Eccoci arrivati alla terza ed ultima tappa del nostro viaggio alla scoperta del lato oscuro che si cela dietro le magiche atmosfere dei classici Disney.

Nell’articolo precedente ci eravamo focalizzati sul lato nascosto e oscuro delle opere e delle fiabe che hanno ispirato la Disney per la realizzazione de Le avventure di Peter Pan, La bella addormentata nel bosco e La sirenetta.

In questo ultimo articolo andremo a gettare luce sul lato oscuro di altri tre classici Disney molto amati.

La bella e la bestia (1991)

La bella e la bestia è il terzo film del cosiddetto Rinascimento Disney, quel periodo che va dal 1989 al 1999 in cui i Walt Disney Animation Studios tornarono alla ribalta nell’industria cinematografica.

Questo 30° classico Disney è basato sull’omonima fiaba del 1756 scritta da Jeanne-Marie Leprince de Beaumont. Quest’ultima è una scrittrice francese, autrice di molti racconti diventati classici della letteratura per l’infanzia.

Come la maggior parte delle fiabe europee, anche La bella e la bestia possiede numerose varianti e, infatti, quella di Madame de Beaumont altro che non è che quella più popolare.

La prima versione edita della fiaba è quella scritta da Madame Gabrielle-Suzanne Barbot de Villeneuve nel 1740.

Tuttavia, secondo alcune fonti, le origini della fiaba si potrebbero addirittura rintracciare nella storia di Amore e Psiche contenuta all’interno de L’asino d’oro di Apuleio.

Il classico Disney riprende abbastanza fedelmente la fiaba di Madame de Beaumont, anche se elimina i personaggi delle due sorelle malvagie di Belle. Queste, alla fine della fiaba, vengono trasformate in statue in modo da assistere alla felicità della sorella finché non si fossero pentite della loro cattiveria.

Belle: amore vero o sindrome di Stoccolma?

Tra le varie possibili interpretazioni della fiaba e dello stesso classico Disney, è presente quella secondo la quale il personaggio di Belle soffra della cosiddetta sindrome di Stoccolma.

I tratti fondamentali che caratterizzano questa sindrome sono un sentimento di attaccamento e di dipendenza affettiva di una vittima di sequestro e/o rapimento nei confronti del proprio carnefice.

Analizzando bene la fiaba e il classico Disney, notiamo infatti che Belle – diventando prigioniera della Bestia per salvare suo padre – inizia piano piano ad innamorarsi del mostro tornando di sua spontanea volontà da lui dopo un breve periodo di lontananza.

Secondo un’altra lettura, Belle si immedesimerebbe con il suo “rapitore” proprio perché, come lui, si sente un’esclusa. La Bestia vive da sola nel suo palazzo estraniandosi da tutto e da tutti, mentre Belle – proprio perché colta, intelligente, umile e semplice – viene vista come un’“anomalia” all’interno del suo stesso villaggio. E sembra proprio che durante la convivenza “forzata” con la Bestia possa finalmente essere se stessa senza venire continuamente denigrata e giudicata.

Ovviamente, questo tipo di interpretazioni psicopatologiche delle fiabe e dei classici Disney non pretendono di essere universalmente riconosciute e condivise, ma è comunque molto interessante vedere le cose da un’altra prospettiva.

Una storia vera?

In periodi recenti, è stata avanzata l’ipotesi da parte di alcuni studiosi che la storia de La bella e la bestia abbia preso spunto da fatti realmente accaduti.

Si tratterebbe della vicenda di Petrus Gonsalvus, un nobile spagnolo del XVI secolo affetto da ipertricosi. Si tratta di una malattia che comporta un aumento anomalo della pelosità in tutte le parti del corpo, volto compreso. Proprio per questa sua condizione venne soprannominato “l’uomo dei boschi”.

Nato a Tenerife nel 1537, a dieci anni fu portato in Francia alla corte di Enrico II di Valois dove rimase per quarantaquattro anni.

Uomo molto intelligente e stimato da tutti, nel 1573 sposò la bellissima Catherine, damigella della regina di Francia Caterina de’ Medici.

Il matrimonio tra la “bestia” Petrus e la bella Catherine è considerato l’evento “scatenante” che ha ispirato la fiaba de La bella e la bestia.   

Pocahontas (1995)

Il classico Disney Pocahontas non è tratto da una fiaba o da un’opera letteraria ma si ispira a vicende reali. Vicende che hanno riservato un destino brutale e crudele alla nostra Pocahontas.

