Il 28 marzo 1941 Virginia Woolf si tolse la vita annegandosi nel fiume Ouse. Una donna distrutta e spezzata dalla vita, “desolata, polverosa e delusa” come si definiva lei stessa in A Writer’s Diary (“Diario di una scrittrice”) ma indiscussa icona della letteratura del Novecento e non solo. A 80 anni dalla sua morte Virginia Woolf è più viva che mai.
Virginia nacque a Londra nel 1882 con il nome di Adeline Virginia Stephen. Fin da bambina dimostrò un enorme interesse per la letteratura, la cultura e le discipline umanistiche in generale, tanto da istruirsi a casa attraverso la lettura dei volumi contenuti all’interno dell’immensa biblioteca del padre, Sir Leslie Stephen, un importante critico letterario e filosofo vittoriano. Insieme a sua sorella Vanessa e agli fratelli e sorelle nati dai precedenti matrimoni dei genitori, crebbe in un ambiente frequentato dai più grandi intellettuali vittoriani del tempo come Clara Pater, pioniera e riformatrice dell’educazione delle donne, la quale insegnò a Virginia il greco antico. La scrittura e la partecipazione alla vita intellettuale facevano parte di Virginia Woolf fin dall’inizio, erano come una seconda pelle per lei.
La vita di Virginia fu, tuttavia, segnata dalla sofferenza e dalla malattia mentale: alla morte di sua madre – Julia Jackson -, una donna bellissima e molto sensibile alla quale Virginia era strettamente legata avvenuta nel 1895, si aggiunsero le morti di altri due fratelli e del padre. Per non parlare del fatto che il suo fratellastro abusò di lei sessualmente facendola precipitare in una depressione dalla quale non si sarebbe più ripresa.
Dopo la morte del padre si trasferì, insieme alla sorella Vanessa, nel quartiere di Bloomsbury situato vicino al British Museum. La loro casa divenne il centro nevralgico della vita intellettuale del periodo che attirò ogni genere di artisti, letterati e filosofi. Questo vasto ed eterogeneo gruppo di intellettuali passò alla storia con il nome di “Bloomsbury Group” del quale fece parte anche Leonard Woolf, romanziere e giornalista, che nel 1912 sposò Virginia e fondò con lei la Hogarth Press, una delle principali e più importanti case editrici del tempo pubblicando, tra gli altri, le traduzioni inglesi delle opere di Freud.
I membri del Bloomsbury Group o “Bloomsbury apostles”, come amavano definirsi, si opponevano alla moralità, al bigottismo e all’ipocrisia della società vittoriana. Le loro idee riguardo al sesso erano oggetto di scandalo e la promiscuità sessuale era abbastanza comune tra di loro così come le relazioni bisessuali. Virginia stessa, durante il suo matrimonio con Leonard, intrattenne una relazione con Vita Sackville-West, una poetessa e una donna estremamente brillante e intelligente.
L’amore tra Vita e Virginia è uno dei più affascinanti della storia della letteratura. Il loro carteggio ci mostra una Virginia nel suo aspetto più intimo, sincero e felice. La felicità, di solito, sembra essere un ossimoro se associato a Virginia Woolf ma nei suoi diari e nelle sue lettere traspaiono momenti di grande felicità, fantasia, passione e piacere. Gli anni in cui Vita entrò a far parte dell’esistenza di Virginia corrispondono al suo periodo più fertile dal punto di vista, oltre che emotivo, anche letterario. È del 1928 Orlando: A Biography, romanzo di Virginia scritto proprio per e con in mente Vita. Nigel Nicolson, il figlio di Vita, definì questo romanzo come “the longest and most charming love letter in Literature”. Orlando è, inoltre, diventato un romanzo molto amato e apprezzato soprattutto dalla comunità LGBT e ciò dimostra la grande modernità e audacia del pensiero di Virginia Woolf.
