La cantante americana torna a Milano dopo tredici anni dall’ultimo concerto in Italia e ovviamente fa poker!

Taylor Swift a Milano potrebbe essere paragonata alla calata degli Unni di qualche secolo indietro. L’unica differenza è che oggi nessuno si sogna di fermare la sua discesa inarrestabile. Anche solo per non incappare nelle ire funeste dei suoi fan, le/gli swifties.

Gli swifties fenomeno da studiare.

Per poter narrare la due giorni milanese non si può non iniziare raccontando come la multiverso crew di Taylor Swift si prepara ad accoglierla nel tempio del calcio meneghino.

Intorno allo stadio è un tripudio di outfit tutti rigorosamente ispirati agli abiti che la cantante indossa durante le sue performance. Ecco lustrini e pailettes a ricordare l’album Fearless, il colore rosso per Red, abiti in stile gitano per Folklore.

I makeup non sono da meno con la scritta 13 (il 13 è il giorno del compleanno della cantante e suo numero portafortuna, alla faccia della superstizione anglosassone) sui dorsi delle mani e brillantini rosa a formare un cuore intorno all’occhio.

I friendship bracelets.

Ma forse la cosa che più di tutte accomuna e rende la comunità degli swifties unica è lo scambio dei braccialetti dell’amicizia. Tradizione nata negli Stati Uniti sulla scia di una strofa tratta dal testo di You’re on your own kid.

Ogni swiftie arriva al concerto con più braccialetti che si ispirano alle diverse canzoni e inizia uno scambio con gli altri fan, così da sugellare una sorellanza/fratellanza tra tutti gli appartenenti alla comunità di Taylor Swift.

A San Siro questa consuetudine non è venuta meno, ragazze e ragazzi di tutte le età si scambiano braccialetti ed è un attimo che da un bracciale si passi alla conoscenza e magari anche a un’amicizia che dura nel tempo.

Spettacolo nello spettacolo.

Alle 20.00 in punto Taylor Swift inizia il suo show e sia i 130 mila fortunati all’interno dello stadio sia quelli rimasti fuori all’unisono intonano ogni strofa che da ora sino alle 23.15 la cantante intonerà.

Ogni Era ha i suoi abiti e le sue scenografie che incantano e mandano in visibilio la folla, di contro fuori le coreografie sono portate avanti dagli stessi swifties che conoscono, come è giusto che sia, ogni minima mossa di ogni singolo pezzo. Duetti, gruppi si formano e si ricreano sulle note di tutte le ere. Lo spettacolo nello spettacolo nasce davanti a noi coinvolgendo anche chi proprio swiftie non è.

Taylor Swift odi et amo.

Come tutte le grandi figure che muovono milioni di persone e di soldi anche Taylor Swift ha chi la ama visceralmente e chi non vuole nemmeno sentirla nominare. Ben accette entrambe le fazioni, ma il mio giudizio, per quanto di pochissimo valore, propende verso chi la ama.

In questa due giorni ho visto famiglie, mamme/papà con figli/e, coppie di amiche/i, tutti coinvolti e uniti come un’unica comunità che ha come obiettivo solo quello di stare insieme e lasciarsi coralmente coinvolgere dalla musica e dal volere conoscersi senza filtri e senza paura di essere giudicati.

Tutto questo non è un qualcosa che si vede comunemente durante i concerti e assistervi è quasi una specie di miracolo.

Come mamma di due swiftie per me è stato fantastico poter assistere a questo spettacolo insieme alle mie figlie e vedere dall’interno come l’universo Taylor Swift agisca in positivo sulle persone cha la ascoltano. Tutte/i hanno trovato una loro dimensione in cui muoversi ed essere se stessi, perché si sono resi conto che gli alti e bassi della vita appartengono a tutti e ora c’è una cantante che lo dimostra attraverso le sue canzoni.

Taylor Swift canta, senza nascondersi, ogni “era” della sua vita, mettendosi a nudo, affermando così il suo essere proprio come tutte le ragazze/i che affollano i suoi concerti, con i propri, piena di dubbi, ma sempre pronta a cercare il suo posto al sole senza perdere se stessa.

Chapeau, Taylor.