Oggi vi parleremo di una pietra preziosa a tutto tondo, considerata la “Regina delle gemme”, sua Maestà il diamante.

Il diamante è considerato da millenni la gemma più preziosa. È una pietra di una purezza tale da essere totalmente priva di colore, trasparente come l’acqua. Ha il potere di riflettere la luce a tal punto che brilla di mille minuscole sfaccettature piene di colori luminosissimi.

Kautilya, l’Omero sanscrita, nel suo testo di “economia politica” Arthasastra, circa 6000 anni fa parlava del commercio dei diamanti –

Per esattezza, è bene dire che non tutti i diamanti sono trasparenti. Alcuni possono avere delle colorazioni che dal giallo pallido giungono fino al marrone. Varie sfumature di blu che vanno fino al violetto, sfumature di verde, arancio, rosa, diamanti neri e rarissimi (introvabili) diamanti rossi.

Il diamante è la pietra più dura esistente al mondo. Considerate che può essere graffiato soltanto da un altro diamante e rimane luminoso e brillante per secoli, proprio per questo, si può indossare sempre ed è una delle gemme più adoperate per la creazione di gioielli.

Molte persone non sanno che il diamante non è un brillante anche se così viene comunemente chiamato. Diamante e brillante non sono la stessa cosa. Il diamante è una gemma, come già detto, la più bella e preziosa. Il brillante è il taglio della pietra di forma rotonda, pertanto, se possedete un diamante di taglio ovale, a marquise, a navette, a goccia o di altra forma che non sia tonda, non è un brillante, ma è sempre un diamante!

Il nome di questa gemma deriva dal greco adamas e significa invincibile.

La magia di questa gemma deriva dal fatto che per vederlo in tutta la sua brillantezza bisogna che si realizzi  una vera e propria opera alchemica. Un diamante è carbonio puro, quindi in origine è nero, per diventare un diamante deve subire una cristallizzazione a una pressione e una temperatura che oscillano, rispettivamente, fra i 25 e i 70 mila chili e tra i 1500 e i 2000 gradi. Tutto questo avviene a circa 200 km sotto il mantello terrestre; non è ancora del tutto chiaro come ciò avvenga, ma l’attività dei vulcani potrebbe avere un ruolo in questo processo.

Una leggenda narra che un giorno, il dio delle miniere, unì insieme tutte le pietre preziose che possedeva creando una gemma pura e trasparente che esposta alla luce, rivela tutti i colori delle pietre di cui è composta.

Un’altra leggenda racconta che nel diamante vivrebbe un genio che fugge dalla sua “dimora” se questa diventa oggetto di compravendita. Mentre se sono riconosciute le sue virtù e i suoi poteri, il genio resta nella sua dimora donandoli a chi indossa la gemma; per questo motivo se un diamante ci viene donato da chi ci ama sarà portatore d’amore, se ci giunge come compenso per il nostro lavoro o per nostri meriti sarà veicolo di ricchezza e successo e così via.

Nell’antichità si credeva che mettersi sul braccio o al dito della mano sinistra, un diamante incastonato nell’oro avrebbe portato: fortuna, amore, salute, ricchezza, potere, vittoria in battaglia, protezione dai veleni, dai sortilegi e perfino dalla mala sorte.

Infine, recarsi in preghiera o dedicarsi al culto di una divinità portando questa gemma addosso, faceva guadagnare il favore della divinità. E si poteva perfino raggiungere uno stato di conoscenza superiore, un risveglio e una trasmutazione dell’anima, insomma si poteva arrivare a quell’illuminazione che congiunge l’uomo alla divinità.

Questo nei tempi antichi ma anche oggi, la cristalloterapia, ritiene il diamante un canale di trasformazione delle energie e delle emozioni di chi lo indossa. Tant’è che si sconsiglia di portarlo quando si attraversano periodi di confusione sentimentale o di conflitti amorosi.

È considerato il cristallo purificatore per eccellenza adatto anche alla guarigione di alcuni organi del corpo perché stimolerebbe l’attività degli organi escretori. Riallineando gli squilibri fra corpo e anima grazie all’eliminazione di materiale fisico ed emotivo che deve essere abbandonato per giungere a una trasformazione.

Idoneo a conoscere meglio se stessi (strada verso l’illuminazione), farebbe da guida verso i cambiamenti. E sarebbe benefico anche per il cervello e il sistema nervoso in generale.

