
Ci sono stati punti di svolta del concetto di moda di alcuni designer alla Fashion Week di Parigi: i nuovi inizi di alcuni direttori creativi hanno presentato delle novità nelle collezioni primavera-estate 2026. JW Anderson per Dior, Michael Rider per Celine e Glenn Martens per Maison Margiela.
Parigi, fashion week 2025.
JW Anderson.
JW Anderson come avevamo previsto nel nostro “Gira la moda” è diventato direttore creativo di Dior. Gli è stato affidato il pieno controllo della linea uomo, donna e haute couture. Anderson ha fondato il suo brand nel 2008 ed è stato direttore creativo di Loewe per dieci anni. Innovazione, colore, materiali lo contraddistinguono.
Uno stilista che si è distinto sin dal suo esordio nel mondo della moda ma c’è una scelta strategica da parte del gruppo LVMH dietro questa nomina. La moda ormai è improntata al fatturato e Anderson è riuscito a portare in primo piano un brand spagnolo di lunga tradizione sdoganandolo sia nel target che nei media.
Le borse.
La collezione Dior uomo è stata preceduta dalla presentazione delle nuove Book Tote le borse iconiche del brand con una grafica ispirata alle copertine dei libri. Divertenti, innovative ma che rischiano di essere messe da parte dopo l’effetto novità perché non sono pezzi timeless. La rivisitazione della Lady D altra icona della maison ricoperta da trifogli tridimensionali ispirati dal suo paese di origine con l’aggiunta della coccinella è un pezzo da mantenere.
Portafortuna.
Sono stati inseriti diversi portafortuna nella nuova collezione dai gemelli, alle scarpe e le collanine. Sono portafortuna scaramantici o un legame con la Maison? Dior è lo stilista scaramantico per eccellenza. Comunque sono gioiosi da indossare e come viene detto spesso “non è vero ma ci credo”. Charm legati alla moda come ditali, forbici, bottoni, spille da balie e una linea di gioielleria raffinata e casual ready-to-wear.
Legame con Dior.
Il punto di svolta inaspettato ha riguardato i diversi riferimenti alle collezioni di Monsieur Dior a partire dal New Look riadattato nella collezione maschile attraverso la giacca Bar a spina di pesce per sottolineare la silhouette in tweed Donegal, un tessuto tweed irlandese.
Il cappotto Caprice della collezione primavera del ’48 è stato rivisto usando una tecnica antica indiana chiamata Mukaish che ha richiesto più di un mese di lavorazione ed è stato abbinato a un pantalone stile elefante ma avvolgente.
L’abito Delfi della collezione autunno del ’48 in faille di seta è stato trasformato in pantaloncini cargo in denim bianco a più foglie. Tanta artigianalità, pazienza e architettura in queste rivisitazioni. Colletti alti, cravatte e fiocchi annodati anche senza la camicia in abbinamento al frack nella nuance grigio Dior e jeans sbiaditi per sottolineare la contemporaneità del contesto sociale. Una collezione che riflette un target che non ostenta ma indossa il lusso.
Un cambiamento importante quello di JW Anderson perché finora gli stilisti avevano preso spunto dagli archivi delle collezioni passate, ma mai in maniera così drastica nell’interpretare capi iconici.
Michael Rider.
Michael Rider direttore creativo di Celine ha collaborato alla linea prêt-à-porter con Phoebe Philo la stilista che ha rivoluzionato il brand dal 2008 al 2018 caratterizzandolo in uno stile di nicchia minimalista e sofisticato. Rider è succeduto a Hedi Slimane che ha introdotto la linea uomo e la linea profumi. Nella collezione presentata alla Parigi Fashion Week ha mantenuto lo stile borghese introdotto dalla Philo aggiungendo un tocco di grinta e di brio.
Accessori.
Altro punto di svolta riguarda gli accessori protagonisti della collezione. Cinture larghe, borse imponenti tra cui la it-bag Phantom creata di Philo nella versione aggiornata con la zip smile, la borsa di paglia per la città, foulard in seta e gioielli di effetto che attirano l’attenzione. È l’accessorio d’altronde che sottolinea lo stile di ciascuno definendo un look.
Look.
Colori vivaci come verde, rosso e blu accostati a palette neutre. Il look jeans con foulard blu al collo e giacca asciutta da cui si intravede la fibbia oro della cinta e i numerosi anelli sottolineano lo stile apparentemente trascurato ma rock di Rider.
