Era il 31 marzo 1984 quando a Nardò, in provincia di Lecce, due sicari uccidono l’Assessore comunale alla Cultura Renata Fonte, sparandole sulla soglia di casa. Renata aveva 33 anni, era un insegnante delle elementari e madre di due bambine ed esponente del Partito Repubblicano (P.R.I), impegnata tenacemente a contrastare le speculazioni edilizie di Porto Selvaggio, sulla costa neretina, oggi area naturale protetta proprio grazie all’operato di Renata Fonte. Ogni 21 marzo, in occasione della Giornata della Memoria e dell’impegno di Libera, il suo nome è ricordato tra le vittime innocenti di mafia, lei che è stata riconosciuta quale prima donna uccisa proprio dalla mafia pugliese.

Salentina di straordinaria caparbietà e fermezza nei valori, capace di ignorare le scelte di comodo a favore di quelle meno condivise e pertanto più osteggiate, si è distinta per l’ impegno sociale e politico senza tradire mai i suoi ideali, a costo di pagare in prima persona.

A 31 anni, nel 1982, Renata si candida alle elezioni amministrative e diventa la prima consigliere e assessore del suo partito; dapprima ricopre l’assessorato alle Finanze per spostarsi poi alla Pubblica Istruzione, Cultura, Sport e Spettacolo e al direttivo provinciale del P.R.I, diventando responsabile per la provincia del settore “Cultura”. Ma sarà dirigendo il Comitato per la Tutela di Porto Selvaggio che Renata Fonte fa sentire con più forza la sua voce, con un’ampia esposizioni sui mass media, a difesa della sua terra. È apertamente contraria alle lottizzazioni cementizie, mettendo i bastoni fra le ruote ad alcuni politici locali che dovevano avere interesse in gioco di natura ben diversa, traendo evidenti vantaggi dalla devastazione di Porto Selvaggio.

Renata Fonte andrà dritta per la strada scelta, ferma nei propri propositi, e le sue azioni porteranno l’emanazione da parte della Regione Puglia di una legge di tutela del parco, ancora oggi vigente, riuscendo così a sottrarre l’area alle mire degli speculatori edilizi. Si scatena la reazione degli oppositori silenti e il 31 marzo 1984, di ritorno da un consiglio comunale, due sicari la uccidono con tre colpi di pistola proprio sotto casa: aveva da poco compiuto trentatré anni e il suo è il primo omicidio di mafia nel Salento con vittima un politico donna, così come sarà riconosciuto solo nel 2002 dalla Commissione del Dipartimento Affari Civili del Ministero dell’Interno.

La ricerca della verità sull’assassinio di Renata

Le indagini partono subito e, passando attraverso i tre livelli di giudizio, sono stati individuati e condannati gli esecutori materiali, gli intermediari e il mandante di primo livello, con l’accusa di omicidio pluriaggravato per motivi futili e abietti. Il mandante di primo livello è risultato essere un collega di partito di Renata, non eletto alle elezioni amministrative, noto come “procuratore di pensioni per finti invalidi”: questo avrebbe dato ordine di uccidere Renata per risentimento nei suoi confronti. Tuttavia dalla sentenza di primo grado della Corte d’Assise di Lecce si può riscontrare la presenza di ulteriori personaggi, non identificati, ostacolati nelle loro mire dall’elezione di Renata Fonte. I responsabili riconosciuti vengono condannati alla detenzione e la magistratura chiude il caso.

Un esempio da non dimenticare

In occasione del 25esimo anniversario della morte, nel 2009, è stata inaugurata al Parco di Porto Selvaggio una stele in memoria dell’impegno civile e politico di Renata. Ogni anno, inoltre, dietro le sollecitazioni delle figlie di Renata Fonte, viene assegnato un premio, dedicato alla madre, a coloro che nel corso dell’anno si sono distinti per impegno istituzionale e opposizione ai comportamenti mafiosi.

Inoltre a Renata Fonte è dedicata l’associazione “Donne insieme” con l’intento di promuovere la legalità e non violenza, e da una collaborazione tra Procura Nazionale Antimafia, Questura e il Pool Antiviolenza del Tribunale, è nata l’omonima “Rete Antiviolenza Renata Fonte”: questo è il primo centro di tale genere riconosciuto dal ministero dell’interno in collaborazione con il Ministro delle Pari Opportunità.
Per rendere accessibile al grande pubblico la sua storia ne sono state fatte due trasposizioni per il il piccolo schermo. La prima pellicola, tratta dall’omonimo romanzo nel 1988, è stato “La posta in gioco” di Sergio Nasca e interpretato da Lina Sastri, Turi Ferro e Vittorio Caprioli. Nel febbraio 2018 va in onda su Canale 5, per la serie “Liberi Sognatori”, la fiction “Una donna contro tutti – Renata Fonte”, in cui Il ruolo di Renata è affidato a Cristina Capotondi. Quella voce che volevano mettere tacere continua a echeggiare malgrado tutto.

Sara Foti Sciavaliere