Liberamente ispirato a S. Gimignano come la cinta di torri lascia chiaramente intendere.
Eccoli nuovamente fra gli ulivi: il bosco era finito, con la sua selvaggia attrattiva. Ma via via che salivano, il paesaggio andava aprendosi, ed ecco comparire, in alto, a destra su una collina, Monteriano. Il verde sfumato degli ulivi che si inerpicava verso l’alto, fino alle mura, e lei sembrava galleggiare isolata fra cielo e alberi, come una fantasiosa città-nave di un sogno. Era interamente di colore bruno, non mostrava una sola casa, nulla, tranne la stretta cerchia delle mura, e dietro, diciassette torri -tutto quanto era rimasto delle cinquantadue che avevano riempito la città all’epoca del suo splendore. Alcune erano solo tronchi, altre pendevano tutte d’un pezzo verso una probabile caduta, altre ancora erano erette, e simili ad alberi maestri svettavano nell’azzurro. Non si poteva definire bella, ma neppure brutta per via della sua stranezza.
(Ed. N&C, Roma, 1996, p. 39).
L’ha ribloggato su I piaceri della lettura.