
Carlo Pedersoli ci lasciava il 27 giugno di 5 anni fa. Una pietra miliare nella storia televisiva italiana che ci ha resi popolari in tutto il mondo attraverso i famosissimi spaghetti western, amati da almeno tre generazioni di persone. Ripercorriamo la sua vita straordinaria.
Bud Spencer nasce il 31 ottobre del 1929 a Napoli, ed è già “fuori misura”: sei chili e mezzo, un vero “Maciste”, come lui stesso amava definirsi!
“Un corpo extralarge che era la metafora esatta del suo modo di stare al mondo” – ricorda la figlia Cristiana nel suo libro “Bud, un gigante per papà”, Giunti 2020 – “Extralarge per mio padre non era una taglia, ma un modo di essere: era extralarge in tutto, perché era inquieto, era curioso, era entusiasta”.
La fabbrica di mobili del padre di Bud Spencer, vicinissima al porto di Napoli, fu rasa al suolo durante i bombardamenti del 1943. Questo evento segnerà per sempre la vita di tutta la famiglia, in particolare del padre, che decide di trasferirsi a Roma. Qui Bud entrerà a far parte della Romana Nuoto in estate, nel Tevere (non c’erano ancora piscine) e della squadra di rugby della sua scuola, in inverno. La sua corporatura non passava di certo inosservata e al suo debutto estivo divenne campione italiano nei 100 metri a rana e lo resterà per tre anni consecutivi, dai 13 ai 15 anni d’età.
A 17 anni si iscrive alla facoltà di Chimica (sarà il più giovane studente universitario d’Italia), ma, dopo aver dato dieci esami, è costretto ad abbandonare gli studi per seguire ancora una volta la famiglia che decide di cercare maggior fortuna in Brasile.
“Papà in Brasile si ambientò benissimo. Diceva che il sudamericano è un napoletano felice” – ricorda Cristiana. Meno bene si ambientò invece il padre di Carlo, Alessandro detto Sasà, che dopo tre anni decise di far ritorno a Roma. Qui Bud si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza, ma soprattutto riprende con successo la sua carriera di sportivo con la S.S. Lazio Nuoto.
Nel 1950 conquistò tre titoli italiani e il record nei 100 metri stile libero sotto il minuto. Conservò il titolo per dieci anni e divenne un atleta famoso, con tanto di foto, interviste, celebrazioni. Da allora e fino al 1956 partecipò alle Olimpiadi di Helsinki prima e di Melbourne poi, nel frattempo fu convocato anche dalla nazionale di pallanuoto dove gli fu dato il soprannome – famosissimo – di Bomber.
A 27 anni aveva tutto ciò che si può desiderare dalla vita, eppure – o forse proprio per questo – sopraggiunge una profonda crisi:
“Così sono andato in Venezuela, un posto dove non ero mai stato, e mi hanno sbattuto in piena giungla amazzonica a costruire strade (la Panamericana, una rete di quasi trentamila chilometri di strade che si snodano lungo la costa pacifica del Sudamerica). Lì fui costretto a capire se ero coraggioso oppure no, se avevo i nervi a posto oppure no. Quella è stata la fase più importante della mia vita”.
Tornato a Roma, la prima cosa che fece, il 25 febbraio 1960, fu sposare Maria Amato, figlia del regista Giuseppe Amato, che aveva conosciuto nel novembre del 1954, prima della parentesi venezuelana.
La svolta definitiva in una vita già così ricca di esperienze, viaggi, sport, avventure, avviene nel 1967, quando Bud era già padre di due dei suoi tre figli e aveva iniziato a produrre documentari e campagne pubblicitarie per la televisione. Il regista Colizzi stava cercando un attore grande e grosso per un suo nuovo film sui cowboy e aveva pensato a Bud, che con il suo metro e 94 centimetri per 120 chili di peso, nuovamente e come fu per tutta la sua vita, restava memorabile.
Inizialmente rifiutò la proposta: uno spaghetti western non gli sembrava adatto a lui, però aveva bisogno di soldi e alla fine accettò, facendosi crescere la barba e cercando di “non rovinarsi la reputazione” scegliendo un nome d’arte su due piedi, combinando il nome della sua birra preferita con quello di un attore che apprezzava, Spencer Tracy.
Fu così che Bud Spencer nascerà e non morirà mai più. Un nome e una leggenda conosciuti in tutto il mondo.
“Dio perdona… io no!” uscirà in quell’anno e sarà subito un grandissimo successo accanto a Mario Girotti, attore professionista, alias Terence Hill. I due diventeranno una coppia consolidata del cinema.
“Insieme funzionavano proprio perché erano diversi. Uno biondo, atletico, regolato e responsabile; l’altro moro, debordante, godereccio e casinaro. Uno amante della carne, l’altro vegetariano. Uno adorava il mare; l’altro la montagna; uno impazziva per aerei ed elicotteri; l’altro per motociclette e bici. In comune avevano la serietà, l’amore per il proprio lavoro e la capacità di divertirsi nel farlo”.
