She Came to Me: film d’apertura della 73° edizione del Festival Internazionale del Cinema di Berlino. Un tuffo nel rosso – le bollicine si agitano come in un bicchiere di champagne ma il mare vermiglio confonde: si tratta di sangue o di una passione inebriante come il vino? Le note della Carmen sembrano rispondere, quasi anticipando il quesito, “L’amour est un oiseau rebelle” (“L’amore è un uccello ribelle”).

She Came to Me, settimo film che Rebecca Miller firma come regista e sceneggiatrice, gioca proprio con questo paradosso dei sentimenti, dell’umano. Due famiglie, tanto distanti da un punto di vista sociale ed economico da sembrare appartenere ad epoche diverse; due storie d’amore figlie dei nostri tempi. In una New York che si mostra appena, Steven Laedden (interpretato da un comicissimo Peter Dinklage) è un compositore in preda ad un blocco creativo. Sotto consiglio della compagna Patricia (Anne Hathaway), che era prima la sua analista, si perde per la città. Conosce così una pilota di porto (Marisa Tomei), afflitta da una vera e propria “sindrome” (come la definisce lei): è dipendente dall’amore e dal romanticismo; colpa attribuita anche ai troppi film visti negli anni. Una maga Circe? Si presenta però solare e assolutamente distaccata dalla realtà. Forse un distacco necessario, quello che serve anche al protagonista per ritrovare la musica: un incidente, un tuffo inaspettato che inebria e trasforma.

A questa narrazione se ne intreccia elegantemente un’altra. Due giovani liceali innamoratissimi: un Romeo e una Giulietta contemporanei. Teresa ha sedici anni ed è figlia di Magdalena (interpretata da Joanna Kulig, protagonista dell’acclamatissimo Cold War), un’emigrata polacca che lavora come donna delle pulizie. Il suo compagno Trey non riesce ad accettare la relazione della figliastra con Julian, ragazzo di colore diciottenne. Le tematiche più attuali e dolorose sono trattate con una sensibilità intelligente, un humour che ricorda quello delle classiche screwball comedies.

Formati che dialogano

Il formato sembra accompagnare la narrazione. Le scene sul rimorchiatore sono quasi tutte in quattro terzi, mentre quelle ambientate all’Opera in 16:9 rendono l’esperienza audiovisiva assolutamente totale. La regista ha spiegato, alla conferenza stampa del film, che le riprese sul rimorchiatore dovevano per forza essere in quattro terzi, “è una questione estetica, non poteva essere fatto diversamente. D’altro canto, altre scene richiedevano il formato più grande, quindi abbiamo scelto di unire le cose e mantenerle entrambe.” Il risultato è un film dal ritmo coinvolgente, dove, sotto il velo della rom-com si riesce a fare un discorso sincero su una mentalità ben problematica del paese. “Forse fare film è un atto patriottico”, ha detto la Miller, “permette di inquadrare degli aspetti diversi della nostra cultura e mostrarli al mondo”. Una fuga dalla violenza (sia fisica sia morale), una fuga da quella mentalità becera che gli Stati Uniti conoscono fin troppo bene. Il sangue si trasforma in acqua di mare, un’acqua salata capace di riportare armonia e… amore. 

La musica e la fede

Il protagonista ricrea nella vita e nell’arte la trasformazione che gli ha dato l’amore. La musica del film non può non essere menzionata, ha un ruolo chiave. Bryce Dessner ha detto che si è trattato, per lui, di “un progetto da sogno. La musica è parte della narrazione, a tutti gli effetti, in questo film.” La colonna sonora risplende anche per il brano inedito di Bruce Springsteen, intitolato come il film: She came to me. Lei è venuta da me. Lei, la musica, la musa, l’idea? La fede.

È estremamente interessante il ruolo della religione nei film della Miller. Se in Angela (1995), primo lungometraggio della regista, la Chiesa non portava sollievo ma confusione e colpa, in She Came to Me, più della terapia e dell’analisi è la fede cattolica ad essere la cura.  Ma il discorso si allarga, come lo schermo: ogni personaggio ritrova il suo credo, che si tratti di musica o amore, o entrambe le cose, ognuno trova la sua strada da percorrere.

She Came to Me è tratto da un racconto scritto dalla regista-sceneggiatrice qualche anno fa. La Miller ha ammesso che sta già pensando ad un altro progetto ma non ha voluto anticipare altro.