
Il romanzo d’esodio di Elisabetta Barberio per DaA racconta la storia di Dot Wild, una donna fuori dal comune. L’abbiamo intervistata per saperne di più sulla “ghostwriter” di alcune delle fiabe più famose dei fratelli Grimm.
Wild. L’eco della Foresta Nera di Elisabbetta Barberio (DeAgostini, 2025). Immaginate di aver sposato uno dei fratelli Grimm. Immaginate di raccontare a vostro marito le storie che hanno impressionato la fantasia della vostra infanzia. E ora immaginate di aiutare vostro marito e vostro cognato a raccogliere e trascrivere quelle storie. Fatto? Bene, loro passeranno alla storia come i Fratelli Grimm e voi verrete dimenticate. Possibile? Sì, la donna di cui parla Elisabetta Barberio nel suo romanzo Wild. L’eco della Foresta Nera racconta proprio di lei, di Henrietta Dorothea Wild.

Nel 1825, Wilhelm Grimm aveva sposato Henriette Dorothea Wild. “Dortchen” o più semplicemente “Dot”, come veniva chiamata. Dot si insinua tra i due fratelli, Jacob e Wilhelm, che sono praticamente inseparabili. Nonostante il matrimonio, infatti, Jacob continuerà a vivere nella casa della coppia tanto che Dot parlava, con tono scherzoso, dei suoi “due mariti”.
In questo contesto bizzarro si inserisce anche Elisabetta Barberio con una penna fresca, ma matura, varcando la soglia con rigore storico e fantasia delle mura di casa Grimm e attraversando la foresta nera. Ed è proprio a Reinhardswald, la foresta che nel 1810 scompaiono due bambini. Sono i figli del pasticcere della città. Gli ingredienti ci sono tutti: un luogo incantato e minaccioso, una donna coraggiosa che sfida la società con la sua condotta ma soprattutto con la sua ironia pungente che denota un’intelligenza fuori dal comune.

Il romanzo.
Il romanzo di Barberio è pieno di fascino e di inquietudini che si celano dietro a un mistero da risolvere. Le paure che si celano anche nella quotidianità, che anzi sono ancora più spaventose proprio perché inaspettate, disturbanti. Due bambini scompaiono nel nulla, come risucchiati dalla foresta, come i due bambini golosi che la strega cattiva attrae nel bosco.
La loro storia ha attraversato i secoli trasformandosi in fiaba, ma Dot è l’unica a conoscere la verità. Per Dot Wild la paura non è una novità. È una compagna di vita, un sussurro costante in una casa che è una gabbia di regole e punizioni. Ogni giorno è una prova di sopportazione, ogni sogno un lusso proibito. Eppure, quando la notte scende, Dot sente qualcosa risvegliarsi dentro di sé: un desiderio feroce di libertà, speranza, qualcosa di più.
Quel “più” ha un nome: Wilhelm Grimm. Fragile, affascinante, occhi sensibili, Wilhelm non è solo uno studioso brillante: è un’anima irrequieta, un abisso in cui Dot si lascia precipitare. Durante i loro incontri, nel salotto di casa Grimm, tra le loro mani sporche di inchiostro, le fiabe prendono vita. e Dot scopre per la prima volta la sensazione di essere desiderata. Ma proprio mentre la passione divampa, la scomparsa dei gemelli, Hänsel e Gretel, sferra un colpo fatale sul loro legame.
Quando i sospetti si concentrano su Wilhelm, a Dot non resta che lanciarsi in un’indagine clandestina, determinata a salvare l’unico uomo che l’ha mai vista davvero per ciò che è. Una giova ne ribelle. Una scrittrice. Una donna pronta a sfidare le convenzioni pur di coronare il suo sogno. E così, ogni indizio diventa un tassello per scrivere la storia. Ricomporre il caso. Trovare i bambini. Scrivere il lieto fine. Ma la ricerca dei gemelli è un labirinto di rovi, bugie e rancori che Dot dovrà sbrogliare in fretta se non vorrà rimanervi imprigionata.
L’autrice.
Elisabetta Barberio vive a Bologna ed è Laureata in Filosofia, da molti anni si interessa di storia del Cristianesimo, storia medievale e culture antiche. I suoi studi si concentrano maggiormente sugli aspetti antropologici e cultuali del passato attraverso il confronto tra le tesi accademiche e quelle ritenute non convenzionali. Dal 2020 si cimenta con la narrativa storica. “Il sogno di Ragnar” è il suo primo romanzo.