Con loro nacque il western comico che ebbe un successo stratosferico e transgenerazionale.
Da allora i successi furono innumerevoli, in tutto il mondo.
Nel frattempo Bud non poteva e non sapeva fermarsi: nel 1980 con i suoi quattro piccoli aerei si mobilitò per consegnare beni di prima necessità ai terremotati dell’Irpinia.
L’anno successivo fondò una compagnia di spedizioni aeree, la Mistral Air, prima compagnia aerea privata di trasporto merci (poi acquistata da Poste Italiane).
Nel 1990 comprò ad Ancona un vecchio rimorchiatore in disuso, il Sant’Andrea, che ristrutturò da cima a fondo e con il quale, insieme alla famiglia, circumnavigò quasi tutta l’Italia.
Dopo qualche anno lo “scambiò” con un King Air 90 perché aveva deciso di compiere una trasvolata oceanica. Cosa che ovviamente fece, percorrendo oltre diecimila chilometri in sei giorni insieme al nipote Alessandro, pilota (che morì purtroppo anni dopo a causa di un incidente aereo). Considererà questa esperienza la più significativa della sua vita:
“Volare mi ha sempre dato un grande senso di libertà e vedere il mondo attraverso le nuvole una pace immensa”.
Nel 2010 gli viene consegnato il David di Donatello alla carriera insieme a Terence Hill. E’ stato il più grande riconoscimento cinematografico di tutta la sua carriera. Ermanno Olmi scriveva così in quell’occasione:
“Adesso, giunto a quell’età dove si può sostare quietamente sulla sponda del buon senso, mi sono fatto l’idea che a salvare il mondo non sarà soltanto la cultura, e neppure la bellezza, che pure è una piacevolissima opportunità, ma che potremmo davvero scampare al declino di civiltà se sapremo praticare la strada maestra della gioia. Gioia come condivisione di sentimenti di pace, poiché una bella, raffinata e onesta risata è anch’essa a pieno titolo opera d’arte e fa bene allo spirito, alla cultura e anche alla salute”.
In conclusione, riportiamo alcune delle citazioni più belle di Carlo Pedersoli tratte dal libro “Bud, un gigante per papà”:
- “Mai sentirsi migliori degli altri, perché sentirsi dilettanti ci rende consapevoli dei nostri limiti”.
- “Nello sport il successo è tuo: se un campione vince nessuno può togliergli quella vittoria. Nel cinema viene da altri, è il pubblico a decretare chi ha successo e chi no, e come l’ha dato può toglierlo in qualsiasi momento. Il successo cinematografico non ci appartiene mai, bisogna essere preparati a fare senza”.
- “Futtetenne! Non vale la pena arrabbiarsi per i mille futili motivi che la vita ci scodella ogni giorno, è tempo sprecato”.
- “A che serve arrabbiarsi se non c’è la soluzione? Vai oltre! E’ inutile crucciarsi su ciò che non puoi cambiare: meglio agire con energia su ciò che dipende da te”.
- “La felicità non è un fine: è un mezzo con il quale condurre la propria vita. Capito questo, è dietro l’angolo”.
- “La vita non ha senso, l’unico senso è nell’amore e nei legami. Credere in Dio è ciò che mi salva. Mi rendo conto sempre più di come siano nulla tutte quelle cose a cui davo valore: lo sport con le sue affermazioni personali e la popolarità. Chi si inorgoglisce per queste cose, chi insegue solo il successo e la fama è un idiota”.
- “Io credo che cominci tutto in quel momento: sono convinto che ciò che chiamiamo “morte” non sia altro che un passaggio di stato. L’anima secondo me è assolutamente e indubbiamente immortale, e continua a vivere anche dopo aver lasciato la Terra. Sono proprio curioso di sbirciare oltre per scoprire cosa mi aspetta”.
Carlo Pedersoli ha chiuso gli occhi il 27 giugno 2016, a 86 anni, e la sua ultima parola è stata “grazie”.
Fu, tra le altre cose, anche musicista, compositore musicale e cantautore, imprenditore – disegnando anche una linea di abbigliamento per bambini, grande amante degli animali e del cibo tradizionale italiano in quantità, soprattutto di spaghetti, fagioli, polpette, sartù di riso, supplì, zuppe di pesce, pastiere e babà.
Per la filmografia completa (ma anche per le vittorie sportive), ci vorrebbe un articolo a parte.
Ricordiamo “soltanto” che in vari Paesi del mondo sono intitolati a Bud Spencer vie, strade, parchi, piscine, mostre, premi, statue, festival, francobolli, band musicali, videogiochi, birre, ristoranti, fagioli e perfino un tipo di marmellata in Germania, la “Puffin Jam” dal film “Chi trova un amico trova un tesoro”.
Proprio oggi, 27 giugno 2021, aprirà nel cuore di Berlino il tanto atteso Bud Spencer Museum, curato nei contenuti dalla famiglia di questo poliedrico attore, che tanto lo ha amato.
There is 1 comment on this post
Comments are closed.