
Il film che ha fatto commuovere Cannes è un gioiello di commedia. Un diamante grezzo.
Nella storia del cinema, tante case hanno custodito i nostri sogni. Case che sono dei personaggi a sé, come il Bates Motel di Psycho, o gli interni di Fanny e Alexander, o la dacia di Partitura incompiuta per pianola meccanica, o la casa della signorina Trinciabue in Matilda. La casa di Sentimental Value parla, balla, osserva e tace, riflettendo gli umori dei personaggi sulle crepe nei muri. È come una nonna, con la quale ci si può confidare, dalla quale si può scappare mentre lei resta imperterrita, immobile, pronta ad accogliere il dolore e trasformarlo.
Dalla casa al teatro al cinema – Joachim Trier ci parla dell’arte e della vita: è una vita in costante ricerca di creazione ed è un’arte in costante ricerca di verità. Sulle tracce di Čechov, Sentimental Value è una rielaborazione contemporanea de Il gabbiano. Trier, però, cerca un conforto, un motivo per restare in vita. (La risposta è sempre il cinema.) E lo fa attraverso un umorismo asciutto, calibrato; un tono che ricorda l’amato Druk di Vinterberg.
Storia di una famiglia.
Nora (Renate Reinsve) e Agnes (Inga Ibsdotter Lilleaas) sono state abbandonate dal padre Gustav (Stellan Skarsgård) durante l’infanzia. In età adulta, quando perdono la madre, Gustav, regista di fama mondiale, a loro per lo più sconosciuto, torna nelle loro vite. Lo fa pronunciando la frase sbagliata, facendo richieste esagerate. Correndo appresso all’arte, Gustav si è perso parte della vita… In questa disperata relazione di testi e sottotesti, si nasconde sempre un bisogno, individuale e collettivo: quello di sentirsi amati.
Come in Tutti dicono I love you, le sedute analitiche sono fatte per essere spiate. Voci e segreti si agitano in cerca di un’esternazione. Nora ha troppa rabbia per perdonare – troppa anche per coltivare il suo sogno di recitare. È lo stereotipo dell’attrice perfetta: nutre con disperazione il costante bisogno di essere accettata. Si sente rimpiazzata nella vita, come un provino andato male. Gli occhi di lei sono già di per sé magia.
Un sorriso sull’orlo del pianto; una risata gioiosa che si rintana subito in un dubbio esistenziale; un’ombra tetra che conserva un bagliore. Lei è la rinuncia ed è al contempo la vita. Già vincitrice del premio alla miglior attrice per La persona peggiore del mondo, Reinsve si riconferma come la più talentuosa del festival. Questa volta, sullo schermo, il suo sguardo incontra quello di Stellan Skarsgård, un altro gigante che merita davvero tutto. Sono faville.
Il personaggio interpretato da Elle Fanning, una star hollywoodiana che si intrufola nelle vite scandinave, sembra esserle stato cucito addosso. Lei stessa è come se simboleggiasse una diretta citazione di Somewhere di Sofia Coppola (tanto che il film del 2010 potrebbe addirittura essere letto come un prequel della commedia di Trier: un padre perso nel mondo del cinema che non sa come essere presente nella vita della figlia).
La casa è il primo teatro che conosciamo; un palco che segnerà per sempre le nostre performances nel mondo.

È una storia sull’amore – quello verso un genitore disfunzionale e quello verso noi stessi.
In un certo senso è come se Trier ci portasse dietro le quinte del personaggio di Julie ne La persona peggiore del mondo. Un’angolazione diversa che ci avvicina ancor più alla psiche della protagonista. Questa volta non analizza le relazioni sentimentali ma quelle familiari. Sentimental Value è un degno avversario del precedente, anzi. È più divertente. È un film che scherza e gioca con il cinema, che lo anticipa e gli dà vita. È il suo 8½; non a caso più citazioni felliniane ci accompagnano in questo viaggio. È un cinema metacinematografico, che non ha bisogno di effetti speciali per stupire e che ci ricorda di cosa è fatta davvero quest’arte: di emozioni.
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