A differenza di altre opere dell’autrice (ad esempio La signora Dalloway e Gita al faro) […], Orlando presenta una trama molto articolata che si sviluppa nel corso di quattro secoli. Nonostante ciò il lettore non ha l’impressione di avere tra le mani un libro di “avventure” grazie alla straordinaria capacità di Virginia Woolf di dipingere ritratti psicologici, sentimentali e relazionali dei personaggi dando l’impressione di avere una trama volta ad esaltare questi aspetti piuttosto che personaggi funzionali allo svolgimento di essa. L’elemento centrale del romanzo, quindi, sembra essere il personaggio di Orlando e l’opera lascia trasparire una lucida analisi dei rapporti di genere nelle società inglesi dei […] secoli lungo i quali si articola la trama (XVII, XVIII, XIX). Orlando, infatti, già androgino e refrattario alla società patriarcale tanto da rifiutare, da cortigiano, qualsiasi ipotesi di matrimonio, durante il secolo XVIII cambia improvvisamente sesso svegliandosi donna.
Virginia Woolf faceva parte di quel movimento letterario chiamato Modernismo il cui scopo era quello di rompere radicalmente con la tradizione letteraria vittoriana per cercare e creare qualcosa di assolutamente nuovo e mai visto prima attraverso la sperimentazione di tecniche narrative inedite. Nel suo saggio Modern Fiction Virginia attacca la corrente letteraria del realismo e propone un approccio più psicologico e interiore nella caratterizzazione dei personaggi e del romanzo stesso. Grazie ad espedienti come il flusso di coscienza o il monologo interiore la complessità dell’esistenza umana viene messa in primo piano: gli autori modernisti si focalizzano sulla vita interiore dei personaggi e non su ciò che accade fuori.
In particolare, Virginia faceva un enorme uso della tecnica del monologo interiore rifiutando le trame ricche di eventi. Rivolgeva tutta la sua attenzione alla descrizione di ciò che succedeva nella mente dei suoi personaggi. Le sue frasi sono spesso interrotte da trattini e punti e virgola atti a riprodurre l’irregolare e incessante flusso delle parole così come vengono costruite nella nostra mente.
La vita di Virginia Woolf, prima del suo tragico epilogo, fu caratterizzata da un sempre crescente interesse per le tematiche femministe e per il ruolo delle donne nella società. Oltre ad averci lasciato alcuni tra i più splendidi, affascinanti e complicati romanzi della storia della letteratura, ci ha consegnato dei saggi femministi di rara bellezza che tutti, uomini e donne, dovrebbero leggere.
A partire dal 1910, Virginia lavorò come volontaria nel movimento per il diritto di voto alle donne e, a seguito di ciò, scrisse moltissimi lavori riguardanti l’emancipazione femminile. Tra i più importanti troviamo A Room of One’s Own (“Una stanza tutta per sé”), pubblicato nel 1929 nel quale Virginia esamina, con grande intuizione storica e pungente ironia, la discriminazione nei confronti delle donne. In particolare, è famosissimo l’episodio da lei inventato di Judith, la sorella fittizia di Shakespeare:
La figura di un’ipotetica sorella del più grande scrittore esistito, anche lei desiderosa di divenire scrittrice, ma sbeffeggiata da tutti, serve per illustrare le mancanze, le negazioni, a cui il mondo femminile va inevitabilmente incontro. La strada di Judith si divide in una pericolosa biforcazione: essere una scrittrice, e venire indicata come folle; o arrendersi al volere del padre e trovare marito. La sua storia si concluderà con una gravidanza forzata e il suicidio.
Le donne, come Judith, alle quali venivano rifiutati l’accesso all’istruzione, al possesso dei beni e al lavoro non erano in grado di poter scrivere e di seguire i loro sogni e le loro ambizioni. Virginia Woolf preconizzava la creazione di una letteratura che includesse anche l’esperienza delle donne ma, allo stesso tempo, non incoraggiava una prospettiva esclusivamente femminile: lei proponeva una letteratura che fosse “androgynous in mind”, vale a dire una letteratura androgina che, libera dal peso della costruzione psicologica maschile e femminile, permette di vedere le cose per come sono realmente. Una letteratura che possa entrare in contatto diretto sia con gli uomini sia con le donne.
