La storia del costume da bagno femminile racconta secoli di cambiamenti nella società, nel modo di vivere il corpo e lo spazio pubblico. Da capo proibito a simbolo di libertà, oggi il costume da bagno è il riflesso della nostra epoca: fatta di scelta, identità e rispetto.

Il costume da bagno femminile ha attraversato secoli di trasformazioni, riflettendo i cambiamenti culturali, sociali e morali di ogni epoca. Dalla sobrietà dell’antichità alla libertà dell’epoca moderna, il modo in cui le donne si sono vestite per andare al mare, fare il bagno e prendere il sole, racconta molto più di quanto sembri. Racconta la Storia e le storie. Racconta le donne come erano e chi sono adesso.

Antica Roma: il due pezzi prima del due pezzi.

Già in epoca romana le donne praticavano attività fisica e frequentavano le terme. Ce lo dimostrano alcuni affreschi, come ad esempio quelli di Villa del Casale in Sicilia, dove appaiono figure femminili con indosso qualcosa di molto simile a un bikini più moderno. Si trattava in realtà di fasce di stoffa che coprivano seno e fianchi, lasciando scoperte porzioni di pelle. Tali capi erano usati principalmente per lo sport o il bagno termale e non si trattava di “costumi” come li concepiamo adesso, ma di biancheria o indumenti intimi adattati a tali attività.

Questi capi scomparvero nei secoli successivi, a causa della crescente influenza religiosa e morale.

Medioevo e Rinascimento: no mare, no sole, no costume.

Durante il Medioevo e fino al Rinascimento, la consuetudine di fare il bagno in luoghi condivisi, tende a scomparire. Le donne non frequentavano le spiagge e, se lo facevano, erano completamente vestite. Complice la religione, soprattutto, e una certa oppressione che inizia a colpire il sesso femminile proprio in questo periodo. Il pudore era una norma, quasi una legge a cui obbedire, soprattutto per le donne.

D’altronde, fare il bagno era considerato un lusso o un atto di necessità, non certo un piacere quotidiano. La scarsa attenzione all’igiene rendeva inutili ogni forma di moda legata a quella dell’abbigliamento da bagno. I bagni, rarissimi, venivano svolti in camicie lunghe o abiti semplici, in modo da coprire ad occhi indiscreti le forme del corpo e della femminilità. Una negazione del corpo femminile e della donna che le rendeva schiave di una società ancora molto montana da ogni forma di emancipazione.

Il mare, inoltre, veniva visto più come una minaccia che come una meta turistica, oppure un mezzo per scoprire ed arrivare in nuove terre per allargare i propri orizzonti.

Ottocento: le prime vacanze al mare e il “costume” coprente.

Con l’epoca vittoriana e l’inizio del turismo balneare, soprattutto tra le classi aristocratiche, nacque il vero e proprio costume da bagno femminile. Ma attenzione! Era ancora ben lontano da quello che intendiamo noi! Le spiagge erano rigorosamente separate tra uomini e donne e queste ultime ancora dovevano stare ben attente a coprire la pelle del proprio corpo. Infatti, le donne si immergevano con abiti interi in tessuti pesanti, lana compresa.

Al via allora in acqua con: maniche lunghe, gonne sotto il ginocchio, pantaloni a sbuffo. Le donne solevano immergersi in acqua anche con cappellini e calze. Ci si bagnava, in sostanza, con estrema discrezione come se osare fosse ancora un termine ben lungi dall’essere trasformato in atti concreti e ribelli.

Per difendere a spada tratta la loro “intimità”, per entrare in acqua senza farsi vedere venivano usati una sorta di carretti da bagno, dal quale le donne sgusciavano direttamente in acqua in modo da essere ignorate dal resto del mondo. Pratica oggi non soltanto impensabile, ma a pensarci bene anche pericolosa.

Primi del Novecento: verso una nuova libertà.

Tra fine Ottocento e inizio Novecento, il costume da bagno iniziò lentamente a diventare più pratico e aderente. Comparvero i primi costumi interi in maglia di cotone o lana, che lasciavano scoperte braccia e gambe. Un primo e vero atto rivoluzionario! Così rivoluzionario che Annette Kellerman, nuotatrice e attrice australiana, fu arrestata per “atti osceni” nel 1907 per aver indossato un costume troppo aderente che lasciava scoperte braccia e gambe: un gesto che però aprì la strada al cambiamento. Negli anni ’20, il costume diventò più sportivo, corto e funzionale, grazie anche alla diffusione del nuoto come attività fisica.

Anni ’40: nasce il bikini.

Il vero punto di svolta arriva nel 1946, quando lo stilista francese Louis Réard presenta il bikini, un costume in due pezzi che scandalizzò il mondo. Il nome “bikini” fu ispirato dall’atollo di Bikini, sede di test nucleari: l’effetto mediatico, infatti, fu “esplosivo”.

Come si può facilmente immaginare, all’inizio il costume scandaloso fu bandito in molti paesi e considerato immorale. Fu la bellissima e coraggiosa Brigitte Bardot, negli anni ’50, a sdoganarlo sulle spiagge della Costa Azzurra. Il bikini, in quegli anni, era addirittura vietato in alcuni Paesi; ma questo non bastò a fermare la Diva che intuì la potenza di quel capo d’abbigliamento misero e sincero, che indossò senza paura. Da allora, il bikini ha rappresentato emancipazione, libertà e femminilità.

Finalmente la donna poteva manifestare la propria sensualità, la sessualità liberata e il desiderio di imporsi in quel mondo legato ancora estremamente al patriarcato.

Anni ’60-2000: evoluzione e varietà.

Nel secondo Novecento il costume da bagno diventa sempre più un’espressione di stile personale. Tornano in voga i costumi interi, spesso con tagli moderni e sensuali che lasciano poco spazio all’immaginazione. Nascono modelli sempre più audaci: monokini, tanga, trikini. Le donne espongono, senza risultare volgari. Osano anche in nome di quelle sorelle del passato costrette a coprire ogni centimetro di pelle. I materiali migliorano: dal cotone si passa a tessuti tecnici, elastici e ad asciugatura rapida. Oggi si è attenti anche all’utilizzo dei materiali eco- friendly.

La moda da spiaggia diventa un’estensione della moda urbana e non si ha più paura di girare per le strade di posti balneari con un due pezzi e un variegato pareo. Il costume da bagno non è più solo un capo funzionale, ma un mezzo per sentirsi bene nel proprio corpo.

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