Reportage semiserio, parte prima
Maggio finalmente ci ha fatto assaporare gli iniziali caldi della stagione e noi abbiamo inaugurato la primavera 2022 con le prime ferie ed un bel viaggio di famiglia finalmente fuori Italia, dopo tanto tempo.
Bimbi al seguito (9 e 4 anni), abbiamo organizzato un viaggio davvero itinerante, da Barcellona a Valencia, unendo “necessità a virtù”, come si suol dire (mia cognata si è sposata a Valencia dove vive da vari anni).
PRIMA DI PARTIRE (ricordo sempre trattasi di reportage semiserio!)
L’organizzazione pratica del viaggio spetta sempre a mio marito che valuta i costi, i chilometri, quest’anno anche i prezzi del carburante (ahinoi, aumentati anche in Spagna). Siccome rispetto a me è un tipo preciso, puntuale e anche previdente, lascio volentieri a lui quasi tutti gli aspetti logistici.
Per quanto concerne me mi sono premunita di:
un libro per le pause morte (e sapevo ce ne sarebbero state molte, infatti l’ho finito!),
un’occhiata a vari blog di viaggio e articoli su riviste specializzate in merito alle principali cose da vedere sia a Barcellona che a Valencia,
il caffè (ovunque vado mi porto la mokina, se necessario. Avevo visto in una foto che nella tenda multi accessoriata dove avremmo dormito a 30 km da Barcellona c’era una macchinetta Dolcegusto e ho portato via tutto: cialde, bicchierini, zucchero, palette. Chi mi conosce sa che senza caffè appena sveglia faccio il triplo della fatica a carburare!).
Insomma, per me le cose essenziali c’erano tutte (!), e prima di denunciarmi al Telefono Azzurro ci tengo a dire che per ogni figlio ho pensato ad un piccolo zainetto con cappello e cuffia (e, soprattutto questa, visto il vento, è servita molto!), borraccia, fazzoletti da naso e salviette intime umidificate e gettabili nei wc, crackers, caramelle, ombrellini, piccoli giochi, giacche a vento ripiegabili, occhiali da sole. Punto tutto sulla massima indipendenza di ogni membro della famiglia a parte me, è chiaro.
L’organizzazione dei bagagli non è stata semplice perché avremmo passato la prima e l’ultima notte in nave, da Civitavecchia a Barcellona, per la bellezza di sole 18 ore – notte compresa – e qui si può scaricare un solo bagaglio a testa, poi tre notti a Barcellona e tre a Valencia, ma almeno avevamo a disposizione tutto il bagagliaio e buona parte dei sedili posteriori, figli a parte, per il resto delle valigie. Tutto ciò considerando anche gli abiti e le scarpe da cerimonia per tutti.
Insomma, per una come me, davvero un’ardua impresa.
Posso dire però, col senno di poi, di non aver dimenticato proprio nulla, il che non è poco.
PARTENZA (E TRAVELGUM RIMASTO INTONSO)
La sera di Pasquetta siamo partiti con una nave della Grimaldi Lines alle 21:30 dal porto di Civitavecchia. Il mare è stato sempre piatto sia all’andata che al ritorno, per questo il Travelgum è rimasto intonso.
E anche per questo posso dire che, soprattutto per i bambini, è stata una prima esperienza eccezionale (soprattutto al ritorno, quando siamo passati di giorno esattamente tra la Corsica e la Sardegna: uno spettacolo mozzafiato!).
Mio marito, sempre lungimirante sul risparmio, si è subito pentito di non aver preso una cabina un po’ più grande.
Diciamo comunque che entrambe le notti sono passate, più o meno velocemente…
PORTO DI BARCELLONA E CIMITERI…
Barcellona ci ha accolti, purtroppo, con un cielo nuvoloso e tanto vento. La prima cosa che ho notato uscendo dal porto con la macchina, è stato il grande cimitero terrazzato e affacciato sul mare. Pensavo fosse una specie di palazzo alla Gaudì e invece ho realizzato fosse un cimitero aguzzando la vista sui loculi.
Ricordo di aver pensato, tanto più che eravamo prossimi al tramonto, che fosse davvero un gran bel posto dove andare a stare, sicuramente con un’architettura più “felice” rispetto alle classiche nostre cimiteriali (e priva di cipressi).
Comunque la sera ci siamo subito diretti alla nostra tenda su un campeggio a Sitges, sul mare, a circa 30 km dal porto. La strada da Barcellona a Sitges è semplicissima e il pedaggio costa circa 7 euro. Altrimenti esiste una panoramica ricca di curve un po’ più lunga, ma assolutamente meritevole. L’abbiamo percorsa nella maniera più romantica possibile: bimbi addormentati a bocca aperta e CD con le nostre canzoni. In rigoroso silenzio.
