Dopo Dark Blue Girl, Mascha Schilinski torna a dar voce all’infanzia. Sound of Falling è un dramma che ha tutti gli elementi per essere un film horror ma resta in una zona d’ombra – in quel labile confine tra memoria e immaginazione – senza attaccare mai lo spettatore.

Insieme alla sceneggiatrice Louise Peter, Schilinski porta in scena tre generazioni di donne, unite da un peso immateriale che si eredita senza cognizione.

Una struttura narrativa che ricorda quella di The Hours di Stephen Daldry; diversamente, però, Sound of Falling cuce insieme gli echi del tempo, rifiutando il gusto letterario e sposando quello onirico. In questo susseguirsi di immagini e metafore che si distinguono per originalità e efficacia, le autrici non rinunciano ad un umorismo macabro che si nutre dell’innocenza dello sguardo infantile. Ma lo sguardo vergine è anche fonte della filosofia delle piccole cose, un occhio nudo che si sofferma su tutto ciò che viene dato per scontato, che interroga il sapore del metallo come la percezione della vista. 

“Non penso contino le azioni. Penso che contino di più i pensieri che abbiamo mentre agiamo”, dice Angelika mentre immagina di suicidarsi. Le idee che non sappiamo interpretare; le immagini, i suoni, le associazioni che ci colgono all’improvviso… Da dove provengono?

Arbeitsunfall.

La piccola Alma (Hanna Heckt) narra le dinamiche familiari di inizio Novecento, mentre suo fratello Fritz viene reso infermo dai genitori per evitare che vada al fronte. “Arbeitsunfall” ripete Alma: infortunio sul lavoro. Le riflessioni linguistiche della bambina si contrappongono ai quesiti sulle immagini, le fotografie dei morti che arredano la grande villa nel nord della Germania dove il tempo diventa fluido. (A proposito della fotografia di fine ‘800 e inizio ‘900 è illuminante lo studio compiuto da Susan Owens, dal titolo The Ghost: A Cultural History, dove l’autrice indaga come sia cambiata la rappresentazione dei fantasmi nel momento in cui è nata la fotografia.)

È in quella stessa casa che incontriamo Angelika (Lena Urzendowsky), un’adolescente innamorata di suo zio, con il quale ha una relazione clandestina. Ci troviamo ora negli anni ’60. (“Ciò che viene insegnato alle bambine non è il desiderio per l’altro ma il desiderio di essere desiderate”, scriveva Naomi Wolf ne Il mito della bellezza.) Così, Angelika sa di essere guardata e desiderata e finge di non accorgersene, in balia di uno sguardo maschile che non ha nulla di innocente. 

È proprio in quella villa che, a inizio secolo, le governanti venivano sterilizzate per garantire il piacere maschile senza rischiare le conseguenze delle proprie azioni. “Trudi e Bertha hanno vissuto invano”, ripetono le bambine. 

Vivere invano.

Una memoria intangibile, sparsa come polvere sulla celluloide, viene disseminata per tutto l’arco del film. Non si fa in tempo a comprendere l’immagine che questa si fissa nell’occhio dello spettatore, in cerca di risposte, di una spiegazione finale che possa delucidare il susseguirsi di vite non vissute. 

Come il DNA mitocondriale, che viene ereditato dalla madre, così i traumi di queste donne sono l’uno la tardiva ripercussione dell’altro. Gli atteggiamenti bizzarri che non trovano risposte nella realtà sono corrispondenze speculari di un passato a cui non si ha accesso – se non in un’inaffidabile memoria collettiva che non garantisce certezze. 

Negli ultimi anni due film hanno analizzato con sguardo critico e contemporaneo le due guerre mondiali. Niente di nuovo sul fronte occidentale (di Edward Berger) e La zona d’interesse (di Jonathan Glazer) riflettono entrambi sull’inutilità dell’inarrestabile macchina infernale che è la guerra. Sound of Falling è la controparte femminile di questa riflessione. Mentre gli uomini andavano a combattere, le donne si annegavano nel fiume. Vite vissute invano e le vite di coloro che si sono sottratti alle responsabilità del tempo; il sangue non versato si riversa in un’eredità immateriale. 

Mascha Schilinski dipana quell’insieme di domande esistenziali e misteri al femminile, dando voce al dramma dei sopravvissuti, o di chi avrebbe potuto sopravvivere. 

Sound of Falling non colpisce per affondare: l’unico modo per restare a galla e interrompere i traumi generazionali è prenderne coscienza. 

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