
«La Tanzania mi ha insegnato a vivere e superare le difficoltà. Dopo una vita ordinaria in Italia e un posto fisso in ufficio, oggi vivo tra i Maasai e accompagno i viaggiatori nel cuore della Tanzania»
Erika Tola nasce a Treviso nel 1977 e da fin da bambina sente un grande richiamo da parte della natura. Cresce divisa tra Sardegna e Orvieto, ma il suo cuore ha sempre scelto Orvieto, cittadina verde a misura d’uomo. A diciannove anni inizia a lavorare come manager project informatico in una grande azienda. Il lavoro le piace, ama organizzare, gestire e portare a compimento progetti, ma dentro desidera qualcosa di diverso, qualcosa di più. Oggi Erika vive in Tanzania in un piccolo villaggio maasai vicino a Handeni e ospita i viaggiatori curiosi di scoprire e vivere questa meravigliosa terra.
Definizione della parola viaggiare.
«Viaggiare è immergersi in un’altra vita e in un altro mondo» racconta Erika. «Sono del segno dei pesci e forse anche per questo sono sempre stata una sognatrice. Io viaggio sempre con la fantasia, quando sono in macchina, in treno o in aereo, mi metto sempre vicino al finestrino e guardo fuori. Senza volerlo, la mia mente viaggia. Faccio un viaggio nel viaggio. Sì, il viaggio è un’immersione di mente e spirito in un altro mondo, in una nuova avventura, a prescindere da dove tu stia andando.»
Viaggiare non è solo vedere luoghi, ma affrontare le paure.
«Il mio primo viaggio da sola fu a diciannove anni per lavoro. Ero giovane, inesperta, in ansia all’idea di dover guidare la macchina aziendale e dover affrontare un viaggio molto lungo. All’epoca non esistevano i navigatori e sbagliai a imboccare direzione al casello dell’autostrada. Fu una piccola grande avventura per me! Il mio primo vero viaggio in solitaria fu però da grande nelle Isole Eolie. Era una destinazione vicina, ma fu la prima grande sfida con me stessa. Ero piena di paure. In due è tutto più semplice, mentre quando si è da soli anche le piccolezze organizzative e pratiche diventano enormi. Quel viaggio è stato bello perché è stato come superare un esame. Farcela è stata una soddisfazione grandissima.»
Il coraggio di cambiare vita.
Erika va in Tanzania la prima volta, precisamente a Zanzibar, nel 2020, subito prima del Covid, durante un periodo della sua vita molto difficile, costellato di dolori e incertezza. Da subito si innamora del clima di accoglienza, serenità e spensieratezza. La seconda volta scende con un progetto di volontariato che la porta nell’entroterra, dove scopre un altro tipo di paesaggio, natura e cultura. Ciò che più la colpisce è la cultura maasai da cui è sempre più attratta. Dopo il terzo viaggio consecutivo e permanenze sempre più lunghe, Erika si licenzia per trasferirsi in Tanzania.
«Sono stata criticata tanto e da molte persone per la mia scelta di andare a vivere in Tanzania. Ma è facile criticare senza sapere. Il momento in cui ho deciso di trasferirmi è stato molto sofferto e carico di paure. Sai quello che lasci ma non sai quello che trovi. Ricordo il momento in cui diedi le dimissioni, scoppiai a piangere. Ero entrata lì ventidue anni prima come una novellina e ora avevo grandi responsabilità. Mi sembrava di tradire il mio capo. Mi sentivo sopraffatta da tutto.»
L’inizio della vita all’estero.
«L’inizio della vita in Africa è stato difficile. La Tanzania è un luogo tanto meraviglioso, quanto diverso da ciò a cui siamo abituati. Poco dopo il mio trasferimento, ebbi grosse difficoltà con una persona che mi imbrogliò, arrivando addirittura a mettermi le mani addosso quando cercai di trovare una soluzione con lui. Molte persone, essendo una tribù, presero le sue difese, facendomi sentire profondamente sola e ancora più in difficoltà. Ma non ho mai attribuito quell’avvenimento al luogo in sé. Le persone disoneste esistono in tutto il mondo, come anche quelle oneste.
È vero che ci sono Maasai buoni e Maasai cattivi, ma ci sono anche italiani buoni e italiani cattivi. Non capisco perché bisogna sempre parlare solo bene o male di una cultura. Non mi piace generalizzare. A seguito di quell’episodio, ebbi l’immenso onore di incontrare il grande Capo Maasai di tutta la Tanzania, il quale mi accolse e mi aiutò, a testimonianza del fatto che la vera solidarietà e il vero amore, inteso come amore per il prossimo, non conoscono etnia.»

