Ferrovie del Messico è il caso letterario dello Strega 2023. Intervista al suo autore Gian Marco Griffi.
Ferrovie del Messico è di fatto la vera rivelazione editoriale di questa stagione letteraria. Vincitore del Premio Libro dell’anno di Fahrenheit, del Premio Mastercard Letteratura e del Premio letterario Mario La Cava 2023. Infine è entrato nella dozzina del Premio Strega suscitando fin da subito un riscontro molto positivo anche tra gli Amici della Domenica. Abbiamo intervistato il suo autore, Gian Marco Griffi, classe 1976, nato ad Alessandria, ma cresciuto nel Monferrato a Montemagno, in provincia di Asti. Griffi ora vive ad Asti e lavora in un circolo di golf.
Raccontaci la genesi del tuo romanzo e il suo percorso da manoscritto all’editore Laurana e ai premi.
Nel 2019 Giulio Mozzi mi disse che avrebbe inaugurato una collana nuova con l’editore Laurana, e mi chiese se avevo un libro per lui. All’inizio avevo pensato di mettere insieme un po’ di racconti e di proporgli quelli. Ma col passare del tempo mi resi conto che volevo provare a fare qualcosa di diverso, magari un romanzo. Solo che il mio libro di racconti (Inciampi, pubblicato nel 2019 con Arkadia) era andato talmente male (148 copie vendute, scarsissima considerazione da parte di chiunque) che ero del tutto sconfortato. Non avevo neppure più voglia di mettermi in gioco.
Sono arrivato vicino al tirarmi indietro. Però avevo in mente qualcosa, avevo qualche storia che mi girava in testa da un po’, avevo qualche personaggio e avevo l’idea di ambientare il tutto durante la Repubblica Sociale Italiana. Quando poi m’è capitata l’illuminazione del titolo (il titolo Ferrovie del Messico deriva da un titolo azionario delle Ferrovie del Messico appunto, del quale era appassionato investitore Marcel Proust – io lo lessi in una sua biografia e da quel momento mi fu subito chiaro che il mio romanzo si sarebbe intitolato così). Tutto il resto è venuto di conseguenza. Tutto il resto è stato costruito per rendere plausibile il fatto che un milite della Guardia nazionale repubblicana ferroviaria di Asti, nel febbraio del 1944, deve disegnare una mappa ferroviaria del Messico), sono partito e non mi sono più fermato.
Devo dire che Giulio Mozzi se n’è subito innamorato, e da lì in poi è iniziata la fase della lavorazione, insieme a lui e a Lucia Zago, e poi della revisione e del completamento (da solo). L’editing si è concluso con un mese di tregenda. Un mese eccezionale di lavoro incessante fatto da una squadra composta da noi tre e da Greta Bertella, che si è aggiunta in corsa. Le premesse non erano entusiasmanti: Ferrovie del Messico era stato ordinato da 168 librerie in tutta Italia.
Ma poco alla volta, grazie alle recensioni sui quotidiani nazionali, sulle riviste, e grazie alle numerosissime recensioni spontanee di moltissimi lettori di ogni genere (scrittori, giornalisti, semplici appassionati lettori, librai, ecc.), il romanzo si è fatto strada, fino a centrare alcuni ottimi risultati. Come il primo posto nella classifica di qualità dell’Indiscreto, la vittoria al premio Città di Leonforte, la vittoria a un premio cui tenevo molto (il premio Augusto Monti per opere di ambientazione ligure o piemontese), fino ai premi che hai già citato tu, cui va aggiunto il Premio Zeno, vinto a gennaio. E poi il tourbillon della dozzina allo Strega, che ha portato Ferrovie del Messico a essere conosciuto da tantissimi lettori in più.
Al comitato dello Strega è senz’altro piaciuto, tanto che lo ha incluso nella dozzina – gli sono grato. Invece agli Amici della domenica il romanzo non è piaciuto così tanto.
Nella votazione per la cinquina Ferrovie del Messico ha preso più voti dalle biblioteche, dai circoli di lettori, dalle librerie indipendenti e dagli istituti di cultura italiana all’estero (che sono 260), che dagli amici della domenica (che sono 400, e soltanto 67 hanno votato per le Ferrovie).
