Quasi tutte le persone quando sentono parlare di “alchimisti”, immaginano dei maghi con il cappello a punta e un lungo mantello che, a luce di candela, creavano pozioni magiche ed erano capaci di trasformare gli oggetti in oro. La figura dell’alchimista è una figura leggendaria che, sin dal Medioevo, rinchiusa nella propria stanza, lavorava a esperimenti che oggi riconduciamo ai moderni chimici.
In fondo, gli alchimisti erano i trisavoli di coloro che oggi armeggiano con provette e macchinari strani per creare nuove sostanze. A questo punto, vi starete sicuramente chiedendo che cosa c’entrano costoro con i nostri “affezionati” clienti. E io sono qui per dimostrarvi che un “legame” sia in senso concreto che metaforico esiste eccome.
I clienti sono esseri strani che andrebbero studiati insieme agli alieni nella fantomatica Area 51 per capire quale sia lo scopo che li spinga a rendere la vita impossibile ai poveri commessi che, più che lavorare in un negozio, hanno la sensazione di partecipare a un concorso a quiz, tipo il Trivial, dove la loro intelligenza viene messa a dura prova.
Alcuni clienti scambiano i negozi per vere e proprie industrie dove è possibile creare oggetti secondo le richieste; solo che nei negozi ci finiscono i prodotti finiti e, per lo più, sono oggetti comuni, particolari a volte, ma pur sempre comuni. Ecco perché, davanti a determinate richieste, al povero commesso di turno sovviene il dubbio che forse sta partecipando, a sua insaputa ad una candid camera, a qualche documentario sulla società moderna o è, semplicemente, vittima di uno scherzo. Certe richieste fatte dai clienti meriterebbero la resurrezione di una schiera di alchimisti e chimici per cercare di capire cosa effettivamente viene richiesto: oggetti con caratteristiche mai viste prima o sentite, così surreali che il povero commesso sente il suo cervello andare in offline per l’assurdità della richiesta. È vero che i cinesi sono quelli che creano oggetti che pensavamo non potessero esistere ma, vi assicuro, che anche loro potrebbero andare in netta difficoltà dopo aver ascoltato cosa cercano alcuni dei nostri affezionati clienti.
Ma ecco un paio di esempi:
- Cliente: “Buongiorno! Avrei bisogno di un paio di scarpe da uomo.”
Io: “Certo! Di che tipo di scarpe avete bisogno?”
Cliente: “Allora, io devo fare un corso di tango, quindi sto cercando un paio di scarpe da tango, ma che devono assomigliare a quelle del bowling, con una suola sottile ma antiscivolo. Dovrebbero avere i lacci ma mi hanno detto che non sono importanti e per questo le preferirei a strappo.”
Giuro che il mio cervello si è fermato al bowling. Guardo il cliente sperando che sia uno scherzo perché non ho la più pallida idea se l’esser umano abbia davvero pensato a creare nel mondo una scarpa di questo tipo.
Cliente: “Allora mi fa vedere qualcosa?”
Io non so davvero che dire anche perché vendiamo scarpe assolutamente normali. Mi giro e guardo lo sgabuzzino pensando che sarebbe un’idea interessante trasformarlo in un piccolo laboratorio di Dexter. Chissà che un giorno non riusciamo a soddisfare qualcuna di queste strambe richieste.
Io: “Mi spiace ma credo che non abbiano ancora creato un modello del genere”.
Cliente: “Ma come? Ma voi non vendevate tutto? Possibile che non abbiate una scarpa per un corso di tango?”.
Io: “Una scarpa per il tango potremmo anche averla con tutte le altre opzioni no! È questo il problema.”
Cliente: “Ho fatto una richiesta semplicissima, ma va bene lo stesso. Arrivederci!”
- Io: “Signora buongiorno! Ha bisogno di una mano?”
Mi sono avvicinata perché una signora sta analizzando ogni singola scarpa da donna che abbiamo in negozio.
Cliente: “Avete solo queste scarpe?”
Abbiamo più scarpe noi che “Pittarosso” del Centro commerciale Campania, però, ed è una cosa che ho imparato nel tempo, per la clientela non è mai abbastanza.
Io: “Sì, abbiamo solo quello che vede. Ma sta cercando qualcosa in particolare?”
Cliente: “Sì! In effetti devo andare a un evento e vorrei delle scarpe eleganti ma anche sportive, tipo un modello da ginnastica ma non proprio con un tacco non troppo alto ma neanche troppo basso, che siano adatte sia per il giorno e sia per la notte. Ah, per tacco non intendo la zeppa, ma proprio il classico tacco.”
Io: “…”
Il resto lo potete immaginare. E con questo calo il sipario!
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