ROBERTO PIUMINI: I LIBRI PER BAMBINI? GIOCATTOLI RICCHI DI PAROLE MERAVIGLIOSE

A inizio gennaio la professoressa di italiano di mia figlia ci annuncia che ha invitato a scuola lo scrittore Roberto Piumini (vincitore di moltissimi premi letterari tra cui il Premio Andersen e autore tra gli altri de Lo stralisco, Motu-Iti – L’isola dei gabbiani, Mattia e il nonno – tutti Edizioni EL), lo ha già comunicato ai ragazzi, loro frequentano in prima media, e sono tutti entusiasti. La mia piccola torna a casa e il termine “entusiasti” è limitante, sono letteralmente impazziti. “Mamma, Roberto Piumini viene a parlare con noi! Lo conosceremo, e potremo intervistarlo! La prof dice che potrà anche firmare tutte le nostre copie dei suoi libri! Ti rendi conto: Roberto Piumini!”.

Mi rendo conto sì e sono contenta che possano fare quest’esperienza, io non so cosa avrei dato per poter incontrare Gianni Rodari. E proprio perché non ho potuto incontrare il mio scrittore di riferimento, decido che Piumini non mi deve sfuggire. Come si diventa autori per ragazzi? Perché? Abbiamo chiacchierato parecchio, ma c’è una cosa che Roberto Piumini mi ha fatto capire a chiare lettere e che penso sia la base da cui ogni scrittore per bambini dovrebbe partire: bisogna amare le parole, il loro significato, il loro suono, la loro musicalità e saperci giocare.

Da piccolo un po’ già mi dilettavo con le parole, amavo la loro musicalità e come si potesse esprimere intrecciando le parole tra loro.

Roberto Piumini, come ha iniziato a scrivere letteratura per i ragazzi?

La poesia soprattutto rispondeva alle mie esigenze, ma non ho mai pensato di fare lo scrittore. Quindi si può dire che ho iniziato quasi per caso. Stavo tenendo un corso sulle dinamiche espressive per conto della regione Lombardia sul lago di Garda e come prova finale chiesi ai partecipanti di scrivere una parola su di un foglietto, ne avremmo estratte tre e con esse avrebbero dovuto mettere in scena un’improvvisazione teatrale. Le parole estratte furono: zucca, lago e alambicco.

Non avendo nulla su cui intervenire e avendo un blocco, che di fatto non avevo ancora utilizzato, ho iniziato a scrivere una storia di una zucca che galleggiava con difficoltà in un lago e a un certo punto urta contro qualcosa e si accorge che è un alambicco di vetro – chicco l’alambicco – che con la scusa di alcune analisi scientifiche la rompe e inizia a suggere il succo… Quando l’ho conclusa mi sono stupito, perché era carina e sino a quel momento non avevo mai pensato alla scrittura in prosa, la mia forma di scrittura più congeniale era stata appunto la poesia! Come sempre poi le cose accadono: accade che rimango fermo per un mese e in quel lasso di tempo scrivo quasi una cinquantina di storielle.

Accade che le faccio leggere a persone a me vicine in quel momento, e loro mi dicono che sono molto belle e che dovrei proporle a qualche editore. Accade che mi faccio sconsigliare, perché per mia natura sono sempre propenso a far sì che le cose avvengano senza che ci debba essere per forza un fine ultimo, da una amica di far leggere le storie a Roberto Denti e lui a sua volta mi consiglia di mandarle a Gabriella Armando delle Nuove edizioni romane.

Ho fatto un pacchetto con una ventina di storie e dopo sei giorni, come non avviene mai nella realtà di tutti i giorni, la signora mi richiama: vuole pubblicarle, perché in esse vede quella vena sopra le righe, e forse quel nonsense che sta proprio cercando. Ecco, da allora non mi sono più fermato, senza mai abbandonare la poesia, che rimane la mia forma narrativa di fondo.

Chi è lo scrittore per ragazzi.

È uno scrittore che deve sapere scrivere bene, avere un linguaggio solido e soprattutto non deve pensare che la letteratura per ragazzi sia un ripiego se non si è stati in grado di produrre testi interessanti per adulti. 

Cosa intende per linguaggio solido?

Le tecniche di narrazione e le regole del linguaggio, sia in prosa sia in poesia, per arrivare a una semplicità che non sia banalità. Lo scrittore per ragazzi deve utilizzare un codice semplice, facile, scorrevole, ma essere informativo, come dice la linguistica, dando corpo, figura, bellezza, sorpresa.

Detto così non sembra un processo facile.

Può non esserlo, e un autore per ragazzi deve forse essere più bravo di un collega che scrive per adulti, che si rivolge a persone al suo stesso livello, su uno stesso piano. L’autore per ragazzi frequenta un mondo in cui la corporeità, il sensoriale, sono importantissime. La sua scrittura ha una dimensione di scrittura orale, come avviene per la poesia che è il teatro della parola, perché si mostra nella sua fisicità, sonorità e giocosità. Per i più piccoli la poesia, più che teatro, è il circo della parola: la sensorialità, la musicalità si espandono, si esibiscono. Il movimento, così come il gioco che ne può scaturire, si amplifica. Questo provoca nel bambino la voglia di proseguire il gioco, portandolo a cercare nuovi testi, o a elaborarne di propri.

Scrivere per i ragazzi e scrivere per adulti, cosa sceglie?