Quindi mettiamola così: ad alcuni Amici della domenica è piaciuto moltissimo (per esempio Alessandro Barbero, che lo ha proposto, ma anche ad altri). Ma in generale agli amici della domenica non è piaciuto così tanto. E questa per fortuna è stata una specie di anomalia, perché a tantissimi lettori il romanzo è piaciuto davvero tanto. Nell’ultimo anno ho ricevuto una moltitudine incredibile di messaggi da persone che se ne sono innamorati. Questo, a ben vedere, insieme a decine e decine di recensioni lusinghiere, alle traduzioni in francese, tedesco e ceco, mi appaga cento volte di più che qualsiasi riscontro da parte degli amici della domenica.
Il tuo libro è un affresco storico notevole con una ricerca accurata e puntuale. Come hai lavorato sulle fonti?
Ferrovie del Messico è ambientato in un 1944 molto simile al vero 1944, ma con qualche piccola increspatura, alcuni elementi che descrivono un 1944 leggermente diverso, come se fosse un mondo parallelo. Mi riferisco agli anacronismi più fantascientifici, come il computer o il macchinario esprimi-parole. Ma anche ad altre cose disseminate qua e là che magari non vengono colte subito, o non vengono proprio colte, come per esempio la penna a sfera, che era già stata inventata ma che sarebbe stata commercializzata nel 1945, oppure le protesi mammarie, o altre piccole increspature messe lì per costruire un 1944 differente, non del tutto fedele a quello storico.
Ma naturalmente per poter inserire questi dettagli ho dovuto preparare una base che fosse quanto più fedele possibile al contesto storico reale, e per fare questo ho avuto bisogno di un’ampia documentazione, derivante da libri, film, documentari, quotidiani locali dell’epoca, oroscopi, rubriche, fumetti, poesie, eccetera, fino ad arrivare a cartoline e diari, che mi sono stati utilissimi per ricreare l’ambiente della Repubblica di Salò.
Poi ci sono altri tipi di ricerche, di tutti i tipi, che mi hanno divertito moltissimo e nello stesso tempo mi hanno costretto a ricerche astruse, come i manuali di odontoiatria dell’epoca, o quelli di ornitologia, e moltissimi altri. Per non parlare della mole di ricerca necessaria per aver un quadro del Messico e della rete ferroviaria messicana degli anni’20-’30. Ma è il bello di scrivere storie. Capita che ti leggi stralci da un manuale di odontoiatria oppure un poema cavalleresco per scrivere anche soltanto mezza pagina, talvolta per scrivere una frase.
Ferrovie del Messico è un romanzo corale. “Spassoso e commovente, giocoso e profondo, realistico e fantastico, avvincente senza tregua. Scritto con una lingua quasi parlata, sempre cordiale tanto nel registro comico quanto in quello drammatico. E tuttavia letteratissima” recita la quarta di copertina e non si può non essere d’accordo. Si intravede tuttavia un lavoro su fonti, personaggi e idee notevole. Parlacene.
Come scrivevo prima la ricerca, in tutti gli ambiti, è stata capillare; senza quella non avrei potuto scrivere neppure una pagina. L’invenzione, la fantasia, il fantastico, devono scaturire da una solida base di conoscenza del reale, altrimenti non funzionano come dovrebbero, perdono di efficacia. I personaggi sono stati costruiti poco alla volta, perché se è vero che di un determinato personaggio puoi avere un’idea generale delle caratteristiche, soltanto lavorandoci puoi raggiungere uno sviluppo che lo renda credibile e memorabile.
All’inizio sapevo che il protagonista del romanzo, Cesco Magetti, doveva patire di un qualche dolore fisico. Ho iniziato a scrivere e soltanto a un certo punto mi è venuta l’idea giusta, che quel dolore fisico dovesse essere il mal di denti. Attorno al mal di denti del protagonista, che è qualcosa di fisico ma ovviamente è anche qualcosa di metaforico, di simbolico, e alla sua fobia per i dentisti, ho costruito buona parte del romanzo. Per esempio: è per curarsi il mal di denti che Cesco intraprende un viaggio in campagna da una sorta di guaritrice divinatrice, la quale diviene narratrice fondamentale di alcuni sviluppi decisivi del romanzo.
E poi c’è ovviamente tutto il lavoro sulla lingua, sul lessico, sulla costruzione metaforica.
Per me questo è un lavoro fondamentale, e deriva principalmente dal mio amore per la lingua italiana, per i dialetti, per i neologismi, per una lingua densa e stratificata che possa contenere l’alto e il basso, l’aulico e il dialettale, il volgare e il tecnicismo, e via dicendo.
