In arrivo su Amazon Prime l’attesissima nuova stagione di The Boys, la serie targata Eric Kripke e basata sull’omonimo fumetto creato da Garth Ennis e Darick Robertson, una serie un po’ splatter in stile anni Ottanta, non adatta ai deboli di cuore.

Per chi non conoscesse questo format (pochissimi, visto l’enorme successo riscosso dalla prima stagione), si tratta di un’originale rivisitazione del concetto di supereroe. Nella storia del cinema e dei fumetti non si tratta di nulla di nuovo e, del resto, inventare qualcosa di innovativo, al giorno d’oggi, è quasi impossibile. Ciò che, però, rende originale The Boys è lo sviluppo del tema, che viene portato a livelli estremi. Quale tema, direte voi? Quello del supereroe? No, non proprio.


Perché questi eroi sono crudeli, deviati, corrotti dalla fama e dal successo. Non si parla più di Peter Parker, che deve fare i conti con la responsabilità che deriva dai grandi poteri che gli sono piombati sulle spalle all’improvviso, che cerca di nascondersi per continuare a condurre una vita normale, sconvolto dalle trasformazioni del suo corpo e dalle grandi possibilità che tutto questo gli concede, roso dal dubbio, annientato dalla consapevolezza che il suo fine ultimo sia quello di fare del bene nonostante tutto e tutti. E non si parla neppure di Superman, che dedica la sua intera esistenza a salvare quei piccoli e deboli esseri umani, così fragili e indifesi, in tutto e per tutto dipendenti da lui. Non si parla di Hulk, Batman, Daredevil, Aquaman e tutti gli altri, che vivono nell’ombra per preservare quel poco di normalità che il loro essere super concede loro, no. In questa serie, gli eroi sono delle vere e proprie superstar, amatissimi dai media, animali da merchandising, vere e proprie macchine per fare soldi. C’è una società, la Vought American, che li gestisce tutti, ne cura l’immagine e vende il marchio come se si trattasse di un prodotto, come se quei ragazzi fossero star del cinema o della musica. In pratica, sono dei divi, con i relativi pregi e difetti.

La razza umana, si sa, è corruttibile. In questa serie questo concetto distruttivo viene portato ai limiti estremi e viene adattato a un mondo che finora poco si prestava. Sono le premesse a essere cambiate: il mondo in cui è ambientato questo comics, è un mondo che ha accettato in pieno l’esistenza dei supereroi, un concetto quasi sdoganato, a differenza di quanto accade di solito nelle altre serie similari, in cui il supereroe lotta per farsi accettare prima ancora di dover lottare per accettare se stesso.
Essere un super, qui, è un onore. Entrare a far parte dei Sette è il sogno di ogni uomo o donna nato con poteri.
Ma non è tutto oro ciò che luccica, mai detto fu più vero. Dietro la facciata dorata, infatti, dentro quelle stanze lussuose, in quel palazzo che si staglia fiero ed elegante nel pieno centro di New York, si svolgono giochi di potere, brutture, violenze e depravazioni inimmaginabili.


Perché il potere corrompe, ecco il messaggio chiaro che ci trasmette questa serie.
In questo, devo dire, The Boys si inserisce a pieno diritto nel migliore mondo comics, quello che parla di super poteri, di imprese epiche e meravigliose, ma lo fa senza dimenticare i temi più scottanti e profondi legati alla fallibilità e alla debolezza dell’essere umano, il quale lotta costantemente contro il proprio egoismo, cerca di essere migliore, ma deve fare i conti ogni giorno con i propri fallimenti. I poteri di questi eroi non li rendono immuni al fallimento intrinseco alla razza umana. Questo è un concetto che viene sempre affrontato in tutti i fumetti e nei loro riadattamenti cinematografici. Perché i comics e i fantasy non sono solo un narrare vicende epiche, no, sono un modo originale e diverso di affrontare i lati oscuri della vita.
In realtà, non è la prima volta che si parla del lato oscuro dell’eroe. Mi viene in mente Hancock, interpretato da Will Smith, ve lo ricordate? Parte di una razza superiore, fra gli ultimi dei suoi, che mette al servizio dell’umanità i suoi poteri, ma rimane deluso dalla mancanza di riconoscenza, dall’egoismo e dal fatto che tutto diventi dovuto, una pretesa e non più un regalo accettato con riconoscenza. Ed ecco emergere la rabbia, la delusione e, ahimè, la solitudine. Anche lì viene approfondito il lato psicologico del potere, il fatto che il vero potere renda soli, soprattutto se lo si usa per fini più alti e, quando i sacrifici affrontati non vengono neppure apprezzati, la lotta diventa impari, un combattere contro i mulini a vento in stile donchisciottesco. A quel punto, il potere diventa fonte di corruzione anche degli animi più puri.