Pocahontas era una nativa americana della tribù Powhatan. Quando nel 1607 arrivarono in Virginia i coloni inglesi, tra di loro vi era John Smith. Nel lungometraggio Disney, egli si innamorerà della bella Pocahontas, ricambiato. Tuttavia, Pocahontas durante il suo primo incontro con John Smith aveva tra i 10 e i 12 anni.

Nonostante la sua giovane età impedì che la sua tribù lo uccidesse. Mettendo a rischio la sua vita per salvare quella di un uomo bianco, Pocahontas si guadagnò il rispetto della sua gente e dei coloni inglesi.

Ma a diciassette anni Pocahontas fu catturata dagli inglesi e trattenuta per il riscatto. Venne in seguito convertita al cristianesimo, battezzata con il nome di Rebecca e data in sposa a un coltivatore di tabacco inglese di nome John Rolfe.

Nel 1615 Pocahontas arrivò in Inghilterra e venne presentata al pubblico come simbolo della “Virginia selvaggia” ormai domata.

Due anni dopo, nel 1617, Pocahontas e il marito si imbarcarono di nuovo per la Virginia. Ma Pocahontas si ammalò e morì. Si pensa che avesse all’incirca tra i 21 e i 22 anni.

Per quanto riguarda le cause della sua morte, resoconti storici inglesi hanno ipotizzato che si trattasse di polmonite, tubercolosi o addirittura vaiolo.

Ma non è così scontato che la sua morte sia avvenuta per cause naturali.

Infatti, si pensa che durante il tempo trascorso in Inghilterra Pocahontas fosse venuta a conoscenza delle intenzioni da parte degli inglesi di cancellare le tribù native americane e di prendere le loro terre con la forza.

Per paura che rivelasse le loro strategie politiche, il suo omicidio è stato rapidamente pianificato e messo in atto, avvelenata prima che potesse arrivare a casa e riferire ciò che aveva saputo.

Il gobbo di Notre-Dame (1996)

Il gobbo di Notre-Dame è basato sul romanzo di Victor Hugo Notre-Dame de Paris (1831). Si tratta di un romanzo molto complesso, oscuro, con forti rimandi all’alchimia, all’esoterismo e all’ineluttabilità e alla tragicità del fato che si abbatte senza pietà sui personaggi.

Il lungometraggio Disney non è, però, da meno. Infatti, Il gobbo di Notre-Dame è considerato uno dei classici Disney più cupi, in quanto esplora temi quali l’infanticidio, la lussuria, la dannazione, il genocidio e il peccato.

Nel romanzo di Hugo, l’Arcidiacono Frollo non tenta di uccidere il bambino deforme come nel film Disney, ma lo salva e lo adotta, battezzandolo Quasimodo.

Il nome “Quasimodo” ha un doppio significato. Da un lato rimanda al fatto che il bambino assomigliava in “quasi” “modo” a un essere umano, dall’altro perché fu abbandonato nella domenica quasimodo, la prima domenica dopo Pasqua.

Sia nel romanzo che nel film Disney tutta la trama ruota attorno all’ossessione di Frollo nei confronti della zingara Esmeralda.

È presente anche il personaggio di Febo. Se nel lungometraggio Disney egli viene rappresentato in modo molto positivo, nel romanzo è tutto il contrario. È un belloccio al quale interessa solo fare carriera, essere schifosamente ricco e usare le donne solo per soddisfare i suoi istinti più bassi.

Inutile dire che questo romanzo non è un romanzo a lieto fine. Quasimodo si macchia del reato di omicidio: è lui, infatti, a scaraventare Frollo dalla balaustra di Notre-Dame.

E Quasimodo, proprio per la tirannia del fato, non riesce ad arrivare in tempo per salvare Esmeralda, la quale viene impiccata e gettata a marcire in una fossa comune.

Quasimodo, allora, raggiunge il cadavere di Esmeralda nella fossa, si stende a terra e la abbraccia, lasciandosi morire.

Nessun eroe viene acclamato dalla folla di Parigi, nessun trionfo. Solo due scheletri in un eterno abbraccio.

Uno dei due scheletri, che era di donna, aveva ancora qualche brandello di veste di una stoffa che era stata bianca […] L’altro, che teneva il primo strettamente abbracciato, era uno scheletro d’uomo. Si notò che […] non presentava […] alcuna frattura vertebrale alla nuca, ed era evidente che non era stato impiccato. L’uomo al quale era appartenuto quello scheletro era dunque venuto in quel luogo, e lì era morto. Quando si volle staccarlo dallo scheletro che stringeva, andò in polvere.

Fonti

Il lato oscuro delle favole: i veri finali prima della Disney

Belle e la sindrome di Stoccolma