Gli sconti sono cosa buona e giusta, una vera e propria manna dal cielo nel momento in cui in un negozio vedi qualcosa che ti piace talmente tanto da volerlo assolutamente. Per poi accorgerti che il prezzo è così proibitivo che non ti basterebbero neanche sette vite come la gatta Tommasina per acquistarlo. Ma se per alcune fashion victims il capo desiderato è d’obbligo nell’armadio e gli sconti sono il sogno di ogni cliente, per il povero commesso inizia qualcosa che si avvicina alla guerra del Peloponneso, ad un incontro di boxe dove la spunta chi ha i nervi più saldi.
Ogni commesso sa che, almeno due volte l’anno, ci sono i famigerati saldi, a cui si aggiungono promozioni di metà stagione, fuori tutto, sconti per i fedelissimi, il 3×2, il prendi 3 e paghi 4 e i vari black Friday, Monday e Sunday. Tutto è buono se si può vendere e guadagnare. Ma nessuno sa cosa si nasconde dentro la mente del commesso che vive questo momento come un prigioniero di un gulag. Ed inizia così una fase di training con sedute zen e yoga, con la scoperta della filosofia orientale che impedirà di commettere efferati omicidi nei quali gli indumenti diventano l’arma del delitto, di cibo incontrollato per incamerare zuccheri, alcool preventivo e sedute presso l’associazione dei commessi anonimi, dove ci si confronta su esperienze traumatiche ed incontri che si spera siano gli unici e soli. Veri e propri gruppi di sostegno uniti nella sopravvivenza al periodo dei saldi. Che poi, a dirla tutta, ogni commesso sa che questo periodo ha un inizio ed una fine, il cliente invece no! Per il cliente è sempre periodo di saldi in ogni momento e per qualunque oggetto. Ma la cosa che più fa spostare il sistema nervoso a qualunque commesso sano di mente è quella domanda che diventa peggio di una bestemmia: “Ma perché non mi fate un po’ di sconto?”.
Il cliente quasi pretende uno sconto su qualunque cosa cada il suo occhio, improvvisamente diventa incapace di leggere scritte monumentali che recitano la seguente frase “LA NUOVA COLLEZIONE NON È IN SALDO”. Sono migliaia gli episodi che potrei raccontare su questo vastissimo argomento, così ampio da guidare la sociologia verso un nuovo campo di ricerca. Il cliente esige, ordina e si altera se il prezzo non è quello che vuole lui; ma andare al mercato rionale no? Lì si che si può contrattare e lasciare in pace il povero commesso/a che, senza nemmeno capire come sia stato possibile, si ritrova in uno di quegli episodi di Duck Tales dove lui e il cliente sono Zio Paperone e Rockerduck che se ne danno di santa ragione perché nessuno dei due vuole cedere sul prezzo.
Non trovate anche voi questa simpatica somiglianza? Io così mi sentivo quando in periodi assolutamente insospettabili mi ritrovavo a tirare sul prezzo con il cliente di turno, neanche fossi, poi, Iva Zanicchi in “OK! IL PREZZO È GIUSTO!” Momenti indelebili che ti restano dentro per la vita.
La parola “sconto” è diventata così pronunciata tanto da essere diventata una cosa di tendenza; ottenere sconti fa sembrare più furbo, si esibisce il capo acquistato come fosse un trofeo senza rendersi conto del modo in cui ci si comporta. Non si possono pretendere ulteriori saldi su capi già ampiamente scontati, non si può pretendere di far mettere da parte dei capi per passare a prenderli quando inizieranno i saldi e non ci si può arrabbiare perché la taglia desiderata non è più disponibile verso la fine dei saldi. E, soprattutto, non si può chiedere ogni volta quando verrà messo il 50% o il 70% e chiederci, neanche fossimo maghe, se il capo in questione sarà ancora lì!
Fare il commesso meriterebbe una medaglia al valor civile, solo per la pazienza che bisogna avere per non finire il giorno dopo all’ufficio di collocamento con una bella lettera di licenziamento.
