La siccità di questo ultimo periodo, la peggiore degli ultimi 500 anni, è stata una vera e propria sciagura. Fiumi ritirati, laghi prosciugati, campi aridi e privi di vita. Ma da questa enorme calamità l’uomo ha ritrovato tracce del suo passato, aggiungendo ulteriori tasselli all’incredibile storia dell’umanità.

La siccità di questa estate per l’Italia e il resto del mondo è stata un flagello che ha messo in ginocchio intere comunità sia dal punto di vista sociale sia dal punto di vista economico.

Eppure dobbiamo dare atto al detto che dice: “Non tutte le disgrazie vengono per nuocere” che forse un fondo di verità lo ha.

La grave siccità ha fatto sì che interi bacini lacustri e fluviali perdessero in maniera massiccia le loro riserve idriche. Questo ha dato modo a tutto ciò che essi conservavano sul fondo di riemergere e mostrarsi alla gente, facendo così la gioia di archeologi e paleontologi.

In Italia il fiume Po è stato uno dei maggiori protagonisti.

L’abbassamento della portata del Po ha fatto riemergere resti che vanno dalla Seconda guerra mondiale al periodo medievale.

Dal fiume è ricomparso un semicingolato di fabbricazione tedesca, un carro armato piuttosto imponente, che era stato completamente sommerso dalla sabbia del fiume. Ora è di nuovo visibile e pronto per riprendere il suo posto nella storia del nostro recente passato.

Vicino Vercelli, sono riemersi resti di un ponte di epoca medievale, così come elementi di epoca romana. Non mancano poi avvistamenti di resti di animali, che ci restituiscono uno spaccato di come doveva presentarsi la zona nel periodo preistorico se non prima.

Altri fiumi italiani sono stati oggetto di riscoperte.

Il fiume Oglio, a Isola Dovarese (Cremona), ha riconsegnato praticamente intatte due piroghe medievali, imbarcazioni monossili ricavate da un unico tronco d’albero scavato. Una delle due ha una lunghezza di 11,50 metri ed è molto interessante perché all’interno sono state rinvenute una serie di costolature di rinforzo che sino a oggi erano poco attestate.

Anche a Piadena (Cremona) e ad Acquanegra sul Chiese (Mantova) sono state rinvenute imbarcazioni monossili. In questo caso l’abbassamento dell’acqua non è stato tale da dover impiegare immediatamente soluzioni per la messa in sicurezza del sito.

Perché l’euforia di un ritrovamento è sempre accompagnata da qualche timore da parte degli studiosi che devono mettere in sicurezza i reperti riemersi dagli agenti atmosferici o dai non addetti ai lavori.

Il complesso rinvenuto nel comune di Calvatone (Cremona), da questo punto di vista, è stato più complesso da gestire, proprio per l’ampiezza e la cospicuità di ciò che è emerso dalle acque. 

Qui sono tornate a fare capolino una serie di palificazioni e un’ingente quantità di ceramica. La soprintendenza si è subito attivata per proteggere il sito. Lo ha fatto con l’ausilio delle amministrazioni locali e il controllo di privati cittadini, che si sono messi a disposizione per questi beni comuni.

I pali sono posizionati a comporre una piattaforma quadrangolare posta al centro del fiume e collegata alla riva da due pontili, vicino ai quali si è scoperta un’imbarcazione a fasciame.

La presenza di questo tipo di struttura era già nota. Ma non era stato possibile sino a ora poter vedere e studiare da vicino il sito, datato tra l’età del Bronzo antico finale e il periodo centrale del Bronzo medio. Ora sarà possibile effettuare analisi dendrocronologiche sui pali e utilizzare il C14 per meglio datare e comprendere il contesto ritrovato.

Ma il fenomeno della siccità non ha interessato solo il nostro Paese, molti sono i resti riaffiorati in giro per l’Europa e non solo.

Il Reno e l’Elba, in Germania, hanno restituito le così dette pietre della fame (Hungersteine, in tedesco). La più antica ritrovata risale al 1600. Pietre sulle quali nelle epoche passate gli uomini hanno inciso i diversi disastri climatici, come anche le conseguenze di tali disastri, primo fra tutti la carestia.

In Spagna, dal fiume Tago, è riemerso un complesso megalitico di 150 pietre in granito. Esse sono posizionate in verticale atte a formare una sorta di cerchio. Il Dolmen di Guadalperal è definito anche lo Stonehenge spagnolo e si ritiene risalga al 5.000 avanti Cristo.

Questo monumento era stato scoperto già nel lontano 1926. Ma per un progetto di sviluppo rurale voluto dal regime di Franco, la zona venne riqualificata a bacino idrico. Ora la siccità lo ha portato di nuovo alla luce, pronto per essere studiato e visitato.

In Iraq, sulle sponde del Tigri, è stata rinvenuta la leggendaria città di Zakhiku. Essa faceva parte del mitico impero Mitanni e risale a oltre 3400 anni fa.

Anche questo sito era già noto agli archeologi. La devastante siccità di questo ultimo periodo ha fatto riaffiorare una maggior quantità di resti dell’area. Questo ha dato la possibilità ai numerosi studiosi di poter approfondire meglio la storia, le vicende e l’importanza di Zakhiku.

La siccità non ha solo svuotato gli alvei dei fiumi e dei laghi, ma ha reso anche molto arida e secca la terra.

Questo fenomeno ha fatto riaffiorare, in questo caso dal terreno, impronte di abitazioni, di siepi, che attraverso le foto aeree hanno ridato vita ad antichi paesaggi, che erano stati completamente sepolti dalle nuove strutture e composizioni paesaggistiche. Un esempio è il parco di Lydiard, a Swindon (sud-ovest dell’Inghilterra), con l’ausilio delle foto aeree è stato possibile ricostruire la composizione del parco risalente a 250 anni fa.

L’aumento delle temperature, nelle zone più a nord dell’Europa, ha causato lo scioglimento dei ghiacci.

In Norvegia in un ghiacciaio è stata trovata una tunica di lana risalente all’Età del Ferro, un sandalo di foggia romana e una freccia di 1.300 anni fa.

Non possiamo sperare che i cambiamenti climatici proseguano, ma allo stesso tempo non si può non restare affascinati dal vedere riapparire come per magia luoghi, situazioni come fossimo inghiottiti da una gigantesca e immaginifica macchina del tempo.