Le cifre in percentuale spaventano chi di libri ci vive o almeno prova a viverci. Si stima che l’emergenza sanitaria causata dalla diffusione del covid-19 abbia innescato una profonda crisi nell’editoria. Si parla di un meno 23% di libri venduti. Un malessere feroce che colpisce l’intera filiera, dalla quale molte realtà editoriali piccole o medio piccole potrebbero anche non uscirne fuori.

Durante il lungo lockdown della scorsa primavera nell’ambiente si aggirava l’augurio “gli italiani sono in casa, hanno molto tempo per leggere e dunque gli editori venderanno di più”. In realtà questo, a conti fatti, non è avvenuto. Con le librerie chiuse, le uscite slitattate di mesi, le fiere annullate, gli eventi letterari rimandati, il libro e la cultura hanno subito un duro colpo di sciabola. In un Paese dove si cerca di salvaguardare la salute e l’economia, sacrosanti ed essenziali per tutti, la cultura è uno dei primi settori che viene chiamato a fare dei sacrifici.

Eppure dietro a un solo libro c’è una macchina di lavoro tra scrittori, traduttori, editor, tipografi e distributori. Come ripetiamo sempre, anche alle giovani generazioni per far sì che si interessino alla lettura: il libro non è un oggetto obsoleto ma dietro di esso ci sono persone che lavorano alla realizzazione di un “prodotto finale”.

Prodotto che il covid-19 ha arrestato, facendo inceppare tutto il meccanismo.

Gli addetti ai lavori cercano di far sentire il proprio grido di aiuto. Lo hanno fatto anche durante il lockdown, in sordina, quando organizzavano eventi online per non essere dimenticati, segno di un’ostinazione che vuole comunicare una non resa.

La crisi del libro corrisponde a una crisi culturale. Un abisso che adesso non possiamo vedere, che percepiamo soltanto, ma che pagheremo in futuro. A farne le spese saranno soprattutto quei giovani ai quali oggi si cerca disperatamente di far capire quanto un Paese e una comunità si fondi anche sul proprio bagaglio culturale.

Ma l’editoria non è l’unico settore a risentire del periodo buio che stiamo vivendo.

L’ultimo decreto firmato dal nostro premier sancisce la chiusura dei cinema e dei teatri, già penalizzati nel diminuire posti in sala. Un’altra sciabolata alla cultura. Essenziale? Ce lo diranno le settimane a venire. Ma intanto si soffre… poiché questi settori non sono soltanto numeri in percentuale, ma persone. Sono famiglie. Posti di lavoro.

L’Arte, il libro, stanno soffrendo in questo momento. Chi lavora in questi ambiti patisce con loro e spera di trovare vie alternative, spera in una ripresa futura, cerca nuove modalità per arrivare al pubblico là dove può, in una spasmodica ricerca della sopravvivenza.

Forse il mercato del libro in futuro muterà. Si troverà la soluzione a tutto. Per adesso possiamo soltanto sperare che ulteriori restrizioni non penalizzino ancora di più un settore che la crisi la vedeva già da diversi anni.

Ma mai così nera.