IL PRIMO GLAMPING NON SI SCORDA MAI…
La tenda è stata la cosa più bella e avventurosa di tutto il viaggio, per i bambini! Un po’ ovunque, anche in Italia, si stanno diffondendo i cosiddetti glamping e li consiglio alle famiglie perché sono comodi, ma allo stesso tempo lasciano molto più liberi ed indipendenti rispetto ad un hotel e regalano quel tocco avventuroso che ogni vacanza che si rispetti dovrebbe avere.
Dotata di tutti i comfort, riscaldamento compreso (che, ahimè, è servito!), nella tenda i bimbi hanno dormito su una specie di soppalco. L’interno era tutto in legno, ma moderno e – udite udite – c’erano pure due tipi di cialde per la famosa macchinetta del caffè!
Va beh, ho offerto caffè a destra e a manca, ovviamente, cimentandomi in un acrobatico quanto simpatico spagnolo all’italiana (aggiungi qualche “s” qua e là e condisci a profusione di hola, gracias, de nada, guapa, vale, chico pensando un po’ alle canzoni estive delle radio italiane). Comunque lo consiglio: si chiama Camping El Garrofer e dal primo Giugno apre anche la sua piscina.
FINALMENTE BARCELLONA!
Il giorno dopo è stato finalmente il momento del tour della città.
Essendoci congiunti con il fratello di mio marito che ha ben quattro figli maschi grandi, ovviamente la prima tappa è stata Camp Nou, lo stadio del Barcellona ed il più grande d’Europa, con 99.354 posti a sedere. Ha circa 2 milioni di visitatori l’anno.
Abbiamo parcheggiato proprio lì accanto e poi, da lì, dopo una bella colazione al Barca Cafè con 7 cornetti e 7 caffé alla modica cifra di 30 euro, abbiamo attraversato tutta la zona universitaria per prendere le metro.
Scesi proprio all’inizio de La Rambla – che abbiamo appena attraversato – abbiamo pensato di procedere a piedi verso Casa Batllo’.
CASA BATLLO’ (CON UN PIZZICO DI PESARO!)
Inaspettatamente, una brevissima fila ci ha permesso di entrare quasi subito muniti di audio guida in italiano apprezzata da entrambi i figli. Sempre con il mio incitamento all’indipendenza, soprattutto la piccolina faceva tutto da sola: guardando il numero da selezionare in ogni stanza e capito il funzionamento di quella specie di telecomando, ascoltava con attenzione le parole che spiegavano architettura e vita di Gaudì. Non ho la più pallida idea di cosa le sia rimasto impresso, forse le parole più utilizzate quali mare e conchiglia.
Mio marito mi ha bloccato sul “C’è una villa liberty molto simile a Pesaro: villino Ruggeri” guardandomi come a dire: “Cioè, con un’ora di strada e soprattutto 80 euro in più in tasca eravamo a villa Ruggeri” e penso che di questo ricordo rideremo fino alla demenza senile.
Se, come immagino, non leggerà questo articolo o leggerà solo le prime righe dicendomi di averlo letto tutto, ignorerà il fatto che sì, andremo anche a villino Ruggeri, a Pesaro.
Comunque. Casa Batllo’ è meravigliosa. Vivere qui deve essere stato proprio una favola. E’ stato normale fare un confronto tra questa dimora e casa Leopardi, molto classica e quasi austera, che avevamo visitato a Recanati lo scorso Giugno.
Gaudì è un genio. Si può dire che è lui l’anima artistica di tutta Barcellona. Ha fatto veramente tanto per questa città di mare che si è espansa in una planimetria rigorosa e precisa. Ogni tanto, girando l’angolo o attraversando un palazzo anonimo, improvvisamente ci si ritrova ad ammirare le onde o le guglie delle sue creazioni colorate, fantasiose, meravigliose.
E’ stato così per tutto l’interno di casa Batllo’, ma soprattutto per il suo tetto, da dove è possibile ammirare Barcellona dall’alto credendo di essere sul dorso del drago di san Giorgio, patrono della città, già “quietato” dalla spada che non è altro che la sua torre.
GENIO GAUDI’: LA SAGRADA FAMILIA
E’ stato esattamente così – la meraviglia nel bel mezzo di palazzi anonimi – anche per la Sagrada Familia.
Simbolo di Barcellona, chiesa e monumento più visitato di tutta la Spagna, si tratta della grande opera incompleta di Gaudì che ci lavorò per circa 40 anni.
Per la Sagrada Familia consiglio di acquistare prima sia i biglietti che il saltafila, ad esempio qui.
Sarà completata – forse – nel 2026, in occasione del centenario dalla morte del suo ideatore. Quando ciò avverrà, sarà l’edificio ecclesiastico più grande del mondo. Intanto, già nel novembre del 2010, papa Benedetto XVI l’ha consacrata al rango di Basilica.
Proprio davanti alla sua facciata della Passione un taxi ci ha lasciati per soli 4 euro, grazie ad una app dei giovani nipoti.
