È difficile parlare della Corea senza far riferimento alla grande divisione tra Nord e Sud.

Tra i film presentati al Festival del Cinema Coreano di Firenze (FKFF), due in particolare, in modo completamente diverso, affrontano l’ardua questione.

6/45

Park Gyu-tae ci regala una commedia, intelligente ed esilarante (che di questi tempi è raro). Un biglietto della lotteria viene spazzato dal vento per tutta Seoul fino ad arrivare alla zona demilitarizzata. Un sergente dell’esercito sudcoreano, Cheon-woo, lo raccoglie, solo perché sul retro è stampata una pubblicità con una bella ragazza. Il caso vuole che si tratti del biglietto vincente. Il giovane ragazzo va fuori di testa, tanto che l’intero esercito pensa che sia impazzito. Mantenendo il segreto, il romantico Cheon-woo comincia a sognare i progetti che potrà realizzare una volta riscattati i soldi ma, proprio quando si trova in postazione di vedetta, il biglietto del lotto riprende il volo, questa volta atterrando nella terra dei vicini: l’amichevolissima Corea del Nord.

Cheon-woo non si abbatte e ha inizio così un’avventura entusiasmante, dal ritmo frenetico, dove i nemici storici saranno costretti a collaborare pur di conquistare il bottino. Tra fraintendimenti, violenza gratuita, cinghiali e cani al comando, il divertimento è assicurato in questa commedia che sogna una riunificazione pacifica.

Una guida turistica

Un’atmosfera estraniante. Han-young è una dissidente nordcoreana. Seguendo le scelte del fratello riesce a trasferirsi in Corea del Sud dove inizia a lavorare come guida turistica. L’entusiasmo di un nuovo inizio, di una nuova vita non è privo di tensione, tanto che la protagonista ci appare distante. Vorremmo empatizzare con lei ma c’è un qualcosa che ci fa diffidare. Il bagaglio di dolore che porta con sé non le permette di aprirsi agli altri.

Nonostante si pensi che il nordcoreano e il sudcoreano siano due lingue siano molto simili, in realtà sono diverse. La giovane fa molta fatica a integrarsi, e non a causa delle difficoltà linguistiche: i pregiudizi che i sudcoreani hanno sui dissidenti, così come la sua storia familiare, la bloccano, sia nell’ambiente lavorativo sia a livello personale ed intimo. Quando perde le tracce di suo fratello inizia a cercarlo incessantemente.

Han-young non è libera di rappresentare sé stessa. Da una parte, il suo guadagno non è ad uso personale: sono soldi che invia alla madre, restata in patria; dall’altra, è controllata come fosse sotto una lente di ingrandimento. Più volte le viene detto di fare bene il proprio lavoro, così da poter assicurare anche ad altri dissidenti di poter emigrare. Rappresenta tutto un popolo e allo stesso tempo vive per salvare la sua famiglia, non c’è spazio né tempo per sé.

Kwak Eun-mi firma il suo primo lungometraggio con Una guida turistica. Commovente e alienante al contempo, il film posiziona lo spettatore in quel margine di spazio scomodo e stretto: al confine tra due mondi che non comunicano – in un silenzio di non detti che potrebbe squarciarsi da un momento all’altro.

Se nel primo film veniamo trasportati nel terreno dei conflitti bellici trattati in modo dissacrante, nel dramma del secondo film, all’apparenza calmo e pacifico, troviamo le conseguenze della guerra nella vita di tutti i giorni.

Le risate che ci regala 6/45 sono parallele alla commozione che proviamo ne Una guida turistica, dove seguendo i passi di una giovane donna ritroviamo tutte le difficoltà di un popolo, escluso, che cerca disperatamente di riscattarsi.