Altro eroe dalle connotazioni ambigue è Iron man. Pensateci bene: cos’è che rende Tony Stark così affascinante? Il suo egoismo, il fatto che faccia sempre ciò che gli va di fare, il fatto che il potere sia per lui uno strumento da plasmare a suo piacimento. Aiuta l’umanità, ma solo se gli conviene. Questo il più delle volte. Anche lui, infatti, in fondo ha un cuore. Ma immaginiamo Iron Man nel mondo di The Boys, dove tutto è concesso, dove gli occhi del mondo non sono tutti puntati sul singolo eroe perché ce ne sono moltissimi. Sarebbe una catastrofe. O forse sarebbe ancora più affascinante, chissà.
Questa, a mio avviso, è la ragione del grande successo di questa serie: il fatto che affronti senza paura le sfumature più cupe dell’essere umano, ne metta a nudo i difetti e non si accontenti di raccontare i gesti eroici fini a se stessi. Fare del bene è una missione, ma non tutti sono disposti a dedicare la propria esistenza agli altri. Nascere con un potere può essere un dono, ma anche una condanna.

Ma ora parliamo della serie.
The Boys ha diversi protagonisti, tutti dotati di personalità dalle molteplici sfaccettature. Chi è buono non lo è fino in fondo, chi è cattivo ha comunque un po’ di umanità nascosta che talvolta preme per riemergere.
Ci sono I Sette: i migliori fra i supereroi, l’élite vera e propria, un cerchio chiuso, reclutati da una multinazionale dagli sconfinati poteri, scelti fra centinaia di candidati. Tutti coloro che sono nati con dei poteri guardano a questi eroi come a un modello, i loro poster sono fra i più venduti tra i teenager, le loro gigantografie impazzano in tutta New York, sono sui palazzi, sugli autobus, sulle scatole di biscotti, sui bicchieri, ovunque.


I Sette sono delle vere e proprie divinità create dalla Vought American, un marchio e un simbolo.
C’è Patriota, il leader, definito da tutti un dio: sa volare, trapassa gli oggetti con i suoi occhi laser, vede attraverso i muri e attraverso i tessuti molli del corpo fino ad analizzare gli organi interni, è forte e veloce. La sua figura è un misto fra Superman e Capitan America, a volte pare perfino una parodia dell’uno e dell’altro. Strano, ambiguo, dall’etica discutibile, è il più potente fra tutti e lo sa. Poi c’è la sua alter ego al femminile, Queen Maeve, una guerriera in stile Amazzone, dai lunghi capelli castani e dal cuore grande e generoso, ma dal temperamento discreto. Lei più di tutti ha capito che, per essere al vertice, bisogna abbassare il capo, scendere a compromessi e rinunciare alla propria personale crociata e questo l’ha indurita, rendendola una solitaria. C’è Abisso, che comunica coi pesci e respira sott’acqua, sorride alle folle e si pavoneggia della sua fama finché non esagera e viene punito. A quel punto si rende conto della futilità del mondo in cui sguazzava fino a un attimo prima, soffre e fa emergere quel lato più umano e sensibile che aveva cercato di nascondere fino ad allora. C’è A Train, che corre più veloce di chiunque altro, così attaccato al suo successo da essere disposto a rinunciare a tutti, compresi i suoi cari, pur di preservarlo. Un tossico, drogato di fama, un burattino nelle mani della Vought e di Patriota. Poi c’è Black Noir, una sorta di ninja di cui non si vede mai il viso e di cui non si capisce quasi nulla per tutta la prima serie, un personaggio misterioso che appare e scompare senza lasciare una grande impressione. Sesto del gruppo è Translucent, che è invulnerabile perché la sua pelle è rivestita da una lega di carbonio che la rende impenetrabile e che, sorpresa, riflette la luce in modo tale da trasformarlo nell’uomo invisibile. Un depravato, un solitario, un essere sgradevole che abusa più di tutti gli altri del suo potere. Infine, l’ultima arrivata: Starlight, che è in grado di illuminare a giorno uno stadio intero e di lanciare scariche elettriche molto potenti.


