
Per decenni, le donne hanno dovuto lottare per farsi spazio nel mondo dello sport, affrontando pregiudizi culturali, barriere istituzionali e limiti imposti persino nei contesti ufficiali come le Olimpiadi.
Oggi, lo sport femminile gode di una crescente visibilità e riconoscimento, ma il cammino che ha portato le atlete ai grandi palcoscenici internazionali è stato lungo e complesso.
È stato un esordio complicato quello delle donne nello sport nell’era moderna. In origine, le Olimpiadi moderne, ripristinate nel 1896 grazie a Pierre de Coubertin erano riservate esclusivamente agli uomini. Le donne erano considerate fisicamente inadatte e culturalmente fuori posto nei contesti sportivi competitivi. La loro presenza era vista più come una minaccia che come un’opportunità di inclusione.
I primi passi: le pioniere dello sport.
Fu solo nel 1900, a Parigi, che le prime donne parteciparono ai Giochi Olimpici, ma solo in poche discipline considerate “adeguate”, come il tennis e il golf. Quelle pioniere aprirono una breccia, dimostrando che le atlete potevano competere ad alti livelli con grazia, forza e intelligenza tattica. Una di queste fu la tennista britannica Charlotte Cooper, la quale vinse due medaglie d’oro: nel torneo singolo e nel doppio misto.
Sport vietati e discipline tabù.
Per lungo tempo, le donne non ebbero accesso a sport ritenuti “troppo faticosi” o “pericolosi”, come il pugilato, il salto con l’asta o il calcio. Anche l’abbigliamento sportivo femminile era motivo di controllo e limitazioni, in nome di una presunta decenza che ostacolava la performance. La strada per l’affermazione dello sport femminile era ancora lunga e le lotte sarebbero state tante.
La lenta conquista delle Olimpiadi.
Ogni edizione olimpica ha segnato, poi, piccole conquiste per lo sport femminile. Discipline nuove si sono aperte alle donne (come il pugilato nel 2012), mentre altre hanno raggiunto finalmente la parità di genere, come nel caso dell’atletica o del nuoto.
Ma il bilancio è arrivato vicino all’equilibrio solo nelle Olimpiadi di Tokyo 2020. Infatti, queste Olimpiadi hanno raggiunto quasi la parità di genere: il 48,7 % degli atleti erano donne, mentre le Olimpiadi di Parigi 2024 hanno una perfetta parità numerica tra atlete e atleti: circa 5.250 donne su 10.500 partecipanti .

Il ruolo delle atlete simbolo.
Atlete come Nadia Comăneci, Serena Williams, Federica Pellegrini e Simone Biles hanno ispirato generazioni, diventando simboli non solo di eccellenza sportiva, ma anche di emancipazione. Le loro vittorie hanno mostrato quanto lo sport possa essere uno strumento di riscatto personale e collettivo.
Hanno inoltre mostrato al mondo come anche le donne possano fare grandi performance sportive ed entrare nella storia dello sport.
La situazione attuale.
Nonostante i progressi, lo sport femminile fatica ancora a ottenere lo stesso spazio mediatico e lo stesso sostegno economico di quello maschile. Sponsorizzazioni, diritti TV e copertura giornalistica restano squilibrati.
La battaglia per la parità nello sport non è finita: passa anche attraverso la narrazione e la valorizzazione delle atlete. È la mentalità comune deve ancora cambiare. Molti sport sono meno sponsorizzati e seguiti perché messi costantemente a confronto con la versione maschile, considerata più emozionante.
Visibilità mediatica.
Nonostante questo, anche in questo campo, donne e sport vedono crescere la loro visibilità. Nel 2024 solo il 15 % delle ore complessive di copertura sportiva erano dedicate a sport femminile, quota in crescita rispetto al 10 % del 2023 secondo i dati forniti da Women’s Sports . Secondo Wasserman’s Collective, se la crescita continua, la copertura potrebbe arrivare al 20 % entro il 2025.
Disparità retributive.
Sul versante economico, invece, solo il 10 % delle sponsorizzazioni sportive è destinato a discipline femminili, che ricevono solo il 15 % della copertura mediatica globale. A livello globale, le atlete guadagnano circa il 7 % dei premi in denaro totali dello sport e in molti sport le donne guadagnano molto meno degli uomini. Pertanto, grandi passi sono stati fatti, ma la strada per una completa uguaglianza maschile e femminile nello sport deve andare avanti.
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