“Disarmiamo ‘il patriarcato”, questo il focus del corteo di quest’anno a Roma, anticipato a sabato 23 novembre; il corteo del collettivo femminista e transfemminista Non una di meno in collaborazione con Disabilty Pride, partito da Porta San Paolo, zona Piramide.

La violenza sulle donne è una dimensione strutturale che ogni anno ripete gli stessi numeri e le stesse modalità a fronte di una carenza di fondi per i centri antiviolenza e per le politiche a sostegno delle donne vittime di violenza. Il sistema normativo fallisce difronte alla protezione delle vittim. Il patriarcato è la causa profonda dei femminicidi e soltanto comprendendo questo, si potrà risolvere il grave problema culturale in Italia. Ma non solo. Il coro unanime dai collettivi di Non una di meno “siamo in piazza per ribadire che c’è una guerra sui nostri corpi e c’è una guerra globale in cui i Governi cercano di rafforzare costantemente la famiglia patriarcale, il concetto di patriarcato e il razzismo contro le donne”.

100 le donne uccise dal 1 gennaio al 22 novembre 2024.

Il ministro Valditara contestato durante il corteo di sabato; tante le polemiche intorno alle sue parole, pronunciate in collegamento con la Camera dei Deputati durante la presentazione della Fondazione Giulia Ceccettin. Ha parlato di “visione ideologica del patriarcato” e di un “incremento dei fenomeni di violenza sessuale legati a forme di marginalità e devianza discendenti da una immigrazione illegale” Il patriarcato è vivo e vegeto, non è stato affatto sconfitto nel 1975 con la riforma della famiglia, come affermato da Valditara.  

È un sistema sociale caratterizzato da 3 punti: sopraffazione, potere e violenza. Il maschilismo è invece individuale, una concezione sociale che ritiene la donna inferiore. E poi c’è il machismo, che crede di poter fare qualunque cosa su una donna (toccarla, molestarla, offenderla). Il patriarcato è quel sistema che vede quasi chiunque si occupi di informazione in Italia non in grado di rivolgersi a una donna trans utilizzando i giusti linguaggi e appellativi. Quel sistema che ancora oggi fa dire “Dottore” a un medico uomo e “Signorina” a un medico donna. Quando la declinazione al femminile di ruoli e professioni è ridotta a una barzelletta: si ride di “Ministra, Consigliera, Assessora, Avvocata”.

Le donne continuano a morire, una ogni tre giorni ed i dati sono incontrovertibili, molto chiari.

Lo scorso novembre 2023, avevamo detto che Giulia Cecchettin avrebbe dovuto essere l’ultima vittima della cultura del possesso. Ed invece, tante altre Giulia Cecchettin e Giulia Tramontano si sono unite a questa macabra dolorosa lista. Il 93,9% dei femminicidi in Italia è compiuto da cittadini italiani (dati Ministero Interno e Istat), cresce anche il numero delle donne uccise over 70. Una donna muore ogni 3 giorni, in ambienti affettivi/familiari, per mano di partner o ex partner. La parola “patriarcato” non deve fare paura: deve far paura la parola “guerra”.
La politica, tutta la politica senza dividersi, deve aiutare le donne.

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