Nominata LinkedIn Top Voice 2024, Veronica Capozzi è una psicologa, una coach e una mamma. Per migliorare l’autostima e le soft skills, organizza corsi sulla comunicazione efficace. Gestisce inoltre il gruppo Facebook mamme es@urite. Abbiamo parlato con lei di quanto sia essenziale per le donne essere consapevoli del proprio valore e delle proprie scelte.

“Sono una psicologa, mamma di tre figli e di tre gatti (ci tengo a sottolinearlo). Per diversi anni ho lavorato come dipendente nell’ambito delle Risorse Umane, poi ho scelto di continuare come libera professionista. Ho deciso di dedicarmi alle mie due passioni: la formazione e l’orientamento. Attualmente lavoro sia nell’ambito delle politiche attive sia attraverso le aziende. Mi occupo di coaching, inteso sia come forma di sostegno personale sia verso figure più manageriali, come Consulenti e Team Leader. Gestisco gruppi di aiuto rivolti a donne e mamme: offro il mio supporto soprattutto a quelle che a seguito della maternità hanno difficoltà a rientrare nel mondo del lavoro.”

Sul tuo profilo LinkedIn si legge: “Gestisco e coordino le attività del gruppo Facebook mamme es@urite”, di cosa si tratta?

L’idea di questo gruppo è nata quando ero in attesa del mio primo figlio, poiché percepivo un sottile senso di solitudine, cosa molto comune. Questo non perché mi mancasse qualcosa, ma proprio durante la giornata lo avvertivo, anche nelle cose più semplici. Ricordo che erano i primi anni del Web e mi aiutava moltissimo scrivere e condividere con le persone. Persino il semplice saluto della mattina era diventato fondamentale per me, mi aggrappavo fortemente a questi momenti. Questo gruppo nasce però con l’idea di essere totalmente inclusivo: si accolgono mamme e papà “esauriti”, purché i papà facciano parte della squadra. Ricordo che il mio primo follower è stato proprio mio marito che ha stimolato questa dimensione inclusiva.

Partiamo dal lavoro. Cosa ne pensi delle domande “scomode” fatte alle donne durante i colloqui?

La classica domanda: “Vuoi avere figli”? purtroppo ancora viene fatta, nonostante sia vietata dalla legge. Ad oggi per fortuna c’è più consapevolezza proprio nelle candidate che questa domanda non sia per niente giusta. C’è un passo in più ma il percorso non è ancora compiuto. Per quanto riguarda il ruolo della donna, vedo situazioni molto diversificate: donne che vivono in termini di parità, a livello economico e familiare e altre invece no. Ci sono quindi quelle che si sentono dire: “Tu sei fortunata, tuo marito ti aiuta”. Poi ci sono quella che ancora oggi dicono: “Devo chiedere il permesso a mio marito”, roba da pelle d’oca. Purtroppo abbiamo ancora questo retaggio culturale. Quando parliamo di parità, dobbiamo essere consapevoli che si tratta di una parola molto strumentalizzata perché chiaramente siamo diversi uomini e donne, ma siamo uguali in termini di diritti. È chiaro che la vera libertà parte dalla libertà economica: se non ho una mia indipendenza, difficilmente potrò avere autonomia nel fare le mie scelte.

Quali consigli a una giovane donna?

Domanda davvero difficile, io partirei innanzitutto dalla ricerca di sé stesse: essere consapevoli di ciò che vogliamo e di ciò che ci fa stare bene come individui. Una volta capito questo, bisogna combattere e non distrarci dal nostro obiettivo. La convinzione del “tutto per tutto”, il “provo a candidarmi ovunque” non premia, ma bisogna acquisire delle competenze specifiche e aggiornarle costantemente. Inoltre, occorre avere un piano B, lavorando sulle nostre competenze, senza demordere. 

Perché la società stessa ci ostacola in tal senso?

Rispetto ai nostri genitori, dovremmo focalizzarci sul fatto che “nulla è per sempre”: prima c’era un mestiere ed era quello per tutta la vita. Oggi si può cambiare e dobbiamo imparare ad accogliere il cambiamento in senso positivo. Siamo sempre troppo focalizzate sul titolo rispetto alle competenze. Noi possiamo acquisirle attraverso la formazione, che è un percorso impegnativo ma che possiamo intraprendere in qualsiasi momento.

Hai mai pensato che essere una madre possa togliere qualcosa rispetto al percorso professionale?

Io ho fatto la scelta libera e consapevole di lavorare part-time e l’ho portata avanti con determinazione come conditio sine qua non. È stato molto difficile far comprendere questo alle aziende, proprio per il tipo di ruolo che avevo sempre ricoperto. Sono stata ovviamente combattuta prima di prendere questa decisione, ma in quel momento emotivamente era la cosa giusta per me. Ho voluto fermamente non rinunciare ma trovare il giusto compromesso. 

Ti è piaciuta la mia intervista? Offrimi un caffè! Martina Romano