Concludo lasciandovi alcune tra le sue frasi più belle, brillanti e commoventi prese dai suoi diari, dalle sue corrispondenze e dai suoi romanzi attraverso le quali apprezzare e comprendere meglio la grandezza di Virginia Woolf la cui voce continua a parlarci nella penombra della nostra stanza tutta per noi.
Carissimo. Sono certa che sto impazzendo di nuovo. Sono certa che non possiamo affrontare un altro di quei terribili momenti. Comincio a sentire voci e non riesco a concentrarmi. Quindi faccio quella che mi sembra la cosa migliore da fare. Tu mi hai dato la più grande felicità possibile. Sei stato in ogni senso tutto quello che un uomo poteva essere. So che ti sto rovinando la vita. So che senza di me potresti lavorare e lo farai, lo so… Vedi non riesco neanche a scrivere degnamente queste righe… Voglio dirti che devo a te tutta la felicità della mia vita. Sei stato infinitamente paziente con me. E incredibilmente buono. Tutto mi ha abbandonata tranne la certezza della tua bontà. Non posso continuare a rovinare la tua vita. Non credo che due persone avrebbero potuto essere più felici di quanto lo siamo stati noi. (Lettera di addio al marito)
Ogni onda del mare ha una luce differente, proprio come la bellezza di chi amiamo.
Se il mio cervello, distratto da un’ansia o da altra causa, deve distogliersi dalla carta bianca, è come un bimbo sperduto, che gira per casa e siede a piangere sull’ultimo gradino.
Non c’è cancello, nessuna serratura, nessun bullone che potete regolare sulla libertà della mia mente.
Ho avuto un istante di grande pace. Forse è questa la felicità.
Ognuno ha il proprio passato chiuso dentro di sé come le pagine di un libro imparato a memoria e di cui gli amici possono solo leggere il titolo.
La bellezza del mondo è una lama a doppio taglio, uno di gioia, l’altro d’angoscia, e taglia in due il cuore.
La felicità è avere un filo a cui appendere le cose… Filo che, immerso nel tesoro di un’onda, tornerebbe alla superficie ricoperto di perle.
Talvolta penso che il paradiso sia leggere continuamente, senza fine.
Battere le ali contro la tempesta avendo fede che dietro questo tumulto splenda il sole.
Gli esseri umani non procedono tenendosi per mano per tutto il cammino della vita. C’è una foresta vergine in ciascuno di noi, un campo di neve dove anche l’impronta delle zampe d’uccello è sconosciuta. Qui ci addentriamo da soli e preferiamo che sia così. Avere sempre la solidarietà, essere sempre accompagnati, essere sempre compresi, sarebbe intollerabile.
Continuerò ad azzardare, a cambiare, ad aprire la mente e gli occhi, rifiutando di lasciarmi incasellare e stereotipare. Ciò che conta è liberare il proprio io: lasciare che trovi le sue dimensioni, che non abbia vincoli.
Un libro, per continuare a vivere, deve avere il potere di cambiare mentre noi cambiamo.
Ma sono la più appassionata delle donne. Toglimi gli affetti e sarei come un’alga fuor d’acqua; come il guscio di un granchio, come una buccia vuota. Tutte le mie viscere, lucentezza, midollo, succhi, polpa, tutto scomparso. Verrei sospinta nella prima pozzanghera, dove annegherei. Toglimi l’affetto per i miei amici e il mio senso bruciante e urgente dell’importanza, dell’amabilità, della curiosità della vita umana, e non sarei altro che una membrana, una fibra, scolorita, esanime, da gettarsi via come qualsiasi escrezione
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