IL MEDICO DELL’ANIMA: IL LIBRAIO. MARIA PIA OLIVERI SI RACCONTA

Nel momento stesso in cui ho conosciuto Maria Pia Oliveri ho deciso che le avrei chiesto un’intervista. Mai la mia fu una scelta più giusta. Donna dei libri da sempre ha iniziato la sua ascesa nel mondo delle librerie da giovanissima come aiuto libraia nei periodi estivi per poi aprirne di sue con l’uomo che per un tratto della sua vita le è stata accanto. Infine è approdata a Milano dove è stata subito notata da Mondadori divenendo così in poco tempo una delle libraie più importanti e stimate del settore, tanto che non c’è autore che non abbia voluto presentare i propri lavori nella sua libreria, e ora so perché.

Maria Pia Oliveri partiamo dal principio, come ha iniziato a fare la libraia?

Ho iniziato giovanissima, andavo ancora al liceo, e frequentavo la libreria vicino a casa mia. Il libraio, che poi è diventato anche mio marito, vedendo con quale perseveranza tutti i giorni, puntuale, varcavo la sua soglia, mi ha chiesto se non avessi voglia di dare una mano durante il periodo estivo, e da lì è partito tutto: ho capito quanto mi piacesse e mi facesse bene stare quotidianamente a contatto con le persone, consigliare loro il libro più giusto. Sono stata talmente fagocitata dal mondo dei libri che anche il mio matrimonio è avvenuto in libreria. Dopo quella prima libreria io e mio marito ne abbiamo aperte delle altre e la seconda è stata inaugurata da Camilla Cederna nel 1988. Un ricordo importante che ho di Camilla, che ho avuto anche il piacere di ospitare a casa mia, è quello di quando mi disse che per la mia passione e abnegazione sarei stata adatta per una delle grigie librerie del nord, i salotti bene dell’editoria. Questo ricordo, anni dopo, quando tante cose nella mia vita sono cambiate e ho dovuto prendere decisioni importanti, mi ha spronato a non mollare, tanto che ho fatto le valigie, mi sono lasciata alle spalle il passato e sono venuta a Milano a cercare lavoro in una di quelle grigie librerie del nord.

 

Che caratteristiche deve avere un buon libraio?

Innanzitutto deve amare il contatto umano ed essere capace di entrare subito in sintonia con il cliente. Ma un libraio deve essere anche in grado di vedere oltre alle esigenze esplicite di chi si trova di fronte. Quante volte mi è capitato chiacchierando con un cliente di capire che ciò di cui aveva bisogno era altro, e molti sono tornati anche per ringraziarmi, per aver dato loro la possibilità magari di scoprire autori che non conoscevano ma che erano giusti per quel determinato momento. Non guasta poi avere anche una base imprenditoriale per l’attività di divulgazione della lettura. Perché non è vero che il libro è un prodotto come tutti gli altri, come vogliono farci intendere da diversi anni a questa parte molti guru del marketing. Il libro è avere la capacità di saper dare quella cosa che è cultura, storia, momenti di emozione e formazione, è una medicina dell’anima. Dai bambini agli adulti, che magari si avvicinano per la prima volta alla lettura, è importante far capire che quel libro non è soltanto un momento di svago e di riflessione, ma un qualcosa che se vogliono rimane con loro per tutta la vita, diviene un compagno di viaggio e una ricchezza che nessuno potrà mai sottrarti.

Oggi si può essere librai solo per passione e senza avere seguito una qualsivoglia preparazione professionale?

In prima battuta ti dico che va bene la passione, ma essere professionalmente preparati è importante, e questo è possibile solo attraverso l’esempio e la conoscenza che i librai più esperti possono dare alle nuove leve. Ciò non toglie che vedo anche tanti giovani che scelgono determinati indirizzi di studio che sono già di per sé un buon punto di partenza, aggiungi qualche esperienza (la vecchia gavetta)e poi se vogliono a mio avviso sono pronti per aprire una libreria tutta loro. Per nostra fortuna c’è ancora una consistente parte di ragazzi che pensa che un mondo fatto di cultura e arricchimento attraverso i libri sia ancora possibile e soprattutto indispensabile.

Come è cambiato, se è cambiato, il mondo dei librai da quando ha iniziato lei?

