A Cannes in corsa per la Palma d’Oro, The Substance di Coralie Fargeat critica la società dell’apparenza mettendo in scena un corpo, due corpi femminili che non fanno che rimarcare l’oggettificazione femminile. Un film visivamente perfetto, che però può sembrare scontato e, invece, finisce per farci riflettere…

Anima e corpo sono una cosa sola? E quando il corpo si scinde in due, cosa ne resta dell’anima? The Substance di Coralie Fargeat, un fantascientifico Ritratto di Dorian Gray al femminile, è un film la cui visione disturba, sia nel mentre, sia dopo.

“Una giovane e bella ragazza deve sorridere”. Non basta essere una Demi Moore per esser considerate belle; bisogna essere giovani. Infatti, non bisogna neanche tanto essere donne, quanto ragazze. Demi Moore è Elizabeth Sparkle – star indiscussa e ginnasta della televisione (pensiamo ai Cardio Workouts di Jane Fonda, ma anche alla nona stagione di American Horror Story che sfoggia corpi atletici abbigliati in tute da ginnastica colorate anni ’80, prima di calarci in un bagno splatter). 

Il giorno del suo compleanno, tutto ciò per cui aveva lavorato, ossia la sua immagine, viene cancellato: servono ragazze giovani, dai 18 ai 30 anni. Scopre una sostanza che dà vita alla versione più giovane, più bella, più perfetta di sé: Sue (Margaret Qualley). 

The Substance è un film fatto di silenzi e di urla e anche se abbiamo già chiaro nei primi venti minuti come si svilupperà la storia, siamo troppo curiosi di vedere come verranno “decomposte” le immagini della perfezione. Perché tutto è “perfetto” in questo film, a partire dalla fotografia, centrata, pulita, immacolata come il loft dove si sviluppa la più parte della storia. E Fargeat si ispira a Kubrick, nella fotografia come nelle musiche, come nelle location (il bagno rosso dove una conversazione sibillina rivela le intenzioni dei personaggi). Ma viene anche in mente la festa di fine anno in Carrie lo sguardo di Satana. Splatter anch’esso che mette al centro il corpo femminile…

Ma se visivamente abbiamo a che fare con un’accuratezza sorprendente, non si può dire lo stesso per la sceneggiatura. Qualche accenno di verosimiglianza biologica sarebbe stato più gradito; la fantascienza richiede anche la scienza. 

Il corpo femminile

È un film sul corpo The Substance – tanto che di recitazione ne vediamo ben poca.  E quando il corpo diventa tutto, l’unica espressione del sé, l’anima viene a mancare. Eppure, nonostante il fondo schiena sia l’inquadratura principale del film, non risulta del tutto un lavoro senza anima. Sono gli occhi di Demi Moore la vera sostanza del film. Elizabeth è la matrice e può interrompere quando vuole questa dualità ma non riesce. Perché la bellezza, la giovinezza è una droga più potente dell’eroina. Così “la versione migliore” annienta l’altra, annientando anche se stessa. 

Ciò che ci interessa di più di questo film (e ci riporta al discorso di Barbie di Gerwig) è il paradosso dell’ostinazione a voler contestare l’oggettificazione del corpo femminile attraverso l’oggettificazione stessa di esso. Indipendentemente dalla morale della fiaba, le immagini proposte perpetuano un corpo femminile ideale e irraggiungibile, e viene da chiedersi se è davvero questo il modo migliore per rispondere alla visione patriarcale dominante (di cui il film mostra con poche inquadrature un ritratto veritiero). Dopo tutto, non è proprio questo ciò che una limitata visione maschilista vorrebbe vedere su uno schermo?