Tutti pazzi per le serie di Netflix, ma appena si avverte il profumo del Natale in avvicinamento su diversi canali in chiaro inizia la proposta dei film natalizi, a volte novità altre il riciclo degli anni passati, come il panettone che avanza dalle feste e si ripropone in tutte le salse fino all’ultima briciola. E c’è un classico italiano del genere fantastico che dagli anni novanta ritorna Natale dopo Natale. Mi riferisco naturalmente alla miniserie cult “Fantaghirò”.

Chi non l’ha visto almeno una volta e chi continua a rivederlo fedelmente anno dopo anno? Chiedendosi ancora perché dopo quattro pellicole di sospirati e combattuti “Romualdo, amore mio, dove sei?” di Alessandra Martines che ha vestito i panni dell’iconica principessa-guerriera Fantaghirò per trovare il suo bel principe interpretato da Kim Rossi Stuart che finisce sempre per prendere un’altra strada vittima di qualche sortilegio del cattivo di turno, alla quinta stagione la troviamo a sbattere le sue lunghe ciglia scure a quel mercenario dai modi guasconi di Aries, alias Luca Segantini.

Poi ci sarà chi tra i meno romantici ma dallo spirito pragmatico, si domanderà come potesse essere incantati da questa serie, dove gli effetti speciali (che soprattutto in un fantasy non possono mancare) di sicuro non erano quelli avanzati a cui ci siamo abituati, oggi ultrarealiastici, grazie alla massiccia digitalizzazione nel montaggio e nella post produzione; seppure a lavorare dietro le quinte di “Fantaghirò” c’era Sergio Stivaletti, mago degli effetti speciali e collaboratore di fiducia di registi come Dario Argento e Michele Soavi.

Sulle origini del media franchise di “Fantaghirò”


Ma facciamo un bel passo indietro nel tempo; saranno trent’anni esatti nel dicembre 2021, e vediamo la genesi del media franchise di “Fantaghirò” con la regia di Lamberto Bava. Il suo esordio con la prima miniserie in due puntate fu su Canale 5 il 22 e 23 dicembre 1991 e fu il programma più seguito della serata con oltre 6,5 milioni di spettatori. La storia della prima stagione si ispira alla fiaba “Fantaghirò, persona bella” di Italo Calvino, che è a sua volta rielaborazione di una novella montalese inserita da Gherardo Nerucci nella raccolta “Sessanta novelle popolari montalesi” edita nel 1880. È una fiaba molto diffusa nella tradizione popolare in Italia, vestendosi di varianti regionali, ciascuna con connotazioni proprie.

Nel settentrione della nostra penisola la trama è generalmente messa in relazione alla ambiguità della sessualità femminile nella tradizione occidentale – basta vedere la storia di Giovanna d’Arco oppure il libro di Giuditta – in particolar modo rispetto al contrasto fra la concezione del ruolo della donna nella cultura greco-orientale e quella del mondo cattolico occidentale.
Troviamo dei chiari rimandi nella tradizione romagnola come possiamo riscontrare in questi versi tratti da “La furbizia delle donne”, una fiaba popolare appunto della Romagna:

«Donna io era e donna io sono,
e ho ingannato il re che è uomo,
donna io sono e donna io era,
il re è rimasto in capponiera.»

Così come si legge anche in “Fantaghirò persona bella”, fiaba popolare siciliana:

«Fantaghirò persona bella,
mi tolse l’uso della favella,
egli mi sembra una donzella,
Fantaghirò persona bella.»

Curiosità e retroscena di un cult fantasy della tv italiana


Più che ricucire la trama delle pellicole di Lamberto Bava, sceneggiate da Francesca Melandri e Gianni Romoli – che si ispirano a Calvino solo per la prima stagione attingendo sull’idea di una fiaba di quattro pagine e poi creano un mondo a sé –, vorrei raccontarvi qualche piccola curiosità sulla serie. Innanzitutto, il titolo. Pare che al principio la fiction doveva intitolarsi “La Grotta della Rosa d’Oro”, che si è mantenuto in alcune delle edizioni estere del film, come quella inglese, “The Cave of The Golden Rose”, e per quella francese, “La Caverne de La Rose d’Or”.

