
Fin da ragazzina sognava una vita in viaggio, oggi lavora da remoto mentre si sposta da un Paese all’altro raccontando le sue avventure per ispirare le altre persone a viaggiare, in particolare le donne.
Chiara ha venticinque anni e nasce a Genova in una famiglia di artigiani e viaggiatori. Forse è proprio da loro che ha ereditato il grande sogno di vedere il mondo. «I miei nonni erano dei viaggiatori, viaggiavano quasi sempre in Asia, e ricordo come fosse ieri le serate passate a guardare le diapositive delle loro avventure» racconta Chiara. «Anche i miei genitori viaggiavano molto e spesso portavano con sé me e mia sorella. Insomma, viaggiare è sempre stata una passione di famiglia, anche se era visto come un semplice “andare in vacanza”. Per me è qualcosa che va oltre. I miei bisnonni, i miei nonni e mia mamma sono sempre stati artigiani, parrucchieri per la precisione, e avrebbero desiderato che io continuassi l’attività di famiglia. Ma fin dall’adolescenza è stato chiaro che la mia “casa” era il mondo. Sono sempre stata una grande sognatrice con la testa tra le nuvole, o sugli aerei!»
I primi passi verso il mondo.
«Il mio primo viaggio in solitaria fu a 17 anni, quando andai a studiare negli Stati Uniti. Fu un’esperienza rivoluzionaria. Rimasi lì, giovane, sola e dall’altra parte del mondo, per nove mesi, durante i quali provai tutte le emozioni possibili: dall’eccitazione allo smarrimento. È stata senza dubbio l’esperienza più difficile, formativa e avventurosa della mia vita. La consiglio a tutti i ragazzi e le ragazze di 16-17 anni, perché non solo ti insegna l’inglese, ma ti rende indipendente e ti dà una marcia in più, molto apprezzata anche nel mondo del lavoro.»
Un cammino verso fede, amore e gratitudine.
«Ogni luogo che ho visitato mi ha segnata in qualche modo, ma uno in particolare ha un posto speciale nel mio cuore: il Cammino di Santiago. Lungo il Cammino ho scoperto un modo di viaggiare che non conoscevo, ho visto luoghi meravigliosi, mi sono innamorata del camminare e della lentezza. Passo dopo passo, ho capito davvero l’importanza della fede – non quella religiosa, ma quella in sé stessi – e di non mollare mainonostante le difficoltà. Inoltre, questo viaggio mi ha regalato l’amore, il primo e il più forte che io abbia mai provato: una storia d’amore sconvolgente, quasi “da film”, che ha segnato molti momenti della mia vita. Il Cammino mi ha anche insegnato la gratitudine: non esiste nulla di simile all’arrivo in Plaza de Obradoiro, le lacrime di gioia, l’emozione che si sente… È una sensazione che solo chi ha fatto il Cammino può davvero capire.»
Le difficoltà in viaggio.
«La difficoltà più grande che ho avuto in viaggio è stata un’intossicazione alimentare in India. Ho passato due giorni a letto tra febbre, dissenteria e vomito continui. Vi risparmio i dettagli… ma posso dirvi che sono stata così male da pensare di dover andare in ospedale. Per fortuna non ero sola, ma quell’episodio mi ha impedito di vivere appieno una delle esperienze che più aspettavo: la visita al Taj Mahal – un motivo in più per tornare tra qualche anno! Il ricordo più brutto è invece legato al mio anno all’estero negli Stati Uniti. Il mio papà ospitante era molto aggressivo verbalmente sia con sua moglie, sia con me. Sono arrivata al punto di fare le valigie e andarmene da un momento all’altro, senza preavviso. Rimasta senza casa, fui ospitata da un’amica. Con il senno di poi, ho capito il significato di quella disavventura e, nonostante la sofferenza, credo che anche quella mi sia servita a diventare più forte e di aver dato una lezione a un uomo abituato a trattare le persone – soprattutto le donne – senza rispetto.»
Il vero senso del viaggio della vita: la felicità.
«Sono le 5 del mattino, la camerata dell’ostello è vuota a causa della bassa stagione. Ci sono soltanto io. A svegliarmi è la luce dell’alba che filtra dietro le tendine. Mi alzo, apro la porta e vado sul terrazzo. Davanti a me si spalanca un cielo dipinto di nuvole rosa. Il lago Atitlán riflette la luce e l’acqua sembra argento colato. I vulcani che lo circondano si stagliano nella loro magnificenza, facendo da cornice a questa cartolina. Mi sdraio sull’amaca e mi godo questa meraviglia. Mi commuovo davanti a tanto spettacolo e provo una gratitudine immensa: per l’universo che mi ha condotta lì, e per me stessa, per aver intrapreso questa avventura.»
Viaggiando puoi scoprire la tua identità.
