Una domenica di aprile, una Vespa, a Milano, negli anni Sessanta: un padre operaio, una madre parrucchiera, un figlio di sei anni e una bimba che non ne ha ancora compiuto uno. Vengono dalla periferia, sembrano presi dall’euforia del benessere che ha trasformato la loro cronaca quotidiana in una vita sbarluscenta. Qualcuno scatta una foto a loro insaputa. Vent’anni dopo, nei giorni in cui la Nazionale di calcio italiana vince i Mondiali di Spagna, una ragazza si trova al capezzale della madre che improvvisamente ha perso la memoria. Il suo compito è di ricordare e narrare il passato, facendosi aiutare da quella foto. Prende così avvio il racconto di una famiglia nell’Italia spensierata del miracolo economico, una nazione che si lascia cullare dalle canzoni di Sanremo, sogna viaggi in autostrada, si entusiasma con i lanci nello spazio dei satelliti americani e sovietici, e crede nel futuro, almeno fino a quando non soffia il vento della contestazione giovanile e all’orizzonte si addensano le prime ombre del terrorismo. Dopo la strage di piazza Fontana finisce un’epoca favolosa e ne comincia un’altra. La città simbolo dello sviluppo industriale si spegne nel buio dell’austerity, si sporca di sangue e di violenza, mostra il male che si annida e lascia un segno sul destino di tutti. Con un romanzo dalla scrittura poetica e struggente, forte nei sentimenti ed evocativo nello stile, Giuseppe Lupo ci racconta il periodo più esaltante e contraddittorio del secolo scorso – gli anni del boom e quelli di piombo – entrando nei sogni, nelle illusioni, nelle inquietudini, nei conflitti di due generazioni a confronto: quella dei padri venuti dalla povertà e quella dei figli nutriti con i biscotti Plasmon.

Gli anni del nostro incanto è il ritratto di una famiglia che abbandona la periferia e si trasferisce a Milano “per vivere all’altezza degli anni alti!”, frase chiave di tutto il romanzo di Lupo. La Milano di cui si parla è la società dai primi anni sessanta, attraverso il boom economico, e gli anni di piombo, fino alla vittoria della nazionale italiana ai mondiali di Spagna, e tutte le nuove creazioni.

La protagonista narra passo per passo tutta la sua infanzia, alla madre malata, che da un giorno all’altro ha perso la memoria e fissa sempre una fotografia, che qualcuno scatta una foto a loro insaputa nei anni di benessere e scoperte.

La figlia per non perdere la speranze, si affida al potere che le emozioni del passato hanno lasciato nel suo cuore, tentando di aiutare sua madre a ricordare.

Ogni capitolo sarà un evento del passato, in cui la ragazza ci porterà con lei nella sua infanzia: i sogni e l’auto tanto desiderata da suo padre, la cucina Salvarani tanto valuta dalla mamma, suo fratello taciturno e la sua scelta di andare in seminario, la fuga di sua fratello, la morte di suo padre, il pesto della domenica.

Tutti ricordi che danno la forza di combattere la malattia della madre, che sembra non voler neppure collaborare, come se aiutasse la matti a tenere  i ricordi lontani.

La ragazza si sente sola e stanca, e si le manca l’appoggio di suo fratello, che non si è fatto più vivo, e lei, ancora una volta ha tutto sulle sue spalle.

Un romanzo forte e pieno di nostalgia, scritto con la  giusta malinconia e veracità, con uno stile scorrevole e e una linguaggio limpido, semplice.

Lo consiglio vivamente.

Sicuramente sarà nei libri da rileggere!

Maria Capasso