Insomma, il diamante con la sua luce è il veicolo di calore e illuminazione per eccellenza. Con buona pace di Prometeo che rubò agli dei il fuoco per donarlo agli uomini per scaldarli e illuminarli; ma non solo il fuoco, egli rubò, anche un prezioso rubino… ma questa è un’altra storia che vi racconterò un’altra volta!

Gli antichi greci ritenevano che i diamanti, anche quelli grezzi, fossero frammenti di stelle cadute dal cielo in tempi immemorabili, e anche che fossero le lacrime degli dei.

Nella Roma antica i diamanti godettero di una altissima fama. Tra tutte quella che considerava i diamanti dei potenti talismani contro qualunque maleficio e credevano anche che i diamanti potessero rendere invisibili.

Nelle fiabe medievali questa credenza dell’invisibilità fu rafforzata dai richiami simbolici che descrivono diademi tempestati di diamanti, indossati da maghi, streghe e fate fra le quali anche la bellissima fata Melusina.

Nelle favole il diamante fa fare alla gente ciò che vuole colui o colei che lo possiede ed è la pietra che Illumina il cammino.

Nel Rinascimento, Benvenuto Cellini nella sua autobiografia esprime il sospetto di avvelenamento con polvere di diamante dal suo nemico Durante Duranti. In seguito cardinale e vescovo di Brescia. Quello di sbarazzarsi con veleni e polvere di diamanti era un sistema molto usato dai Papi per sbarazzarsi dei loro nemici.

Anche Leonardo credeva nelle proprietà magiche dei diamanti. Seguendo le indicazioni dei lapidari della sua epoca confidava nel fatto che portare al dito un diamante portasse alla vittoria sui nemici.

Sempre nel Rinascimento nacque la tradizione di regalare un diamante alla propria fidanzata. L’imperatore Massimiliano d’Asburgo donò alla sua promessa sposa, Maria di Borgogna, un anello con un diamante montato in oro. Lo possiamo vedere all’anulare della sua mano destra nel ritratto dipinto dal “Maestro di Maria di Borgogna”.

Maria di Borgogna fu la prima donna a ricevere un diamante in regalo perché nel Rinascimento era proibito alle donne di ornarsi con questa gemma.

La simbologia del diamante nelle carte dei tarocchi è piuttosto complessa. È legata all’ottavo arcano maggiore quello della Giustizia raffigurata da una donna con una corona in testa tempestata con diamanti a simboleggiare una giustizia salda, forte e luminosa.

In astrologia l’ottavo arcano dei tarocchi è legato al segno zodiacale della bilancia, segno d’aria governato da Venere la cui gemma è proprio il diamante.

Tornando ai tempi moderni vediamo come si determina il valore di questa preziosa gemma con le 4 C che altro non sono che le iniziali in lingua inglese delle parole: colour (colore), clarity (purezza), cut (taglio) e carat (caratura, cioè peso). Il carato indica l’unità di misura delle gemme e dei metalli nobili.

Dall’arabo qīrāṭ e dal greco kerátion: grano di carrubo, o piccolo peso, il nome richiama il frutto dell’albero del carrubo. I baccelli di questi frutti contengono dei semi che hanno una dimensione e un peso costanti pari 1/5 di grammo. Questo sistema di misura dei preziosi risale al Medioevo. È però definito con maggior precisione nel 1832 in Sudafrica che nei tempi moderni è il paese con la maggior produzione di diamanti al mondo.

Nei tempi più antichi i preziosissimi diamanti venivano dall‘India. Per secoli fino alla metà dell’Ottocento una famosa città dell’India meridionale fu il principale centro di produzione e vendita dei diamanti. Tanto che in Europa nei secoli scorsi il suo nome, Golconda, divenne sinonimo di ricchezza; nelle miniere nei pressi di questa città furono ritrovati diamanti fra più importanti del mondo. Questi spesso portano con se la loro storia, a volte le loro maledizioni o la buona fortuna, dipende dal genio dei diamanti che vi dimora.

La storia e le leggende di alcuni fra i più famosi diamanti del mondo.
Il diamante “Koh-i noor” conosciuto fin dal 1304 è una pietra dal taglio ovale dal peso di 105,60 carati, il suo nome significa “montagna di luce”.

La sua storia è intrisa di leggende e racconti di assassinii, menzogne, torture, falsità di ogni sorta e di impareggiabili esempi dell’avidità umana la narrazione delle quali, inizia in India, dove fu trovato in una miniera nei pressi di Golconda.  

