La statua di Zeus è un’altra delle sette meraviglie del mondo antico. Di essa non abbiamo nulla, solo le descrizioni che ne fecero già nell’antichità chi riuscì ad ammirarla.
La statua era collocata all’interno del tempio di Zeus a Olimpia. Fu commissionata al più importante artigiano dell’epoca, Fidia. La commissione per la realizzazione della statua non avvenne in contemporanea all’edificazione del tempio, costruito tra il 470 e il 456 a.C. Si attese il completamento dell’opera di Athena Parthénos, statua collocata nel Partenone ad Atene, per decidere di affidare a Fidia l’opera. La statua venne realizzata in venti anni e i lavori vennero conclusi nel 433 a.C.
Già una meraviglia nel mondo antico
Non sono poche le attestazioni e le descrizioni che sono giunte sino ai giorni nostri del monumento dedicato al figlio di Chrono e Rea, Zeus. Sono proprio queste che hanno permesso agli archeologi di farsi un’idea molto precisa sulle dimensioni, sulle fattezze e sui materiali che vennero utilizzati. Lo storico e geografo Strabone riporta un episodio (Geografia, libro VIII 3, 30) secondo cui lo stesso Fidia avrebbe detto a Paneno suo collaboratore di aver tratto ispirazione per la scultura da alcuni versi dell’Iliade.
Pausania è molto preciso nella descrizione del monumento nei suoi scritti. Zeus, fatto d’oro e d’avorio, è seduto in trono. Sul capo porta una corona lavorata in forma di ramoscelli d’ulivo. Nella mano destra regge una Nike, anch’essa crisolefantina, con una benda e, sulla testa, una corona; con la sinistra regge uno scettro, e su questo posa un’aquila. Il dio indossa dei calzari d’oro, così come d’oro è il mantello riccamente ornato che gli cinge le spalle.
Oltre alla ricchezza e importanza dei materiali utilizzati, la meraviglia stava anche nelle sue dimensioni imponenti, sottolineata anch’esse dagli storici antichi. Pare che il basamento occupasse un’area di sei metri per dieci e il tutto doveva superare i dodici metri di altezza.
L’impressione che ne scaturiva doveva essere di una grandiosità e maestosità sconcertante e annichilente. E forse era proprio questo l’obiettivo che Fidia voleva raggiungere: dopotutto Zeus era il padre di tutti gli dei e degli uomini, il dio per eccellenza da rispettare e venerare.
Il tempio di Olimpia
La statua di Zeus risultava ancora più monumentale e ingombrante anche per le dimensioni non proporzionate a essa del tempio per cui era stata creata.
Il tempio di Olimpia era un classico esempio di arte dorica, la più antica e lineare dell’architettura greca. L’edificio era molto semplice, pianta rettangolare, tredici colonne per ogni lato lungo, sei sul lato corto (tempio periptero esastilo).
Era di calcare conchilifero, mentre la copertura del tetto così come le sculture decorative erano in marmo. Il frontone orientale riportava scene di una corsa di cavalli, il frontone occidentale scene di combattimenti tra Lapiti e centauri alle nozze di Piritoo. Le metope, sei per ogni lato del vestibolo, ritraevano le dodici fatiche di Ercole. Se l’esterno risultava riccamente decorato, l’interno del tempio era assai morigerato, così da far risaltare ancora di più la magnificenza della statua del dio.
La statua non rimase sempre nel tempio di Olimpia
La statua di Zeus rimase nel tempio per più di ottocento anni, sino all’inizio del V secolo, secondo lo storico bizantino Cedreno, quando venne spostata a Costantinopoli da Lauso entrando così a far parte della sua collezione privata di arte pagana.
Da qui se ne perdono le tracce, dato che Costantinopoli venne messa a ferro e a fuoco nel 475 d.C. Si deve desumere che anche la statua andò bruciata.
Sino alla metà del Ventesimo secolo di essa si avevano solo descrizioni storiche o iconografie riprese dalle incisioni riportate su monete romane e gemme. Poi ci furono i ritrovamenti di alcune matrici di terracotta nei pressi dei luoghi che si reputavano essere le botteghe di Fidia. Finalmente si poté meglio comprendere come esse fossero state utilizzate per la lavorazione del manto del dio. Grazie alle matrici (le più ampie venivano rinforzate con listelli di ferro) si vide anche come le lamine d’oro venissero decorate con frammenti di vetro. Gli testimoni oculari della statua non mentivano: Zeus era realmente una meraviglia del mondo antico. Fortunati coloro che poterono ammirarla in tutta la sua regale imponenza e maestosità; a noi comuni spettatori moderni non rimane che immaginarla.
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