Istituita il 17 dicembre del 1993 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, la Giornata Mondiale della Libertà di Stampa nasce con l’intento di promuovere e sostenere l’articolo 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, risalente al 1948:

“Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione, e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e frontiera”.

In occasione di questa importante ricorrenza, l’UNESCO assegna ogni anno, dal 1997, il premio “Guillermo Cano World Press Freedom Prize” a individui, organizzazioni o istituzioni che hanno dato un contributo evidente alla difesa e/o al supporto della libertà di stampa ovunque nel mondo, specialmente nelle zone di maggior pericolo.

Il nome del premio è stato scelto in onore di Guillermo Cano Isaza, un giornalista colombiano che venne ucciso mentre usciva dalla sede del suo giornale a Bogotà, El Espectador, il 17 dicembre 1986, da parte dei potenti della droga della Colombia che erano stati offesi dai suoi articoli. Nel 2000 Cano è stato inserito tra i 50 eroi della libertà di stampa nel mondo del XXsecolo dall’International Press Institute.

L’istituzione della Giornata mondiale della Libertà di Stampa è avvenuta proprio in occasione del settimo anniversario della morte di questo coraggioso giornalista.

Ma facciamo un passo indietro.

Nel XIX secolo, il filosofo ed economista inglese John Stuart Mill riteneva che la “società giusta” fosse quella nella quale il più grande numero di persone godono della più grande quantità possibile di felicità. Applicando questo principio alla libertà di stampa, Mill affermava che se noi riduciamo al silenzio un’opinione, potremmo ridurre al silenzio la verità.

La libertà individuale di espressione è dunque essenziale per la salute della società.
«Se tutti gli uomini tranne uno, fossero di un parere, e quello, solo una persona fosse del parere opposto, tutti gli altri uomini non sarebbero giustificati a ridurre al silenzio quell’unico uomo, quanto lui, se ne avesse il potere, non sarebbe giustificato a ridurre al silenzio tutti gli altri».
(John Stuart Mill, “Saggio sulla libertà”)
La libertà di stampa, in Italia, è tutelata dall’articolo 21 della Costituzione:  
«Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili».  

Tra le varie organizzazioni che promuovono la libertà di stampa nel mondo, va certamente ricordata Reporter Senza Frontiere (RSF). Si tratta di un’organizzazione non governativa e no-profit nata a Parigi nel 1985. Oggi è riconosciuta quale consulente delle Nazioni Unite. Reporter Senza Frontiere fornisce assistenza materiale, economica e psicologica ai giornalisti assegnati a zone pericolose del mondo. Inoltre, ogni anno compila una classifica dei Paesi valutando la situazione di ognuno relativamente alla libertà di stampa.
Da anni, poi, pubblica annualmente anche l’indice dei “Predatori della Libertà di Stampa”, in cui vengono resi noti i nomi di politici, funzionari governativi, leader religiosi, militari e organizzazioni criminali che ledono la libertà di stampa e prendono di mira determinati giornalisti che lottano per essa.

L’Italia si posiziona tra gli ultimi paesi in Europa per quanto riguarda la libertà di stampa.
Secondo l’Ossigeno per l’informazione sono 28 i giornalisti uccisi in Italia mentre facevano il proprio lavoro.
Dal 2006 ad oggi, addirittura 1400 risultano i giornalisti minacciati di morte su tutto il territorio nazionale per gli argomenti che scelgono di trattare nello svolgimento del proprio lavoro.
In occasione di questa giornata, vogliamo ricordare, tra le tante, due grandi donne giornaliste:
Ilaria Alpi, la giornalista Rai uccisa il 20 marzo 1994 insieme al suo cameraman Miran Hrovatin. Furono vittime di un agguato di un commando di sette uomini a Mogadiscio, in Somalia, mentre si trovavano sulla loro jeep, di ritorno da Bosaso dove stavano lavorando per Rai3. Ilaria aveva solo 32 anni e stava indagando su traffici di armi e rifiuti tossici tra il nostro “civile” Occidente e il corno d’Africa;
Daphne Caruana Galizia, la giornalista maltese che si è occupata delle indagini “Panama Papers” sugli intrecci illegali tra le isole di Malta e Panama. Il 16 ottobre 2017 saltò in aria nella sua Peugeot bianca subito dopo aver scritto il suo ultimo post sul Running Commentary: “Ci sono corrotti ovunque si guardi, la situazione è disperata”. I documenti confidenziali dello studio legale panamense Mossack Fonseca conducono a più di 200.000 società offshore che coinvolgono politici e imprenditori implicati in narcotraffico e riciclaggio di denaro sporco.

Questi numeri e queste storie ci ricordano quanto sia difficile e pericoloso il lavoro di chi dedica la propria vita ad informare (e a cercare, soprattutto, di farlo correttamente e in maniera incorrotta) gli altri.
Proteggere la libertà di stampa è un dovere di ogni cittadino, soprattutto oggi, nell’era digitale e globalizzata, quando è sempre più difficile verificare le notizie di cui siamo letteralmente bombardati.