Ma ecco alcuni episodi realmente accaduti…
Io e la mia collega stiamo sistemando la nuova collezione separandola da tutto il resto che è andato in saldo. Per evidenziare la cosa abbiamo fatto un mega cartellone che stiamo appendendo al soffitto in modo tale che sia perfettamente visibile ma, per fare ciò dobbiamo salire sulla scala cercando di centrare per bene il cartellone, di modo che non penda da una parte o dall’altra. Per poco non ci facciamo male ma, alla fine, riusciamo a sistemare per bene il tutto. Poco dopo alla cassa si presenta una signora con un paio di capi che io passo sul computer dicendole il prezzo. Per poco la signora non mi mangia viva, iniziando sin da subito ad alzare la voce e dicendo che ci sono i saldi e che tutto è al 70%. Io la guardo perplessa e le faccio presente che le due cose che ha preso sono della nuova collezione. Lei mi dà della bugiarda insinuando sottilmente che io stia cercando di imbrogliarla. Cercando di non perdere la calma la invito a seguirmi all’interno del negozio.
Io: «Signora, si calmi, perché qui nessuno vuole imbrogliarla. Le ripeto che questi sono della nuova collezione che abbiamo sistemato stamattina. Abbiamo anche messo il cartello.»
Cliente: «Non è vero. Non c’è scritto niente e ora lei mi fa lo sconto!»
Respiro a fondo e cerco di aggrapparmi a quel poco di buon senso che mi è rimasto e ripenso alle mazzate di mia madre quando ero maleducata. Non dovevo essere maleducata, mi ripeteva. Solo che si era dimenticata di avvisarmi che nella vita ci sarebbero state opportune eccezioni. Con la signora mi dirigo al reparto dove ci sono i capi che lei ha preso e con l’indice le indico il mega cartello che campeggia sopra le mensole. Impossibile non vederlo.
La signora rimane interdetta per qualche attimo per poi uscirsene con una frase che rimarrà negli annali:
Cliente: «Vabbè, comunque mi fate lo stesso lo sconto?»
Una cliente entra e domanda di un paio di scarpe che ha visto in vetrina. Sono delle décolleté di vernice nera molto eleganti. Le dico il prezzo e subito la cliente storce il naso. E già capisco cosa mi aspetta.
Cliente: «Non si può avere lo sconto. Sono troppo belle e le vorrei prendere.»
Io: «Guardi, non è possibile. Al momento non ci sono saldi e neanche promozioni. Però se le vuole provare…»
Cliente: «Sì sì, così vedo se mi piacciono come mi stanno. Mi dia il mio numero.»
Io: «Quale numero?»
Cliente: «Il mio!»
Non so se mettermi a ridere o sbattere la testa contro il muro: «Signora ma io non so qual è il suo numero.»
Cliente: «E che numeri avete?»
Ma che razza di domanda è? Non può dirmi semplicemente il numero così vedo subito se è disponibile? Cosa le importa che numeri ci sono? Sconsolata, controllo e le dico che mi sono rimaste il 38, il 39 e il 40.
Cliente: «Ecco, ho il 39. Le provo.»
Le indossa e rimane soddisfatta, le piacciono davvero tanto.
Cliente: «Però vorrei che me le scontaste.»
Io: «Signora mi spiace, ma davvero non posso. Non dipende da noi.»
Cliente: «Allora facciamo una cosa. Tu me le metti da parte e quando arrivano i saldi me le vengo a prendere.»
Spero stia scherzando. Mancano un paio di mesi ai saldi.
Io: «Signora non posso mettere da parte qualcosa per farla acquistare ai saldi. Torni quando iniziano e vediamo.»
Cliente: «Ma dici che lo troverò il numero fra due mesi?»
Ma come diamine faccio a saperlo? Io non so neanche se sarò ancora viva fra due mesi. Faccio spallucce e la signora, avendo capito che non c’è trippa per gatti, si infastidisce e senza neanche salutare esce dal negozio. Voglio un biglietto di sola andata per la Patagonia!
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