Il 2019 inizia all’insegna di nuove letture e nuove recensioni. Il romanzo di cui vi parlo oggi è “La ragazza nell’acqua”, terzo romanzo della serie thriller Erika Foster scritta dall’inglese Robert Bryndza. Ringrazio la casa editrice per la lettura in anteprima.
Il dolore aveva messo radici profonde nel suo cuore: era diventato parte di lei ormai. Continuava a versare lacrime su lacrime, ma aveva imparato a convivere con quell’agonia, come una compagna fedele. Guardare il cappottino, il disegno, vedere di sfuggita la foto di Jessica mentre superava la camera da letto e andava in bagno: faceva tutto parte della sua routine, così come il dolore.
L’autore ci racconta il cosiddetto cold-case. Improvvisamente durante lo svolgimento di un’operazione di polizia viene trovato uno scheletro. Uno scheletro così piccolo da poter essere solo quello di un bambino. E se poi lo scheletro appartiene alla povera Jessica Collins, scomparsa ventisei anni prima, per Erika Foster è l’opportunità per fare chiarezza sul caso e trovare finalmente il colpevole della sua morte.
Devi trovare un posto tutto tuo in questo mondo. Un posto dove essere felice senza essere un poliziotto.
Non sono una grandissima appassionata del genere. Ho quindi iniziato la lettura con tutto lo scetticismo possibile. Devo però ammettere che il romanzo di Bryndza ha saputo catturare il mio interesse.
Lo svolgimento delle indagini sembra ricordare le serie televisive che, in questi anni, vediamo su vari canali televisivi. La scelta di avere capitoli brevi, poi, rende la lettura molto scorrevole. I colpi scena non mancano, sono assicurati.
L’autore ha saputo, inoltre, unire due aspetti molto importanti nella stesura di un romanzo. Se da una parte abbiamo lo svolgimento del caso, dall’altra possiamo apprezzare un’analisi del personaggio di Erika Foster. Una donna che vive costantemente con un conflitto interiore. Una donna che ha perso tanto e che non sa quale sia la via per la felicità.
C’è solo un piccolo difetto, ma essendo un romanzo thriller posso anche accettarlo. Mi sono sentita troppo spettatrice e non protagonista del romanzo. Mi è mancato sentirmi parte della storia.
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