Era il 1990 quando una serie tv americana faceva il suo ingresso stravolgendo molti stereotipi che, per quegli anni, erano davvero una bella e genuina innovazione.
La protagonista che interpretava la dolcissima e brillante Blossom era l’attrice Mayim Bialik: la serie cominciava con la madre di Blossom che lasciava la famiglia per seguire la propria carriera. Il padre di Blossom, Nick, era un musicista quasi sempre via di casa, in tour. Il fratello maggiore, Anthony, stava uscendo dai problemi di alcol e droga. Joey, l’altro fratello, non era una persona molto loquace.
La migliore amica di Blossom, Six LeMeure, aveva, invece, un ruolo significativo nella vita della ragazza: sapeva parlare velocissimo, era conosciuta per i suoi ragionamenti molto contorti e complicati.
Blossom riceveva spesso consigli nelle sue fantasie, da celebrità come Mr. T, Hugh Hefner, Phylicia Rashād (che aveva il ruolo della madre perfetta nella fantasia di Blossom) e Will Smith, che fungevano da guest star nel corso delle puntate.
Di certo non è un quadro ideale, si parla di una famiglia molto problematica, situazioni tristi e difficili. Ed è proprio qui che entra in gioco Blossom, la protagonista: la sua bellezza unica e particolare, per nulla stereotipata, i suoi vestiti colorati che fanno contrasto con la situazione difficile che la circonda, la fanno brillare, le donano personalità e quel velo di leggerezza e simpatia, connubio perfetto di dialoghi brillanti e unici.
Perché è importante far vedere questa serie tv anche alle nuove generazioni che non la conoscono?
Perché Blossom è un personaggio in verità molto attuale al quale ispirarsi, perché ci dimostra che è importante tirare fuori il meglio di noi, solo ciò che è il nostro meglio e non il meglio che vorrebbero gli altri.
Imparare a riconoscere i propri limiti, lavorare su quelli, per essere persone migliori e felici.
Imparare a volte anche a convivere con le difficoltà, a trarne insegnamento, a superare ostacoli con la forza di un sorriso, di una battuta spiritosa, di un non prendersi sempre troppo sul serio.
E perché no… Anche a ridere di noi stessi ogni tanto!
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