Infine c’è il lavoro sulla mia cifra stilistica, che è ironica. Fondamentalmente Ferrovie del Messico è una commedia, anche se ha i contenuti del dramma, della tragedia, della farsa, della satira, eccetera. Ma il modo è quello della commedia, inteso come il medio, o meglio, come il punto d’incontro, tra il tragico e l’elegiaco.
Hai progetti in divenire? Stai scrivendo?
Ho scritto alcuni racconti brevi che mi sono stati chiesti da riviste, e un racconto lungo per una raccolta di racconti sui premi letterari appena uscita per Racconti Edizioni (Tutti i nostri premi). Non ho ancora cominciato a scrivere un altro romanzo. È stato un periodo molto caotico, tra il libro, il mio lavoro e la famiglia ho fatto fatica anche soltanto a pensarci, a qualcosa di nuovo. Tra un po’, con calma. Per scrivere ho bisogno di tempo e tranquillità, e in questo momento della mia vita non ho né il primo né la seconda.
Parlaci ora di te, del tuo metodo di lavoro, di come organizzi le tue giornate di scrittura.
Il mio metodo di lavoro è tutto da fare. Non so bene come mi organizzerò. Prima di Ferrovie del Messico ho sempre scritto di lunedì (l’unico giorno della settimana in cui non lavoro. Per questo mi sono autodefinito “scrittore del lunedì”, che è come dire “scrittore della domenica” ma di lunedì, perché di domenica lavoro), oppure di sera.
Ferrovie del Messico l’ho scritto in un periodo della mia vita ricco di tempo libero (qualche cosa l’ho abbozzata durante il primo lockdown del 2020, e poi il grosso del romanzo l’ho scritto nell’autunno-inverno tra il 2020 e il 2021, da fine ottobre 2020 a marzo-aprile 2021).
Un periodo nel quale ho potuto dedicarmi alla scrittura come se facessi lo scrittore di professione: libero dagli impegni lavorativi (per lavoro dirigo un circolo di golf, un country club con resort a 40 camere, due campi da golf, bar e ristorante, e durante la pandemia la gente non ci poteva venire, per non parlare dei turisti), sono riuscito a scrivere e immaginare, immaginare e scrivere, e poi ancora scrivere e revisionare, fare le ricerche necessarie, fare l’editing, riscrivere le parti che ritenevo di dover riscrivere, eccetera. Lavoravo al romanzo 8-10 ore al giorno, tutti i giorni. E questa cosa è andata avanti per cinque, sei mesi. Un’opportunità e un divertimento unici.
Per il prossimo romanzo non avrò tutto questo tempo libero, e questa è un’incognita che mi impensierisce un po’.
Tra l’altro scrivere di mattina è bellissimo e molto più fecondo (come qualsiasi altra attività umana, del resto). Scrivere di sera, rintronato dalla giornata di lavoro, stanco, mezzo addormentato, è terribile. Quindi si vedrà.
Ti faccio questa confessione. Avevo fatto un voto – laicissimo – con me stesso.
Se fossi entrato nella cinquina dello Strega, mi ero detto, ben sapendo che era molto difficile (o almeno così mi era stato riferito da più parti, e io ci avevo creduto), avrei provato a scrivere non soltanto nei ritagli di tempo, ma avrei cercato una soluzione col mio lavoro che mi permettesse di scrivere con più costanza. Insomma, avrei provato a cambiare un po’ vita. Non radicalmente, ma almeno un po’. Avrei provato a considerare la scrittura non soltanto un passatempo del lunedì, ma qualcosa di più.
E invece è andata come è andata. E io mi tengo la mia vita esattamente com’è (è vero, per cambiare vita avrei potuto fare altri mille voti, avrei potuto pormi altri obiettivi, tipo che so, raggiungere 21.357 copie vendute del romanzo, o vincere tre premi, o finire su un video di Jovanotti, o essere tradotto in Francia da Gallimard – tutte cose raggiunte, o quasi –, eccetera, e invece – purtroppo – ho scelto l’unico obiettivo che non sono riuscito a raggiungere). Il problema è che la mia vita esattamente com’è prevede uno spazio molto limitato per la scrittura, e quindi dovrò arrabattarmi come potrò. Ma ci si arrabatta, il tempo per le proprie passioni si trova. Scrivere è un’attività che potrò anche ridurre, ma non potrò mai interrompere del tutto.
Io sono quel che scrivo e come lo scrivo.
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