Se devo fare una scelta netta come esperienza di scrittura non scelgo, perché amo entrambe. Se devo scegliere tra due esperienze a livello globale, scelgo la scrittura per bambini. Quando scrivo per i grandi, dall’altra parte c’è un adulto che legge, decide se gli è piaciuto o meno. Quasi sicuramente non incontrerò questo lettore e quando ciò avviene c’è il gioco intellettuale delle parti: il lettore fa il lettore e io l’autore, non c’è vera giocosità. Con i bambini avviene l’opposto: la loro lettura è sociale, quasi sempre leggono in gruppo – con genitori, insegnanti, bibliotecari – con cui condividono ciò che stanno leggendo, e questo porta a cercare l’incontro, lo scambio con l’autore attraverso disegni, commenti, fotografie, rappresentazioni, inviti a incontri. 

Quando scrive a chi si ispira? Quali sono i bambini di riferimento? 

A me stesso bambino: parte che in uno scrittore non è mai perduta e da cui parte per poter raccontare storie e creare personaggi.

Sono sempre gli adulti che scrivono, scelgono, e recensiscono libri per bambini. Come facciamo a capire quale sia il libro giusto per i più piccoli?

Ai bambini piacciono storie divertenti, piene di parole e figure che non sono di tutti i giorni, ma li sorprendono, li fanno immaginare, riportare alla memoria sensazioni (fisiche o psichiche: paura, gioia, felicità).

Ha mai ricevuto qualche appunto critica da un suo piccolo lettore?

No, perché le situazioni sono sempre di gioco sul testo, di risposta, di improvvisazione collettiva. In questo ambito non viene mai fuori l’aspetto critico. Mi chiedono come trovo le rime, dico che si scelgono e gioco con loro; chiedono come invento i nomi, spiego loro in maniera semplice il fonosimbolismo. Ma una critica nel senso adulto del termine non c’è mai.

Si può essere degli idoli per i propri piccoli lettori?

Mi permetto di bacchettarla un po’. Non sono un idolo, sono colui al quale pensano con affetto, perché ha offerto loro una storia divertente, lo spunto per nuovi giochi. L’attività nei bambini non arriva da sola, ha bisogno che qualcuno la stimoli: i genitori, gli insegnanti, i bibliotecari, i librai che propongono le letture ai piccoli. I bambini accettano e amano i miei testi perché sentono suoni e sensi divertenti, e ne sono attratti e magari, per la poesia, li imparano a memoria, per trattenere ciò che fa piacere ed emoziona. Il testo diventa un giocattolo di parole che un bambino vuole possedere.

Ha fatto bene a bacchettarmi, non parliamo di idoli, ma di affetto. Affetto presente tra i ragazzi, ma tra i suoi lettori adulti? Come convivono le due letterature?

Per fortuna sino a ora sono riuscito a gestire entrambe, credo, senza cadute di stile. Forse proprio perché con i ragazzi mi metto su un piano quasi esclusivamente di gioco, utilizzando un linguaggio semplice e di facile fruizione, portare questa giocosità e ricerca a un livello più alto e ricercato quando mi rivolgo agli adulti, con i quali credo di poter avere un rapporto, come si diceva, di uno a uno.  

Ma la letteratura per l’infanzia non racconta solo di gioco e divertimento, spesso vengono affrontati anche temi sociali, storici che di divertente hanno ben poco. Lei per esempio ha scritto sul tema dell’affido: “Le case di Luca, diario segreto di un affido”, Manni Editore. Come si può raccontare di determinati argomenti?

Occorre un atteggiamento di vicinanza, bisogna che la scrittura sia sentita e vissuta come un colloquio, in cui l’adulto parla e non si limita a informare. Qui il gioco si porta su un altro livello: attività produttiva, confidenza, non di presa in giro. Ai bambini si può parlare di tutto, col giusto tono, partendo anche dal presupposto che loro hanno maggior resilienza di noi adulti, che abbiamo un passato e un atteggiamento più critico potendo fare dei paragoni tra ciò che era e ciò che è. Per il bambino le novità sono avventure da vivere. Il testo giusto non è quello in cui si ha un rapporto adulto/bambino, ma quello di compagno/compagno nel gioco della realtà.

I piccoli lettori ci sono e sono una fetta importante del mercato libraio, e gli adolescenti? L’amore per la lettura pare avere una battuta d’arresto quando si arriva a questa fascia di età. Come se lo spiega.

Vent’anni fa circa andavano molto i libri-game che conquistavano anche ragazzi non vicini alla lettura. Talmente il fenomeno era diffuso che mi chiesero di scrivere una storia con quelle caratteristiche. Risposi che il mio modo di scrivere non era in linea con questa tipologia di testi, che hanno un andamento, uno sviluppo orizzontale, mentre i miei testi scavano a fondo, in verticale. Ancora oggi capita che mi dicano che i miei testi dovrebbero essere più avventurosi, altrimenti i ragazzi non si appassionano. Ma non è l’approccio giusto: non c’è solo un tipo di avventura e un solo modo per raccontarla. Io cerco di raccontare la grande avventura delle parole e come esse creino storie in cui l’avventura è data dal risultato.

Tra i suoi tanti libri, qual è, se c’è, quello a cui è in qualche modo è legato di più? Quello magari che ricorda con più affetto.

Non so scegliere fra i miei libri. Posso invece scegliere fra i vari modi della mia scrittura. Quello preferito è la poesia narrativa, in cui funzionano insieme, in sinergia, le avventure del tempo, delle persone, e quelle delle parole.