La vita tra i Maasai.
«Attualmente vivo in un villaggio insieme a una famiglia maasai. Non mi sono trasformata, non ho cambiato la mia cultura come fanno alcune donne dopo aver sposato un Maasai. Io mantengo la mia identità. Sono un’italiana alla quale piace vivere con loro. Amo il loro modo di vivere in simbiosi con la natura, il rispetto che hanno delle loro tradizioni e degli anziani, e l’importanza che danno alla famiglia. Le donne, a mio avviso, sono la colonna portante della comunità, si occupano dei figli, della casa, vanno a raccogliere l’acqua e la legna. Ovviamente ci sono anche aspetti della loro cultura che non mi piacciono, ma anche questo fa parte del gioco. Mi hanno accettata e integrata per quello che sono, senza volermi cambiare.
Conviviamo bene e parliamo con serenità delle nostre diversità. I Maasai sono cristiani, alcuni luterani, alcuni cattolici, evangelisti (nel resto della Tanzania, la popolazione è per metà cristiana e per metà musulmana). Nonostante siano cristiani, hanno però la loro personale cultura, per esempio possono avere più mogli. Tante volte mi confronto con loro su questa cosa prendendoli amorevolmente in giro e dicendo: “Allora anche io posso avere più mariti!” e loro si arrabbiano perché le donne devono aver un solo marito ed essere fedeli! Mi diverto a stuzzicarli e loro tollerano e accettano la mia curiosità perché sanno che anche io non voglio cambiare loro. Il nostro è uno scambio.»
Il mito europeo dei finti Maasai.
«Molti sostengono che sia tutta una finzione turistica. Diciamo che c’è una piccola verità in questa cosa. Quando vai nei parchi nazionali dove vedi il Maasai che balla e che ti vende le collane, in realtà non è che sia uno spettacolo turistico inventato e messo in piedi apposta per il turista; il Maasai che è lì è un vero Maasai che fa il suo vero ballo tradizionale, ma in quel momento lo sta facendo per il turista.
Quindi sì, in un certo senso può essere vista come “finzione”, ma in realtà sono persone della tribù che stanno semplicemente lavorando. Zanzibar è piena di Maasai che vivono nell’entroterra e che si spostano sulla costa per lavorare durante la stagione turistica. I principali lavori dei Maasai sono: guardia nei resort e attività commerciali e vendita di braccialetti, collane e scarpe artigianali. Finita la stagione, tornano a casa. Quelli che invece restano nel villaggio tutto l’anno vivono di allevamento di mucche, capre e pecore. La loro natura infatti è essere pastori.»
Stare male in un paese straniero.
«Qui in Tanzania mi sono rotta il polso a seguito di una caduta in moto. Fui trasportata in ospedale, dove fui anestetizzata. Quando mi risvegliai stavo malissimo ed ero sola. Mi avevano dato un’anestesia fortissima che mi causò allucinazioni. Sentivo la mia anima, la mia essenza, allontanarsi dal mio corpo. Lì pensai di morire. E la cosa più orrenda fu il pensiero di non poter salutare la mia famiglia. Poi – forse quando l’anestesia stava finendo? Non lo so – sentii il ritorno e la riconnessione della mia energia nel mio corpo.»
Sanità.
«La sanità ha alti e bassi. Alcune strutture a pagamento sono perfette e impeccabili, altre sono fatiscenti ma il personale è sempre molto preparato e disponibile. Quando mi ruppi il polso andai in un ospedale dell’entroterra dove fui curata molto bene. Me lo rimisero a posto senza fare raggi, poiché non disponevano del macchinario per mancanza di soldi. Quando poi mesi dopo feci i raggi in Italia, i dottori rimasero stupiti del lavoro fatto. Si trattava infatti di una frattura scomposta ma, escluso un piccolo danno estetico, ho ripreso la piena funzionalità dell’arto. La sanità si paga e non poco.
Le cifre sono spropositate in rapporto alle entrare che hanno le persone. Tempo fa una mia amica maasai si è fatta male all’occhio e l’ho accompagnata in ospedale dove, dopo una lunga attesa, ha dovuto pagare l’equivalente di 600 euro per l’intervento. Le medicine più comuni costano davvero poco, mentre altre medicine più particolari sono molto care. Gli integratori vitaminici, per esempio, costano intorno ai 30 euro, che qui è una follia. Portate queste cose quando viaggiate. Non caramelle.»