E se qualcuno adesso ridacchia (tra i detrattori di Fantaghirò) commentando: “Non l’abbiamo tenuta a casa nostra?!”… Ebbene, no! Anzi… “Fantaghirò” è la serie più esportata al mondo: ben 44 paesi hanno voluto sognare con la storia d’amore tra Romualdo e la sua bella principessa-guerriera. E internazionali sono i cast e i set delle varie stagioni: il castello di Fantaghirò infatti esiste davvero ma se volete vederlo dal vivo dovete andare a Bouzov in Repubblica Ceca, che si è prestata come location dei primi tre film, per spostarsi per il quarto capitolo in Thailandia e poi a Cuba per il quinto.

È doveroso ricordare che le musiche sono firmate da Amedeo Minghi.

Dalle atmosfere fiabesche, quasi da saga tolkieniana per la sua intensità in “Sinfonia magica” a “Mio Nemico”, cantata da Rossana Casale, e che rimane avvinghiata alle fibre neuronale dalla prima volta che si è visto “Fantaghirò” e ritorna in loop nel cervello al primo accenno… quando si dice che la musica è un potente stimolatore dei ricordi!

Perché diciamocela tutta – c’è chi l’ha amata di più, e l’ama ancora, e chi magari ne è ormai stufo – ma Fantaghirò è comunque un bel ricordo dei Natali passati, quegli eventi indelebili come la cioccolata calda vicino all’albero decorato, le luci intermittenti che colorano e scaldano gli ambienti, l’odore del muschio nel presepe.

Moltissimi probabilmente non sanno che ciascun sequel veniva sviluppato in base alla scelta di Kim Rossi Stuart di rimanere o meno nel cast. Infatti, dopo le prime due pellicole l’attore non voleva più indossare i panni del bel principe Romualdo, forse un po’ irriconoscente a quel personaggio che, a soli, 22 anni, lo aveva fatto conosce al grande pubblico della televisione regalandogli ampia popolarità. A essere franca, ancora oggi se penso alla filmografia di Kim Rossi Stuart, si animano in tesa le scene di Romualdo in Fantaghirò, quindi volente o nolente, gli rimarrà impigliato addosso.

Il set.

Comunque, tornando alle vicende di quel set, l’attore accettò di suggerire agli autori un incipit per poter proseguire la storia senza la sua presenza, contribuendo così, in prima persona, a una graduale e indolore (o forse no?!) uscita di scena. Per il terzo capitolo, girò la scena iniziale in cui si trasforma in pietra e quella finale del risveglio col bacio. Per Fantaghirò 4, decisero di riciclare la scena finale dell’episodio originale dove Romualdo incontra Fantaghirò rinchiusa nella torre, con qualche gioco di un nuovo montaggio e grazie al doppiaggio per riadattare la parte dialogata.

Quindi bisogna dare il definitivo addio a Romualdo dalle scene della fiction, ogni escamotage possibile era stato messo in atto per trattenere ancora almeno idealmente la presenza del principe stregato dagli occhi della nostra eroina, e di fatto la saga di “Fantaghirò” si conclude con il quarto film. Qualcuno potrebbe malignare: “E perché non si sono fermati?”.

In effetti la quinta stagione ha portato con sé qualche delusione, soprattutto rispetto al principio dell’unico grande amore decantato nelle favole e riproposte dalla fiction di Lamberto Bava, per essere infine accantonato. Ci sarà comunque una “Fantaghirò 5”, come tutti sappiamo, e questo doveva essere in verità il primo capitolo di una nuova trilogia, che sarà però troncata sul nascere dai bassi ascolti dei fan che decisero di abbandonare la loro beniamina, proprio perché non la sopportarono tra le braccia di un uomo che non fosse Romualdo.

“Fantaghirò” è come Babbo Natale e la Befana, torna ogni Natale.

E come per loro che trovano, di anno in anno, generazione di disincanti che in loro non credono più oppure nuovi sognatori che mantengono viva la loro tradizione, allo stesso modo la principessa-condottiera più nota della storia italiana e anche un po’ icona femminista, ritrova a ogni Natale i suoi sostenitori e conosce spettatori più perplessi e meno affezionati, ma “Fantaghirò” c’è, è una certezza, anche in quest’anno così poco normale e tanto insolito.