindaco Michele Giannini in tricolore, e aveva un senso profondo e sentito.
Mefisto Funk è un grande film, da laureata in Storia e Critica del cinema, mi sento di poter esprimere un giudizio con cognizione quanto meno universitaria. Invece da parte di appassionata del genere, posso dire che è una “figata”!
Un film elettronico che parla di Mefisto, una riproposta del Faust di Goethe in chiave sperimentale che non delude. A partire dal ritmo…
La figura di Marco non può essere scissa da questo film, perché l’arte si sente, ha un odore diverso che può anche non piacere, è lì che la riconosci e inizi a interessarti… e allora ascolti cosa ha da dire e lì rischi di avere una presa di coscienza, perché Mefisto Funk parla dello Spirito del Tempo che viviamo; ora il problema, se vogliamo parlare di problema, è che è stato girato nel 1979; allora i casi son tre: o lui era avanti, o noi siamo indietro, o ha raggiunto qualcosa al di fuori da queste due prime opzioni…
In effetti, quando è arrivata la scena della matrice ho sobbalzato, per un attimo il mio cervello mi ha riproposto l’immagine di Matrix, con il nero con gli occhiali e le due pastiglie in mano e poi mi son detta: “Ma Marco non poteva averla vista questa scena perché l’han girata dopo”.
Ci si domanda con lo sguardo e siamo nell’era dell’immagine. Mefisto chiede a Simone di scegliere “cosa preferisce”, guardare senza essere guardato o guardare ed essere guardato?, una domanda affascinante e pertinente, anche per noi che viviamo nel mondo dei selfie.
Un Matrix ante litteram, che mi parla di equatore della fisica e dell’infinità dell’attimo e del silenzio della parola… rompicapi interessanti, infatti nella stanza dei bottoni c’è un personaggio che mi ha ricordato il joker.
Un film elettronico, girato in studio
Questa è una grande pellicola, che mi straconvince, che mi fa anche incazzare e che a volte mi parla. Secondo me è un film vivo.
Sapete perché Mefisto si manifesta a Simone vestito da uomo? Perché come donna lo avrebbero riconosciuto subito…
Questa è un’affermazione sapienziale.
Secondo me questo film è degno della storia del cinema in Italia, e io in queste cose sono argutissima, infatti anche per la tesi feci una scoperta interessante… una chicca per cultori della materia.

Paola Marchi