VIOLENZA DI GENERE E LA LEGGE SUL “MATRIMONIO RIPARATORE”: FRANCA VIOLA E IL SUO CORAGGIO DI “DIRE NO”

Parlare ai giorni nostri, in Italia, di “delitto d’onore” e “matrimonio riparatore” risulta ormai – e per fortuna – anacronistico, eppure si tratta di pratiche comunemente accettate e perfino consentite dalla nostra giurisprudenza fino all’inizio degli anni Ottanta. In questa Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne però tornare a parlarne per guardare con stima e gratitudine a una donna coraggiosa che è Franca Viola, alla cui battaglia personale, alla cui sofferenza intima sbattuta in pubblica piazza ma affrontata con grande determinazione si deve la legge approvata nel 1981 che abrogava il “matrimonio riparatore”, salvando dalla squallida ingiustizia che in passato ha visto molte donne costrette a sposare il proprio stupratore.

Il nostro Codice Penale è un apparato legislativo nonagenario

Scritto nel 1930 da Alfredo Rocco, allora Ministro della Giustizia nel governo Mussolini, portando in sé una concezione patriarcale e maschilista della società, basata sulla subalternità delle donne rispetto agli uomini. I tempi cambiano, le visioni maturano e si evolvono, vecchi schemi sociali si scardinano. E con il tempo  si è cercato di adeguare anche quel Codice Penale. Non è stato un processo semplice, come ogni cambiamento, ma costellato di lunghe battaglie.

Sicuramente il XXI secolo ha visto un’evoluzione più accelerata in questo senso,  con norme che tenessero conto delle sentenze della Corte Costituzionale e con leggi che allineassero il Codice agli obblighi internazionali come la ratifica della Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne e la violenza domestica e il conseguente adeguamento. In particolare, in Italia c’è stata molta produzione legislativa su questo tema tra il 2009 e il 2015.

Eppure bisogna tornare qualche decennio indietro per riscontrare già i primi interventi di correzione al cosiddetto Codice Rocco in tema di violenza di genere da parte della Corte Costituzionale con due sentenze fine anni Sessanta, con le quali si illegittimavano gli articoli del C.P. sull’adulterio e il concubinato del tutto inique tra uomini e donne, per poi abrogare, con una legge del 1981, le norme sul “matrimonio riparatore” e sul “delitto d’onore”.

Nel Codice Rocco, di fatto, il “matrimonio riparatore” estingueva i reati sessuali compiuti contro una donna

Il “delitto d’onore” prevedeva un’attenuazione della pena per gli omicidi di donne compiuti da fratelli, padri o mariti. Se la motivazione fosse stata la scoperta della “illegittima relazione carnale ” o lo “stato d’ira determinato dall’offesa recata all’onor suo o della famiglia”. Purtroppo è qualcosa che vediamo succedere ancora oggi in riferimento ad alcune culture e comunità con impostazione fortemente maschiliste e patriarcali.



Franca Viola

Sedici anni prima dell’abrogazione era stata una donna giovanissima – la diciassettenne Franca Viola – a dire per la prima volta no al matrimonio riparatore. A 15 anni, con il consenso dei genitori, Viola si era fidanzata con il benestante Filippo Melodia, nipote di un affiliato di Cosa Nostra, ma quando lo stesso Melodia finisci coinvolti nei traffici della mafia e arrestato, lo stesso padre della ragazza rompe il fidanzamento e così la famiglia Viola diventa oggetto di una serie di violente minacce ed intimidazioni, che comunque non piegheranno in alcun modo la volontà di Bernardo Viola.

Tuttavia, il 26 dicembre 1965 Franca sarà rapita da Melodia, violentata, malmenata e lasciata a digiuno. Quindi segregata per otto giorni. Il giorno di Capodanno, il padre della ragazza fu contattato per la cosiddetta “paciata”, ovvero per un incontro volto a mettere le famiglie davanti al fatto compiuto e far accettare ai genitori di Franca le nozze dei due giovani. In accordo con la polizia, i genitori finsero di accettare le nozze riparatrici, per permettere alle forze dell’ordine di conoscere il luogo della segregazione e intervenire per  liberare Franca. Melodia e e i suoi complici saranno arrestati.

I costumi e la morale del tempo avrebbero imposto un’unica soluzione a una ragazza uscita da una simile vicenda: sposare il suo rapitore, salvando in tal modo il suo onore e quello familiare.