Starlight, viene scelta per entrare a far parte dei Sette proprio nel corso della prima puntata della prima serie. Il primo contatto con quel mondo dorato, però, è una delusione. Pura, forte e coraggiosa, capisce subito che dovrà fare i conti con una realtà che metterà a dura prova lei e i suoi principi. Personaggio meraviglioso, fra tutti il mio preferito. Una guerriera.
Ma chi sono i The Boys?


Non sono i super, bensì i loro antagonisti, coloro che lottano per un mondo più giusto in cui i super non possano dettare legge come vogliono, in cui anche quelle divinità vengano punite per i peccati e i delitti commessi.
Il leader è Billy Butcher, al secolo Karl Urban, un attore dal fascino indiscutibile che ha interpretato ruoli mitici, tra cui Eomer ne Il signore degli anelli. Dire che possieda il physique du rôle è un eufemismo. Perfetto per la serie e perfetto per il ruolo. Billy Butcher è il reclutatore degli antieroi. Non è politically correct, è duro, spietato e diretto, ma è ciò che serve per contrastare l’egemonia corrotta di Madelyn Stillwell, leader e fondatrice dalla potentissima multinazionale Vought American, donna altera e manipolatrice che gestisce i Sette come fossero suoi personali burattini.
Accanto a Butcher ci sono Latte materno e Franchie, il primo forte e generoso, il secondo un po’ folle ma dalla sensibilità sconfinata.

L’ultimo fra i buoni è anche il più improbabile: Hughie Campbell, interpretato da Jack Quaid. Quel visino non vi dice nulla? E se vi dicessi che si tratta del figlio di Dennis Quaid e Meg Ryan? Eh già! Personaggio complesso e di difficile interpretazione fin dall’inizio, debole, arrendevole e un po’ “sfigato”, viene costretto dagli eventi a reagire. La serie, in effetti, decolla nell’esatto istante in cui la sua ragazza viene uccisa. Lì ho capito che l’avrei amata alla follia, lì mi sono incollata allo schermo e non me ne sono più staccata. Un evento estremo che ha il potere di far emergere il lato più indomito del bravo ragazzo. Perché il bello di questa serie è che nessuno è perfetto: ami i personaggi proprio per i loro difetti, per le molteplici sfumature dark, per i loro errori. Hughie è l’antieroe per eccellenza che si evolve e si trasforma. C’è una frase pronunciata da Translucent che calza a pennello: “tu non sei l’eroe di questa storia” gli dice, con fare arrogante, sottintendendo che gli esseri normali siano inferiori a loro, classe di supereroi eletti e adorati dal pubblico per la facciata che mostrano ogni giorno. Invece si sbaglia. Highie è il vero eroe e lo diventa giorno dopo giorno sempre di più, prendendo coscienza della sua forza e portando lo spettatore con sé in un percorso accidentato che coinvolge e appassiona puntata dopo puntata.

La prima serie è stata un successo e non c’è da stupirsi, è davvero ben fatta, con ottimi interpreti e uno stile retrò degno dei primi comics. Adesso non ci resta che aspettare che la seconda serie diventi disponibile per intero. Per ora ci sono le prime tre puntate, ma non temete, a breve arriveranno anche le altre!
Billy Butcher e i suoi The Boys ci aspettano!