Volontariato.
Proprio per questo, Erika organizza anche progetti di volontariato. Ha dato un grossissimo contributo per la realizzazione di un ospedale e un dispensatorio nei villaggi di Elerai, Mabalanga e Lengusero e ha contribuito alla fornitura di attrezzatura ad altri due ospedali. Ha poi comprato i banchi per le scuole di Elerai, Gitu e Mabalanga. Nel villaggio dove vive, vengono accolte persone che vogliono dedicare il loro tempo agli altri svolgendo attività di volontariato nella scuola e nel dispensario, dove servono competenze mediche e infermieristiche.
MasaiAdventure.
Erika dà vita a MasaiAdventure e inizia a ospitare viaggiatori che desiderano vedere tutto questo con i propri occhi. I suoi non sono viaggi turistici, ma viaggi di vera e propria immersione nella cultura locale che racconta sul suo profilo Instagram @masaiadventure. «Durante i miei viaggi si vive la normale vita quotidiana. Se il viaggio coincide con una festa, si va alla festa. Se c’è un mercato, si va al mercato. Non organizzo balli o altro per il turista. È capitato di andare anche a un funerale con alcuni ospiti. Con tutti loro abbiamo instaurato rapporti meravigliosi, continuano a scrivermi anche a distanza di mesi o anni, ed è proprio con loro che ho alcuni dei ricordi più belli. Qualcuno di loro ha scoperto il mal d’Africa e desidera tornare.»
Viaggiare non risolve i problemi ma ti cambia dentro.
«Da un certo punto di vista, il mio venire qui è stato un fuggire dai problemi che avevo in Italia e con me stessa. Non sapevo più cosa volevo dalla vita. La Tanzania sembrava un modo per cancellare quei problemi. A volte, viaggiando si ha l’impressione di poter scappare, ma è un’illusione perché i problemi non si risolvono e restano lì. Tutte le esperienze che ho vissuto qui mi hanno però insegnato a crescere. Sì, trasferendomi in Tanzania sono realmente cresciuta e ho imparato a vivere e superare tutte le difficoltà.
Anche quando tocchi il punto più profondo puoi sempre risalire con determinazione e, soprattutto, con consapevolezza.
Noi siamo in grado di fare tutto. A volte sono felice e a volte no. Ho il cuore diviso in due. Metà cuore è in Tanzania e metà cuore è in Italia con le persone che amo. Quando sono qui in Tanzania mi manca l’Italia e quando sono in Italia mi manca la Tanzania!»

Vivere con l’essenziale.
«Quando dico che mi manca l’Italia, in realtà penso alla mia famiglia. I comfort della vita europea a cui siamo abituati non mi mancano per niente, come farmi la doccia con acqua calda o potermi asciugare i capelli con il phon, il cibo italiano… Vivo con pochissimo e sto bene. In Italia ho un armadio stracolmo di vestiti, abiti elegantissimi e costosi che usavo per andare in ufficio, scarpe col tacco, borse che adoro! In Tanzania vivo coi soliti vestiti e due semplici borse utili a contenere tutto ciò che serve.
Tutte le mie cose stanno in due valige e mi sento serena così. A qualcuno potrà sembrare assurdo ma ci sono alcuni momenti in cui io passeggio da sola in savana, mi siedo per terra o su un tronco, chiudo gli occhi, e sento l’energia e la potenza della natura. In quei momenti sento la mia anima in pace. Per questo rifarei sempre questa scelta. Magari con modalità diverse. Sono stata avventata e ho fatto tanti errori. Ma la rifarei. Ne vale la pena. Sto aiutando tante persone e loro stanno aiutando me. E questo è qualcosa che non ha prezzo.»
Cosa consiglieresti a chi vorrebbe partire e cambiare vita ma ha paura?
«Crederci. Crederci sempre. Non fate però l’errore che ho fatto io, non siate avventati. Prima ero troppo entusiasta ed emozionata, non ho ponderato bene le scelte e questo mi ha portata ad avere le difficoltà che ho avuto. Adesso che sono più riflessiva, le cose vanno finalmente bene. Non siate frettolosi, ingenui e abbiate sempre pazienza. Prendetevi il vostro tempo e poi, dopo, avventuratevi. Ne vale la pena. Ma fatelo con coscienza.»
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