Si può peccare di eccesso d’amore? Proteggere i propri figli da fatica, impegni o disagi è costruttivo? Quali sono i “no” che insegnano a crescere?

Essere genitori è una gran fatica. Una fatica riconosciuta anche da chi figli non ne ha, ma ha occhi per guardare. Ho assistito nella mia carriera di docente, sia di liceo che di Università, a scene che mi hanno lasciata perplessa: ragazzi che venivano agli esami universitari accompagnati dalla mamma, padri che litigavano con i professori per un mancato 30 e lode (troppo spesso immeritato) e persino nonni che si lamentavano di presunte ingiustizie nei confronti dei loro nipoti. In ogni caso era sempre colpa dell’insegnante e mai dello studente.

Una volta ero al supermercato e ho incontrato un conoscente che non vedevo da un po’. Ci eravamo appena messi a chiacchierare, quando ha squillato il telefono: la moglie, in tono concitato gli chiedeva di rientrare subito a casa per un’urgenza, la figlia stava male. Mi sono allarmata anche io, chiedendo al mio amico di tenermi aggiornata. Salvo poi scoprire, a distanza di un paio d’ore, che la “tragedia” era la discussione della figlia con il fidanzato.

Figli rammolliti o genitori incapaci?

Nessuna delle due cose, stando al rapporto Istat annuale emerge che due su tre under-34 vivono ancora con mamma e papà. Il rapporto Istat certifica addirittura un peggioramento del trend: il 67,4% dei giovani tra i 18 e i 34 anni vivono con i propri genitori, un dato in aumentato di ben 8 punti percentuali rispetto al 2022. C’è ovviamente una correlazione tra lavoro e indipendenza: in alcune regioni il tasso di disoccupazione alto influisce sull’autonomia dei ragazzi. Ma non basta a giustificare la forte incidenza di co-dipendenza.

Secondo i pedagogisti, alcuni genitori soffrirebbero della sindrome dell’eccesso di cura. “È che a un certo punto madri e padri si sono messi in testa che i propri figli avessero il diritto alla felicità assoluta. E hanno cominciato a sentirsene responsabili“, spiega al settimanale Elle il dottor Alberto Pellai, psicoterapeuta dell’età evolutiva, autore di Il metodo famiglia felice per De Agostini (leggi qui l’intera intervista: Elle. Gentori troppo presenti) .

La campana di vetro.

La famiglia iperprotettiva fa sì che il proprio figlio cresca in un mondo ovattato, limitandone tutte le attività al di fuori della famiglia. I genitori sono sempre pronti a scusare i propri figli, giustificarli e proteggerli da pericoli che talvolta non esistono. In questo modo i figli corrono il rischio di crescere o con una bassa autostima, avendo paura di tutto, o al contrario, arroganti, prepotenti, proprio perché allevati sotto una campana di vetro (fonte: guidapsicologi).

I pericoli.

Durante il suo sviluppo, il bambino troppo accudito vivrà male la frustrazione, perché semplicemente non ci è abituato. Crescendo, iniziano le difficoltà che si potrebbero manifestare con ansia, attacchi di panico, fobie. E che “quando dovrà uscire, stare con gli amici, andare a scuola, all’università, o viaggiare non si sentirà in grado di farlo da solo” dice la psicoterapeuta Angela Marchese sul suo sito. L’invadenza produce scompensi interiori, conflitti, delle emozioni sottostanti di rabbia, frustrazione, insicurezza poiché a ogni tentativo sano del figlio di porre dei limiti ai suoi cari, emergerà in lui il senso di colpa. “Molti dei problemi legati all’alimentazione dipendono da questo tipo di dinamiche familiari”, continua la dottoressa.

Che fare dunque? Come diceva Orazio Flacco: In medio stat virtus, la virtù sta nel mezzo. Lasciar vivere i propri figli, lasciare che facciano errori. Esserci sempre e insegnare loro a chiedere aiuto, a chiederci aiuto, potrebbe essere per voi un buon compromesso?

Immagine di copertina di Gustavo Fring

Sostienici, offrendoci un caffè, clicca qui: PINK