
Facciamo chiarezza sulla realtà della donna in un Paese musulmano grazie alla diretta testimonianza di Flora che da vent’anni vive in Egitto.
«Vivere in un contesto diverso, come quello arabo, può essere interpretato in modo diverso da chi osserva dall’esterno, ma la mia esperienza dimostra che non è solo una questione di vestiti o regole culturali, ma di rispetto reciproco, consapevolezza e integrazione» queste sono le parole di Flora, mamma e nonna giovanissima di orgogliose origini napoletane che è già stata con noi con La mia vita in Egitto: la storia di Flora dove ci ha regalato emozionanti frammenti della sua vita e di come è arrivata a vivere in Egitto. «Come ho già raccontato, ho avuto un primo marito egiziano quando ancora vivevo in Italia, e ora ho un secondo marito.
Ho tantissimi amici, sia beduini sia egiziani – specifico la differenza perché loro stessi si considerano etnie totalmente differenti, e in effetti lo sono –, sono stata accolta in tante famiglie e lavoro con tantissimi uomini. Fatta questa premessa, e fatta anche la premessa che lavorando nel settore dell’estetica tengo molto alla mia immagine e alla forma fisica, non ho mai avuto problemi rispetto al mio essere donna, al mio modo di essere, al mio modo di pormi o di vestire e non ho dovuto cambiare niente di me stessa, perché ho sempre rispettato le regole fondamentali della buona educazione.»
I falsi miti.
«Quando si va in un mondo arabo non è che ti devi comportare come un arabo, ti devi comportare come una persona corretta ed educata, come in un qualunque altro contesto. Leggo tante di quelle sciocchezze che mi viene da ridere, o da piangere. “Attenzione”, “le bionde sono in pericolo”, “è pericoloso prendere i mezzi pubblici per una donna”, “vi violentano”, “vi chiudono in casa”, “vi tolgono la vostra libertà”, “vi faranno coprire”, “vi schiavizzeranno”. Questa diceria che per la donna europea sia difficile vivere in un mondo arabo, io non l’ho mai vissuta. E ci sono immersa.»
“Spesso ricevo domande o osservazioni che rispecchiano pregiudizi o idee superficiali, ma rispondo con ironia, dimostrando maturità e la capacità di non cedere alle provocazioni e ai preconcetti. La mia esperienza testimonia che è possibile vivere in un Paese diverso mantenendo la propria identità.”
Bikini vs burkini.
«Io con le mie amiche egiziane, velate o non velate, non ho mai avuto difficoltà e non mi sono mai sentita fuori posto. Andiamo al mare insieme e io indosso il mio costume, loro indossano il loro: ovviamente sono costumi diversi. Nessuno mi ha mai impedito nulla, non ho mai avuto nessun richiamo, perché il mio indossare un costume più sgambato o un pantaloncino corto non è esibizionismo o provocazione, fa semplicemente parte della mia cultura: sono cresciuta così, li indosso perché sono abituata così. O forse sì, qualche richiamo l’ho avuto, ma da persone europee.»
Non ascoltare il “per sentito dire”.
«Molte volte sono stata ripresa da italiani per il fatto che indosso costumi non idonei e poco rispettosi, e questo mi fa molto ridere perché nessuno nel mondo arabo, nonostante la confidenza per poterlo fare, mi ha mai mostrato disappunto. Sharm è una località turistica dove gli arabi sono abituati al modo di vestire europeo e c’è rispetto. È ovvio che se vado a Marsa Matrouh al di fuori dei villaggi turistici, dove invece le spiagge sono frequentate da famiglie egiziane più conservatrici dove è impossibile vedere un bikini – ma questo il tuttologo da tastiera non ve lo dice! –, il mio abbigliamento sarà diverso. Si chiama rispetto e educazione nel riconoscere il contesto.»

Saper riconoscere il contesto.
«Il mio abbigliamento può cambiare a seconda delle circostanze in cui mi trovo, per rispetto e educazione, come avverrebbe anche in Italia e in altri luoghi del mondo, dove alcuni contesti richiedono un decoro e una formalità differente. Tu, in Italia, entreresti in un museo in babydoll? Non credo. Dipende sempre dal contesto e dall’intelligenza individuale. È ovvio che se entro nelle loro case non lo faccio in pantaloncino corto, o se devo prendere un mezzo pubblico non indosso una minigonna. Se esco di sera e vado in un cafè del Cairo con le mie amiche egiziane, il mio abbigliamento non sarà lo stesso che indosserei con le stesse amiche a Sharm, ma non per me: per loro. Non vorrei mai infastidirle attirando potenziali sguardi anche su di loro.»
Gli occhi sono fatti per guardare.
«È anche normale e non c’è niente di “così terribile” che una donna europea in un contesto arabo possa essere guardata – anche qui entro i limiti della buona educazione dall’altra parte. Può accadere per molte ragioni che non devono per forza essere sempre negative, giudicanti o maliziose. Un uomo può guardare l’europea vuoi perché è bella, vuoi perché è semplicemente diversa, vuoi perché finalmente gli uomini possono semplicemente guardare una persona senza dover essere richiamati e senza essere giudicati in haram, peccato.»
La scelta delle persone vale in tutto il mondo.
«Poi molto dipende anche dal compagno e dalle amicizie che scegli, ma questo non dipende dall’essere musulmani, dipende dal carattere individuale. È importante capire che l’essere europea in un mondo arabo non deve comportare per forza restrizioni o limitazioni alla propria identità, piuttosto mantenere un equilibrio tra rispetto per la cultura locale e la propria libertà individuale. Con la famiglia di mio marito non ho mai avuto nessun problema. Cammino a braccetto con mia suocera e le mie cognate per andare a fare la spesa: loro velate, io vestita all’europea.»
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