In caso contrario sarebbe potuta rimanere zitella e additata come “donna svergognata”. Per noi oggi è vergognosa una scelta simile, direi che è ripugnante. Purtroppo però all’epoca, la legislazione italiana, in particolare l’articolo 544 del Codice Penale, affermava che “Per i delitti preveduti dal capo primo e dall’articolo 530, il matrimonio, che l’autore del reato contragga con la persona offesa, estingue il reato, anche riguardo a coloro che sono concorsi nel reato medesimo. E se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali”, in altre parole ammetteva la possibilità di cancellare il reato di violenza carnale, anche ai danni di minorenne, qualora si fosse stato ricorso al cosiddetto “matrimonio riparatore” tra l’accusato e la persona offesa, e in questo in quanto la violenza sessuale era considerata oltraggio alla morale e non reato contro la persona.


«Io non sono proprietà di nessuno, nessuno può costringermi ad amare una persona che non rispetto, l’onore lo perde chi le fa certe cose, non chi le subisce».

Franca viola si oppose, rifiutando il matrimonio riparatore.  Il caso sollevò in Italia forti polemiche divenendo oggetto di numerose interpellanze parlamentari. Il processo contro Melodia si concluderà a favore di Franca Viola, malgrado i tentativi della difesa di negare qualunque reale colpa dell’imputato presentando la vicenda come la più classica “fuitina”, una fuga d’amore, che poi Franca avrebbe rinnegato per non andare contro il padre contrario a quelle nozze. Si sente ancora lo stridere di una maldestra arrampicata sugli specchi. Fortuna che in quel caso lo legge seppe farsi valere, in barba alle convinzioni comuni e rispettando la dignità della vittima. Bisognerà però aspettare il 1996 perché lo stupro da reato «contro la morale» sia riconosciuto in Italia come un reato «contro la persona».

Piccole vittorie per una grande battaglia, quella della rivendicazioni sociali contro la violenza sulle donne.
Esistono casi noti tra donne annoverate nella storia della cultura e dell’arte italiana che hanno vissuto vicende analoghe ma con esiti diversi, mi vengono in mente la scrittrice Sibilla Aleramo e la pittrice Artemisia Gentileschi, simbolo anch’esse della lotta ai soprusi sulle donne che quegli abusi li hanno vissuti sulla loro pelle.

Marta Felicina (Rina) Faccio, in arte Sibilla Aleramo, era appena quindicenne, quando nel 1891 subisce violenza da un impiegato della fabbrica del padre, rimanendo incinta. Perderà il bambino eppure è costretta dalla famiglia a un “matrimonio riparatore” dal quale nascerà il figlio Walter. Sarà l’attività giornalistica e la scrittura a sottrarla dalle costrizioni familiari, diventando una voce della battaglia femminista ma costretta dalle circostanze e le leggi dell’epoca a rinunciare al figlio pur di seguire la sua strada di affrancamento.

Il caso di Artemisia Gentileschi

Violentata da un collega del padre, il pittore Agostino Tassi, fu la stessa giovane pittrice a piegarsi alla prospettiva del matrimonio riparatore, tacendo inizialmente la vicenda e salvare così la propria reputazione; speranze disattese, quando si scoprirà che Tassi era già sposato e sarà allora che il padre di lei decide di intentare un processo nei confronti dello stupratore. L’artista subirà torture e umiliazioni, quasi non fosse lei la vittima ma il contrario, e anche conclusasi la vicenda giudiziaria, Artemisia dovette combattere a lungo contro i pregiudizi e le maldicenze messe in giro sul suo conto. Questo non la fermò, e il suo talento e la sua volontà le permisero di farsi notare per la sua arte e perfino entrare nell’Accademia del Disegno, prima donna in assoluto a ricevere questo onore.

Franca Viola segna anche lei un capitolo della nostra storia, quella dei diritti civili delle donne, diventando un simbolo di libertà e dignità per tutte quelle donne che dopo di lei avrebbero subito le medesime violenze e prendendola ad esempio.

Il coraggio di “dire no” e rifiutare il “matrimonio riparatore”.

Anche se la stessa rivoluzionaria protagonista di questo fatto storico ha voluto sminuire i propri meriti: «Non fu un gesto coraggioso. Ho fatto solo quello che mi sentivo di fare, come farebbe oggi una qualsiasi ragazza: ho ascoltato il mio cuore, il resto è venuto da sé», ha dichiarato Franca Viola in una delle molte interviste.