La leggenda vuole che la maledizione di morte o della perdita del loro regno colpisca tutti i sovrani maschi in possesso di questa gemma; al contrario se a possederla è una donna questa sarebbe molto fortunata ma soprattutto avrebbe avuto lunga vita.

Questa leggenda ha una base storica che narra la morte o la perdita del regno di tutti i sovrani maschi che possedettero la gemma.

La storia di questa pietra trova le prime testimonianze nell’opera Baburnàma nella quale si riporta la storia del Moghul Bàbur, pronipote di Gengis Khan, che entrò in possesso del diamante come bottino di guerra ma morì in breve tempo.

Attraverso morti e battaglie sanguinarie il diamante passò da un sovrano all’altro. Giunse anche in Afghanistan dove fu in possesso della stessa famiglia che per decenni fu sconvolta da guerre intestine, complotti e conflitti. Finché, nel 1810, non tornò in India alla corte dell’imperatore del Punjab, dove rimase fino al 1849 l’anno in cui l’India fu annessa all’impero britannico.

Il diamante posseduto dal tredicenne sovrano Dulip Singh fu ceduto insieme a tutto il suo tesoro alla regina Vittoria. Alla quale, fu lo stesso sovrano bambino a presentare la magnifica gemma, poi inviata in Inghilterra tramite Sir John Lawrence, che affrontò un rocambolesco viaggio. Durante il quale, rischiò di perdere la preziosissima gemma e soltanto il 3 luglio 1850 riuscì a consegnarla direttamente nella mani della regina Vittoria.

Due anni dopo, il principe Albert convinto che la preziosa gemma non fosse abbastanza brillante decise che dovesse essere tagliata meglio.

Per il taglio della pietra fu costruita appositamente un macchinario a vapore. E, sotto le mani esperte dell’israelita olandese Mozer Coster e l’attenta sorveglianza del principe Alberto in persona, la gemma fu tagliata a forma ovale. Costò circa 8000 sterline.

La regina Vittoria l’anno successivo, il 1853 fece incastonare il diamante su una tiara insieme ad altri 2.000 diamanti; nel 1911 re Giorgio V in occasione dell’incoronazione di sua moglie queen Mary fece incastonare la gemma su una corona in platino composta soltanto da diamanti; il Kho-i Noor successivamente è stato montato sulla corona reale che indossa la regina Elisabetta.

Indubbiamente queste meravigliose regine hanno avuto e hanno una vita lunghissima. Il che ci porta a nutrire una certa apprensione per il regno dei Windsor. E per la vita di Charles che come erede al trono non potrà ne indossare ne possedere il Kho-i Noor. Siccome non potrà incoronare Camilla regina, aggirando il problema come fece Giorgio V con Queen Mary, come farà a sfuggire alla maledizione del diamante?

Come si suol dire “chi vivrà vedrà” nel frattempo, gli inglesi custodiscono nella Torre di Londra, fra i gioielli della Corona britannica, questa superba gemma

Il diamante “del fabbricante di cucchiai” ha la forma di goccia, un peso di 86 carati, ma le sue dimensioni fanno pensare che il suo vero peso sia di 186 carati, sembra infatti che nel corso del tempo il peso ufficiale sia stato trascritto con un errore: 86 al posto di 186.

Conosciuto anche come diamante “Topkapi” è considerato il quinto diamante più grande al mondo. Questa splendida gemma è incastonata come un pendente circondato da 49 diamanti ovviamente più piccoli.

Anche questa pietra porta con se leggende e storie che si narrano in una serie di intrecci che rendono difficile discernere la verità dalla fantasia.

Sulle vere origini sappiamo davvero poco, Abdur Rasid Ibrahimov storico ufficiale della corte Ottomana che nel 1910 fu anche uno dei fondatori della “Rivista Storica Ottomana”, sostiene che il diamante fu ritrovato nel 1669 in una discarica di Istanbul, da un mendicante il quale, credendolo un bel pezzo di vetro provò a venderlo senza riuscirci e alla fine lo scambiò con un artigiano che gli diede in cambio tre cucchiai di legno: Furbo l’artigiano direte voi, nemmeno tanto in realtà perché a sua volta lo vendette a un orafo per la modesta cifra di dieci monete d’argento.

La storia di questa gemma ha degli intrecci davvero fantasiosi, fra i suoi proprietari si annoverano: alcuni Pascià, un ufficiale francese di nome Pigot, il nostro Giacomo Casanova, il Maharajah di Madras e Maria Letizia Ramolino la madre di Napoleone Bonaparte.