«Viaggiando ho imparato che siamo tutti parte dello stesso organismo, che ci sono modi diversi di vedere la vita e formule di felicità differenti. Ogni cultura e religione ha qualcosa di vero e di prezioso da insegnarci. Mi sono innamorata della sensazione di libertà che il viaggio ti dà perché essere stranieri ti permette di scegliere chi sei e come raccontarti agli altri. Viaggiare mi ha insegnato anche a ridimensionare i miei problemi, a pensare che c’è sempre un altro modo di vedere le cose e che la vita è dannatamente breve. Quasi sicuramente non basterà per vedere tutto il mondo, quindi meglio non perdere tempo!»
Lavorare da remoto: una sfida coraggiosa.
«Come vi dicevo, sono cresciuta circondata da viaggiatori e quando non ero con loro mi nutrivo di video e libri di chi ha fatto il giro del mondo o ha vissuto la sua esistenza viaggiando. Per questo, la mia priorità è sempre stata trovare un modo per lavorare e viaggiare contemporaneamente. Durante l’università ho trovato un’agenzia tedesca di PR che cercava una stagista. Ho iniziato a lavorare lì e, passo dopo passo, quell’esperienza è diventata la mia professione. Solo quest’anno ho però deciso di lavorare e viaggiare in maniera stabile. Prima viaggiavo e lavoravo per massimo di un mese, ma per lo più si trattava di vacanze. Ora è iniziata la vera avventura!»

Un esempio per le donne.
«Uno dei miei desideri più profondi è sempre stato ispirare le altre donne a viaggiare. Non serve sempre aspettare di avere un fidanzato o un’amica con cui partire e vivere i propri sogni. Per questo ho deciso di lanciare il mio progetto Nomadic Sunlight. Si tratta di una piattaforma dedicata alla condivisione di storie di viaggio, itinerari e consigli utili. Ho appena completato il sito, con i primi articoli sul blog, e sto pubblicando quotidianamente video sulle varie piattaforme che puoi trovare su nomadicsunlight. Il mio obiettivo è raccontare le mie avventure come donna che viaggia da sola, offrendo consigli pratici e ispirazione. E, perché no, voglio anche intrattenere chi non può viaggiare, portando il mondo nelle loro case.»
Viaggiare risolve i problemi?
«Se vedi il viaggio come una fuga, i problemi ti seguiranno ovunque. Il dolore più grande che ho provato è stato la morte di mio nonno, il primo grande lutto della mia vita, un dolore che ho in parte superato con il tempo, ma mai del tutto. Non ricordo bene mio nonno perché avevo solo 6 anni quando è mancato. Nei miei viaggi ho provato varie tecniche “curative” per far riemergere la memoria, ma probabilmente il trauma ha nascosto il suo ricordo in qualche cassetto del mio cuore di cui non ho ancora trovato la chiave.»
Viaggiare è una metafora della vita.
«Non credo esista un modo giusto o sbagliato di viaggiare, così come non esiste un modo giusto o sbagliato di vivere. Ognuno ha la propria ricetta per la felicità. Il giudizio non fa altro che creare danni e chi esprime certe critiche spesso proietta sugli altri le proprie mancanze. Per me, l’unica regola valida è il rispetto: se viaggi e vivi rispettando gli altri e le loro scelte, sei libero di fare ciò che desideri. Ricordiamoci che la felicità ha coordinate diverse per ciascuno di noi.»
Definizione della parola “viaggiare”.
«Viaggiare significa vivere. Hai presente quando ti chiedono di raccontare un viaggio e ti ricordi tutto, quasi nei minimi dettagli? E invece, se ti chiedono di raccontare una giornata a casa, spesso non ricordi nemmeno cosa hai mangiato la sera prima. Viaggiare significa vivere con intensità, perché viaggiando siamo davvero nel presente. Quando viaggi, l’unica cosa che conta è vedere, sentire, vivere esperienze uniche. È un’esperienza che ti riporta al “qui e ora”.»
Ci saluti con un consiglio per chi vorrebbe vivere viaggiando come te ma ha paura?
«Trova ciò che ti fa entrare nello stato di flow, quell’attività in cui perdi la cognizione del tempo, qualcosa che ami e che sia utile agli altri e monetizzabile – perché, diciamolo, di aria non si vive, ma di sogni sì. Per me, è fondamentale trovare il proprio ikigai (leggi anche l’articolo Una buona ragione per alzarsi ogni mattina: la storia di Filippo), quell’incontro tra ciò che ami, ciò in cui sei bravo, ciò di cui il mondo ha bisogno e ciò che ti permette di vivere. Inoltre, presta attenzione ai segnali: nulla accade per caso. Questo è il mio motto. Quando viaggi è più facile notare le coincidenze, ma in realtà accadono anche a casa. Il mio consiglio? Segui quei segnali, agisci e fai! Quando inizi a percorrere la tua strada, l’universo ti aiuta».
Letture consigliate: Il Cammino di Santiago di Paulo Coehlo
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