In linea generale è cambiato moltissimo e spesso non in meglio: oggi si ritiene il libro un prodotto commerciale da vendere allo stesso modo di qualsiasi altro oggetto. Questo fenomeno lo vediamo soprattutto nelle grandi catene che così facendo hanno creato un po’ di disagio nei cosiddetti lettori forti, che non si ritrovano in questa nuova chiave commerciale. Ma di contro le stesse grandi catene hanno avuto anche un merito, per quanto abbiano in qualche modo fagocitato tante realtà indipendenti anche molto radicate e ben rodate – ecco un’evoluzione in negativo – , quello di riuscire ad attrarre nei loro spazi un numero considerevole di persone, soprattutto giovani, che di primo acchito possono essere entrate per acquistare altro rispetto al libro, ma che poi per curiosità, interesse sopito, hanno rivolto la loro attenzione ai libri, magari comprandoli anche. Questo a mio avviso può essere un altro modo per riavvicinare le persone alla lettura. Dunque non mi sento di demonizzare del tutto la grande catena. Altra cosa è la vendita online, dove gli incentivi per la vendita sono molto più ampi e agili a discapito delle piccole realtà libraie che non godono degli stessi privilegi. Ultimamente stiamo assistendo alla chiusura anche di librerie appartenenti alle grandi catene. Dove queste chiudono si può aprire uno spiraglio per l’apertura di una libreria indipendente?
Dovrebbe essere così e le leggi che sono state promulgate in favore della promozione alla lettura vanno in questa direzione e mi sembra abbiano un senso. Dunque dove chiude una libreria ci dovrebbe essere la possibilità di colmare quel vuoto. I giovani devono poter investire e credere in questo settore che comunque ha una sua forte identità e importanza a livello sociale, tanto che, riallacciandoci alla questione della formazione, esistono scuole per i librai molto importanti e rinomate, penso alla scuola di Elisabetta Mauri a Venezia, ma poi ci sono anche quelle di Perugia, Napoli.

Quanto è importante per le piccole realtà libraie saper promuovere e comunicare se stessi e i propri libri?

Sono sempre stata contraria a pensare al libraio come a un mero venditore di un oggetto, purtroppo la maggior parte delle grandi catene la pensa così. Il libro è altro e lo stanno dimostrando anche quelle librerie che si figurano come delle e vere e proprie farmacie dell’anima, mi piace citarle, perché hanno compreso forse il vero e più profondo obiettivo di un libro. Io stessa in tutta la mia carriera come libraia ho visto tante persone, di tutte le classi sociali, entrare in libreria per i motivi più disparati e qui trovavano un rifugio, un modo per lasciare fuori gli eventuali problemi e avere un po’ di pace. Molte persone sono anche tornate a ringraziare perché nel libro che abbiamo consigliato loro hanno trovato le risposte che cercavano o semplicemente un luogo dove rifugiarsi e stare in pace con se stesse. Poi io ho avuto la fortuna di lavorare con alle spalle un colosso come Mondadori, ma ritengo che le attività di promozione, divulgazione, comunicazione siano fattibili, importanti e vincenti in qualsiasi realtà libraia, anche nella più piccola. Di fatto la legge varata dice proprio questo: comunicare il piacere e l’importanza della lettura attraverso ogni canale disponibile. Il libraio dunque deve diventare una vera e propria figura trainante, in grado di coinvolgere e conquistare il lettore.

Dalle sue librerie sono passati tantissimi personaggi appartenenti ai mondi più disparati. Con chi pensa di essere entrata di più in sintonia e soprattutto che cosa le hanno lasciato?

Ecco questa è stata la mia più grossa fortuna, ho incontrato tantissime persone durante la mia carriera e sono grata a tutti per ciò che mi hanno lasciato e anche insegnato. Avere avuto la possibilità di interagire con uomini e donne che con i loro testi sono penetrati nell’anima di tanti lettori… be’, che dire, solo con tutto ciò sono diventata ricchissima! Ma tra tanti non posso dimenticare l’incontro con Rita Levi Montalcini, che stringendomi la mano mi disse quanto il mio lavoro fosse prezioso e fondamentale, mi ringraziò e mi fece i complimenti. Come dimenticare poi le passeggiate sotto la pioggia con Umberto Eco che ti racconta del romanzo che sta scrivendo. Ogni mio incontro è racchiuso in una mia personalissima raccolta; qui, come in un diario, narro tutte le vicende che mi hanno vista coinvolta e hanno lasciato un segno e ogni microstoria ha un titolo: le passeggiate con Eco si intitolano Il Gigante e la ragazza sotto l’ombrello. Ancora oggi molti mi scrivono – con alcuni è nata una vera e profonda amicizia – , ci sentiamo e mi dicono che grazie a me in libreria si sono sentiti come a casa, così come i loro libri hanno trovato amore e rispetto. Ecco la mia più grande soddisfazione.

Che cosa vuol dire essere una libraia. Perché vediamo molte donne aprire le librerie?

In questo mestiere non esistono differenze di genere. La sensibilità, l’empatia, sono caratteristiche insite in entrambi i sessi. Unica cosa forse noi donne abbiamo una resilienza, una resistenza maggiore, forse l’uomo accetta meno il fallimento. Ma di base siamo uguali. Poi c’è anche il fattore lettura: le donne sono lo zoccolo dura della lettura. Anche questo potrebbe essere un fattore trainante per l’apertura di una libreria.

Dopo tanti anni la sua avventura in una grande realtà è terminata. Che progetti ha per il futuro?

Ho tanti progetti, e spero si possano realizzare.

Consigli ai giovani che vogliono intraprendere la sua stessa strada.

Ricordo loro che non stanno svolgendo un lavoro come un altro, la loro è una vera missione e dunque non bisogna mai abbattersi, ma perseverare e riuscire a vedere la parte più importante del nostro mestiere, la diffusione di cultura, di bello. I lettori tutto questo lo capiscono e li premieranno tornando da loro.

Manola Mendolicchio