Essi hanno una app per fare qualsiasi cosa, il che è molto comodo dopo svariati chilometri percorsi a piedi e un pranzo come si deve alle 15:30 del pomeriggio. Questo orario è abbastanza classico per gli spagnoli, incredibile per noi italiani, specie se polentoni come quelli della razza di mio marito.
Segnalo che proprio di fronte alla chiesa si trova un bel parco giochi dove mio figlio in pochi minuti ha guadagnato un bernoccolo, subito guarito con un bel gelato cono da una sola pallina alla modica cifra di 4 euro (da mangiare, non da apporre sopra al trauma cranico).
RIMPIANTI E PROMESSE… UN “GRAZIE” ALLA TOSSE
Avremmo voluto recarci subito a Park Guell – unico grande rimpianto e forse motivo di ritorno – ma eravamo abbastanza cotti dal vento e dalla camminata. Le tossi improvvise e ricorrenti dei pargoli in epoca covid ci hanno prudentemente consigliato il rientro alla casa-tenda (la miglior attrattiva per loro, ricordo ai lettori) dopo un rapido passaggio in una farmacia spagnola.
Mio marito è tornato trionfante con uno sciroppo “expectorante” alla menta (prontamente descritto come “gusto caramella” con scaltrissimo savoir faire da sommelier, del quale sono rimasta contemporaneamente sorpresa e titubante). Il gusto caramella ha comunque convinto entrambi i figli, che per tutta la vacanza se lo sono sorbiti due volte al dì senza reclami.
IL MUSEO DELLA SCIENZA (PRANZO A PARTE)
Nella notte è sopraggiunta una pioggia che è durata ininterrottamente per 24 ore. Per fortuna la tenda ha tenuto bene ed il caffè del mattino ha presto scalfito la delusione per il meteo. Soprattutto quella di dover rinunciare a Park Guell e alla teleferica sulla città, per dirottarci sul Museo Cosmo Caixa.
Molti turisti e famiglie hanno pensato di fare lo stesso, vista la pioggia, e così il nostro pranzo al museo è stato molto triste, dato l’affollamento. Un tavolino risicato e conquistato a fatica che ho pulito io stessa, pasta precotta – dicevano alla bolognese – e panini da riscaldare in microonde. Poco male, per mio marito mangiare sembra spesso una cosa accessoria (ma non toglietegli la birra!) e i bambini si sono rifatti ovviamente sulle ciambelle al cioccolato con buona pace di Madre Snaturata.
Devo però dire che la visita al Museo della Scienza di Barcellona è valsa lo stesso un pranzo esasperante: cinque piani assolutamente ben fatti che comprendono macro tematiche di Scienze, Fisica, Storia, Geografia.
Una grande soddisfazione e un bel ripasso su molti argomenti di terza elementare freschi di studio per il figlio più grande e che mi hanno fatta sentire un po’ meno Madre Snaturata.
Moltissime teorie scientifiche riportate nella realtà e interattive: i bambini (e gli adulti) potevano verificarle tutte con l’intervento diretto. C’era poi una mostra ben fatta sul Sole e sulla luce e una riproduzione dell’ambiente artico.
Non sono mancate foto ricordo da far vedere poi in classe con i mitici ominidi della preistoria, dall’australopiteco all’Homo Habilis passando per l’Erectus, quello Sapiens Sapiens e di Neanderthal. C’erano tutti ed erano sorridenti e ben fatti nonostante la peluria!
IL BOSCO “ENCANTADO”
Infine, una breve visita al Bosco Inondato (che fino a questo articolo giuro che credevo fosse “Encantado”: va beh, il nome sarebbe stato comunque verosimile!). E’ una riproduzione fedele della foresta amazzonica con tanto di pesci carnivori nel laghetto artificiale. Qui, nonostante l’italiano completamente ignorato nelle spiegazioni scritte in 4 o 5 lingue, l’immagine della mano da non immergere è bastata a bloccare (o quantomeno a far chiedere preventivamente al genitore) la curiosità irrefrenabile dei bambini, figurarsi se italiani!
La foresta rispecchia in maniera precisa anche l’umidità amazzonica – con tanto di pioggia improvvisa riprodotta – quindi dopo aver visto una specie di cinghiale, abbiamo prontamente invitato i bambini a salutarlo per appropinquarci al refrigerio dell’aria condizionata esterna.
E’ stato comunque un bel modo di onorare la Giornata Mondiale della Terra.
Ricordo che i bambini sotto i 16 anni non pagano l’ingresso. Per noi adulti il costo è di 6 euro, assolutamente onesto e quasi sbalorditivo, certamente rispetto alle cifre affrontate il giorno prima a Barcellona centro.
APPUNTAMENTO ALLA PROSSIMA SETTIMANA
Ma ora vi lascio perché sento la vena ironica e creativa restringersi…
Appuntamento alla prossima settimana per la seconda parte del reportage semiserio di viaggio!
Tutte le foto sono mie.
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