Pantaloni ampi con pinces stile cavallerizza alternati a pantaloni asciutti. Feticci dal passato mixati con elementi nuovi per un guardaroba con cui giocare per scomporre e ricomporre i diversi outfit. Finalmente il total look o matchy matchy che si voglia definire è sdoganato a favore di un mix and match in cui prevale l’espressione di se stesso.
Glenn Martens.
Glenn Martens è stato direttore creativo della linea uomo-donna Y/Project giocando con lo styling versatile del brand vestendo le modelle con abiti maschili. Una moda genderless e versatile. Dal 2022 al 2024 ha rivoluzionato il denim come stilista di Diesel sottolineando anche la sostenibilità del brand.
È stato uno dei Guest Designer di Jean Paul Gaultier reinterpretando i capi della maison in chiave street nella collezione haute couture P/E 2022. A Parigi ha presentato la sua prima collezione per Maison Margiela dopo l’addio di John Galliano. Una collezione “Artisanal” fatta a mano che è stata introdotta nel 1989 da Martin Margiela.
L’importanza delle maschere.
Diversi spunti interessanti come le maschere altro elemento introdotto da Martin Margiela. Maschere con gioielli, velate fermate da chocker barocchi e realizzate con materiali di recupero altro fattore affine col fondatore. Lo scopo delle maschere è quello di distogliere l’attenzione dalle modelle e focalizzarla sui capi perché l’abito viene prima di tutto.
Opulenza e stravaganza, contrapposti a povertà, discrezione negli abiti presentati. Strutture gotiche, volumi assottigliati, corsetti, abiti che ricordano statue alternati a tessuti come il jersey che enfatizzano il corpo, materiale patchwork e le nuance chiare del vinile.
Il target di riferimento della donna a cui si riferisce è da sempre il punto di svolta del brand. È una donna che indossa con noncuranza materiali pregiati con semplicità e sensualità e che si adatta a ogni situazione senza rinunciare a se stessa.
Damna.
Damna ha chiuso invece il suo capitolo con Balenciaga attraverso una retrospettiva di 101 pezzi iconici presentati nella sede storica del brand. Ha interpretato la moda in modo diverso introducendo l’oversize con proporzioni inaspettate, un’estetica “ugly chic” o semplicemente kitsch, una nuova silhouette, materiali innovatici, tecnici, di recupero rendendo l’artigianalità della couture contemporanea.
Ci sono stati anche momenti controversi come la campagna pubblicitaria con protagonisti dei bambini ma anche provocazioni positive per invitare a riflettere su questioni sociali e politiche.
Pierpaolo Piccioli il nuovo direttore creativo del brand era in primo piano a sottolineare il passaggio dal presente al futuro. Una sfilata con modelle d’eccezione come Kim Kardashian, Nicole Kidman per una collezione che segna la fine di un capitolo di svolta per il brand. La sua collezione di debutto per Gucci è stata spostata a marzo 2026 aumentando l’aspettativa dopo l’era Michele e De Sarno.
Il punto di svolta per il futuro?
La moda stessa sta attraverso un punto di svolta fondamentale. Lo ha dimostrato la turbolenza che ha caratterizzato gli ultimi avvenimenti attraverso il “gira la moda” in cui la scelta dei direttori creativi si è basata sull’eventualità di acquisire nuovi target di riferimento con conseguente crescita di fatturati.
Un altro cambiamento importante è l’affermazione del “quiet luxury” una nuova forma di lusso, più discreta che sta recuperando le proprie radici a discapito di collezioni commerciali con uno stile semplice ma incisivo destinato a un target di nicchia.
Nota dolente.
Una qualità più ricercata con beni o valori finali in crescita. Di che cosa parliamo? I beni finali sono i beni che vengono acquistati dagli agenti economici per essere consumati o utilizzati per investimenti, senza essere trasformati o venduti come componenti di altri prodotti. Si tratta quindi di beni pronti per il consumo finale, come un’automobile, un capo di abbigliamento o un pasto al ristorante.
I beni o valori finali generati dall’aumento dei costi di produzione delle collezioni di moda hanno fatto diminuire il numero di capi realizzati dalla pandemia a oggi con un conseguente aumento dei prezzi per il consumatore.
Un esempio di aumento di prezzi esagerato è il cappotto Caprice reinterpretato da JW Anderson per la sua collezione di esordio il cui valore finale è di 200.000 euro. Decisamente troppo.
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