L’ufficiale Pigot avrebbe portato il diamante in Francia, dove la gemma fu rubata e comprata qualche anno dopo da Giacomo Casanova in un’asta, da questi, nel 1774 passò nelle mani del Maharajah di Madras e infine in quelle di Maria Letizia Ramolino la quale, fu costretta a venderlo per pagare la fuga dall’Isola d’Elba del figlio in esilio, evasione che riuscì nel 1815.

Molti anni dopo pare che questa grande gemma fu rivenduta e acquistata per 150.000 pezzi d’oro da un ufficiale Ottomano su incarico del Pascià Telepeni. Facendo così ritorno a casa.

Oggi chi vuole ammirare questa gemma la vedrà montata in argento contornata da due file composte da 49 diamanti di taglio vecchio. Questa montatura, secondo alcune fonti simboleggia la luna piena circondata delle stelle.

Non sappiamo se questa montatura fu realizzata per volontà dal Pascià Telepeni o del sultano Muahmad II. Il quale, dopo la morte in battaglia del Pascià portò il diamante, insieme all’intero tesoro del Pascià, nel suo palazzo:

In realtà non sappiamo se la gemma sia proprio quella di Pigot e Casanova. Poiché soltanto le importanti dimensioni fanno propendere per questa ipotesi, comunque sia, il diamante oggi è custodito in esposizione nel museo Palazzo Topkapi a Istanbul.

Il diamante Orlov dal non trascurabile peso di 195 carati, e il diamante Gran Mogol dal notevole peso di 280 carati sono due gemme le cui fantastiche storie secondo molti si intrecciano e confondono.

L’origine incerta della fantastica storia dell’Orlov è velata dal mito, oggetto di un furto sacrilego, i possessori di questo diamante vennero colpiti da una maledizione. Scoperto in una miniera di Golconda in tempi antichi, il diamante era talmente bello da essere incastonato in uno degli occhi della divinità indù Brahmā nella città di Pondicherry da cui fu rubato da un disertore dell’esercito francese; alla stregua di un’ Indiana Jones ante litteram costui, con il preciso intento di rubare la preziosa gemma, fingendo di convertirsi all’induismo, ottenne la fiducia dei monaci finché un giorno dell’anno 1747 riuscì a rubarla, fuggendo subito dopo e una volta approdato a Madras, vendette la gemma a un capitano del regio esercito britannico.  

La storia che lega il diamante Orlov al diamante Gran Mogol pare sia un equivoco derivante dal cinema dovuto al film “Il diamante dello Zar” del 1927.

Una commedia comica e brillante che narra la storia d’amore di due giovani russi e del furto di un diamante appartenuto allo zar. All’epoca secondo gli storici, i due diamanti, sovrapposti dalla fantasia del pubblico, divennero un unico diamante.

La vera storia invece dice che il diamante Orlov prende il nome dal suo proprietario il conte Grigorij Orlov che lo acquistò ad Amsterdam da un mercante armeno, per farne dono all’imperatrice di Russia Caterina di cui era innamorato; con lei ebbe anche un figlio illegittimo e la loro relazione contribuì alla detronizzazione del marito dell’imperatrice.

Il diamante incastonato nel 1784 nella parte superiore dello scettro imperiale, è un incredibile capolavoro d’arte orafa russa che vede lo scettro ornato anche da otto anelli con diamanti da trenta carati e da altri quindici anelli da quattordici carati. Oggi è esposto a Mosca nel museo del Cremlino.

La storia del Gran Mogol, scoperto intorno al 1550 in India, e il suo peso grezzo era di poco meno di 800 carati.  

In base ai racconti del famoso gioielliere francese Tavernier che fu un profondo conoscitore dei tesori  medio orientali, sappiamo che il diamante fra la fine del seicento per volontà dell’allora imperatore indiano fu tagliato da un tagliatore di pietre veneziano che lo taglio “a rosa” con una forma emisferica ma riducendone il peso a 280 carati. Questo taglio così drastico fece infuriare l’imperatore che condannò alla fustigazione il veneziano e gli comminò una multa che lo rovinò.

Il diamante rimase in India nel tesoro imperiale fino alla caduta di Delhi nel 1739. Secondo alcuni storici tracce di questo diamante si trovavano nel tesoro dello Scià di Persia con il nome di Riai-Noor. Secondo altri riducendone le dimensioni, lo hanno reso irriconoscibile. In conclusione, il Gran Mogol è perduto!

Angela Arcuri