L’intervista.
La storia delle donne, lo sappiamo fin troppo bene io e te, è costellata di donne dimenticate, sottovalutate e prevaricate. Una di queste è di certo Dot Wild. Come sei arrivata a lei?
Quando ho scoperto Henriette Dorothea Wild è stato un colpo di fulmine. Mi sono imbattuta nella sua vita durante una delle mie ricerche sulla mitologia, vista la natura arcaica e archetipica delle fiabe. Infatti, le avevo già studiate in passato, ma non mi ero mai soffermata a pensare chi potesse esserci dietro queste narrazioni universali.
In uno dei libri che descrivevano le esistenze bizzarre, straordinarie, spesso controverse, di favolisti e favoliste, ho scoperto che i fratelli Grimm non sono stati propriamente gli autori della loro celebre raccolta di fiabe (1812-1815), ma dietro il loro incredibile progetto c’erano delle donne di varie estrazioni sociali. Le custodi di antiche tradizioni e della memoria storica.
Tra queste, Dot Wild era la vicina di casa dei Grimm, figlia del farmacista più importante della città, ed è stata lei a dare il maggior contributo alla raccolta di fiabe. Dal mio punto di vista è stata una scoperta eccezionale: una donna dimenticata dalla storia che doveva essere raccontata.
Parlaci della genesi del tuo romanzo.
L’idea di scrivere questo romanzo è nata immediatamente dopo aver scoperto Dot Wild. La sua vita aveva degli elementi che già da soli sembravano essere scaturiti anch’essi da una fiaba. C’era già tutto: una ragazza tenace e desiderosa di affermarsi; due giovanissimi fratelli Grimm mai raccontati prima, sulla soglia della povertà e mal visti dalla comunità in cui vivevano; la famiglia Wild, complessa e sfaccettata, che voleva Dot più remissiva e pronta a diventare una “brava moglie”.
Un Ottocento cupo, molto diverso da quello inglese, a cui siamo abituati. Inoltre, ho sentito subito l’esigenza di dare voce alla mia protagonista, e ridarle il ruolo che meritava in uno dei progetti – quello delle fiabe – più importanti della storia, non solo europea, ma di tutto il mondo.
La trama gialla, ovvero l’indagine sulla scomparsa di Hänsel e Gretel, è nata in modo naturale. Le fiabe originali e integrali redatte dai Grimm, non edulcorate dalla Disney o da altre traduzioni, sono oscure e spesso si raccontano dei veri e propri crimini. Per questo motivo, ho pensato che trasformare Dot Wild e i Grimm in investigatori aiutasse i lettori a entrare ancora di più nelle loro vite e a immergersi nelle suggestioni autentiche che le fiabe sanno donarci.
Quanto è importante il ruolo delle donne “narratrici” di storie come Dot?
Le donne sono state fondamentali nella raccolta delle fiabe. I Grimm, che erano filologi, studiosi delle tradizioni e della mitologia germanica, e grandi intellettuali, sapevano che non avrebbe avuto senso raccogliere delle fiabe senza attingere da chi custodiva la memoria e non solo.
Una cosa importante da sottolineare è che la raccolta delle fiabe nacque con un intento politico, ovvero di mantenere viva la memoria e le tradizioni del popolo tedesco, che in quel momento erano sotto il giogo dell’impero napoleonico e rischiavano di andare perdute.
Infatti, i Grimm accolsero nel loro salotto decine e decine di persone, trasformando quel proposito in un progetto collettivo. Le donne furono le più ascoltate e la maggior parte delle fiabe più celebri provengono da loro. Oltre a Dot Wild, che contribuì con oltre sessanta fiabe, ci furono Jeannette e Marie Hassenpflug, che raccontarono “Cappuccetto Rosso”; Jenny von Droste-Hülstoff che narrò “I musicanti di Brema”; Dorothea Viehmann, che fu fondamentale nella seconda raccolta del 1815; ma ne ho solo citate alcune.
Quali sono le fonti storiche che hai consultato e come le hai inserite nel romanzo? Per esempio la storia dei due ragazzini scomparsi.
Le fonti storiche sono state molteplici, ho attinto soprattutto dalla vita dei Grimm e dalle introduzioni e dai commentari che ho trovato nelle diverse edizioni delle fiabe che ho recuperato. Ho ricostruito il periodo storico attraverso delle letture specifiche sul ruolo delle donne in quel periodo, e sulle mansioni degli uomini, come i commercianti, bottegai, e la borghesia nascente.
Ho consultato anche dei testi inglesi e tedeschi che parlavano di Dot Wild, anche piuttosto difficili da recuperare. Di lei c’è davvero poco. La mia ricostruzione è stata come un mosaico da ricomporre, dove i tasselli mancanti sono stati colmati con l’invenzione. Per quanto riguarda la natura concreta della vicenda di Hänsel e Gretel esistono diverse teorie. Io le ho recuperate tutte dal web e le ho amalgamate per crearne una mia, anche perché non abbiamo prove sulla loro esistenza.
C’è solo un certezza: tutti gli studiosi sono concordi nel dire che i Grimm e Dot Wild hanno attinto da una memoria storica ancestrale, ma anche dalla realtà in cui vivevano. Hanno compiuto un’opera di sincretismo, che accomuna tantissime forme d’arte, e soprattutto l’arte della scrittura. Ed è quello che ho cercato di trasmettere anche nel mio romanzo.
A cosa stai lavorando, adesso? Puoi rivelarci qualcosa?
Attualmente ho tanti progetti in lavorazione, il mio proposito è di crearmi uno spazio sia nella narrativa per ragazzi che per adulti, perciò spero entro la fine dell’anno di avere buone notizie e poter annunciare delle nuove pubblicazioni. Mi piace la possibilità di essere versatile, anche se l’ambientazione storica è il fil rouge che lega tutta la mia produzione letteraria.
Link per l’acquisto: Wild – Elisabetta Barberio
Sito ufficiale dell’autrice: www.elisabettabarberio.it
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