
Mika Gustafson racconta la storia di tre sorelle, grazie alla quale nel 2023 ha ricevuto il premio orizzonti per la migliore regia al Festival di Venezia con il film Paradise Is Burning.
Paradise Is Burning. Ci troviamo immersi nella tiepida estate svedese, un clima inaspettato rispetto all’immaginario di questa nazione. Laura cerca di crescere al meglio le due sorelle minori, Mira e Steffi. Senza genitori le tre ragazze si autogestiscono sotto ogni aspetto, entrano ed escono da casa quando vogliono e si curano a vicenda. Le sorelle vivono alla giornata, facendosi trasportare dalla corrente. Si sfamano con piccoli furti per via della mancanza di soldi o grazie all’aiuto della vicina di casa.
La tribù.
Trascorrono le giornate con un gruppo di ragazze che probabilmente si trovano in una situazione famigliare simile. Insieme formano un sorta di “tribù” con dei propri riti di iniziazione in caso di eventi speciali, come l’arrivo delle prime mestruazioni o un dente caduto. Si divertono facendo infrazione nelle ville, lasciate libere da chi va in vacanza, per stare in piscina tra loro. Se non sono a casa passano il tempo tra le colline erbose, ballando e cantando in piena libertà, sfogando un grido interiore difficile da capire ma che arriva al cuore dello spettatore.
La presenza genitoriale.
Un giorno, a causa del numero di assenze, i servizi sociali cercano di mettersi in contatto con la madre delle protagoniste, per questo Laura cerca di avvicinarsi ad Hanna, instaurando un legame emblematico in bilico tra rapporto materno e relazione sentimentale. Oltre ad Hanna gli adulti sono pochi e sfuggenti, sembrano delle ombre solo di passaggio e dal carattere grottesco. Si percepisce la mancanza di una parte fondamentale della crescita, la figura genitoriale, soprattutto quella materna, attorno alla quale gravita il mistero del film.
La libertà assoluta.
Nel corso di tutto il film c’è il costante paragone tra le sorelle e i cani randagi. Liberi di fare quello che voglio ma segno di perdizione e abbandono. Una libertà assoluta che sconfina in un senso di vuoto, che percepiamo come un angosciante girovagare senza meta. Fin dall’antichità si cerca di analizzare le sfaccettature del concetto astratto e complesso di libertà. La troviamo nel Purgatorio dantesco, ne parlano Aristotele, Hegel, Kant… e sommariamente si arriva alla conclusione che la libertà è essenza della natura umana tramite il possedimento e l’utilizzo della ragione. Ma è veramente libertà quella delle ragazze o una catena che permette di camminare ma non di andarsene da questo limbo?
La sorellanza.
Le difficoltà originano un legame di “sorellanza” molto forte, ciascuna sarebbe capace di fare di tutto per le altre, perfino la piccola Steffi che è solo una bambina, desidera proteggere le sorelle più grandi allo stesso modo in cui loro vegliano su di lei. Ciascuna dal carattere controverso e a tratti ostile, in un rapporto certamente non privo di litigi, riuscendo però a provare reciprocamente un bene infinito. Si rendono più forti a vicenda e hanno la loro stabilità, per quanto a noi possa sembrare zoppa. Senza le altre non sarebbero sopravvissute in maniera così spensierata, trovando la forza di schivare i problemi con una piroetta.
Ritorno alla realtà.
Nonostante questo, la dimensione onirica che si crea nel film viene interrotta bruscamente dalla realtà, incombente arriva a bussare alla porta, facendo crollare quello che con impegno e fatica si stava cercando di proteggere. Ci viene insegnato che non possiamo avere tutto sotto controllo, per quanto possiamo provarci gli imprevisti possono capitare. Da un giorno all’altro la nostra vita potrebbe anche essere ribaltata, per questo bisogna godersi il presente e non dare mai per scontato le persone che ci stanno vicino. Il messaggio del film non è diretto, bisogna saper leggere tra le righe. Ma riflettendoci sopra si può scorgere il forte messaggio di vita e speranza.
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