
Cosa succede quando Jane Austen, Shakespeare o Omero tornano in libreria in abiti moderni? Pregi e difetti dei romanzi che reinterpretano i classici.
Classici reinventati. I libri che riscrivono le grandi storie. Negli ultimi anni, romanzi ispirati ai grandi classici della letteratura stanno diventando sempre più presenti nel panorama editoriale. Autori contemporanei prendono in prestito trame, personaggi o temi da opere celebri, da Jane Eyre a Dracula, da Orgoglio e pregiudizio a 1984, per rielaborarli in chiave moderna, alternativa o sperimentale.
Si tratta di una vera e propria tendenza che mescola nostalgia e innovazione, ma che solleva anche interrogativi sul senso e il valore di queste riscritture. Scrivere classici reinventati, quindi, non solo è possibile ma può dare vita ad una vera novità letteraria.
I vantaggi: accessibilità, dialogo culturale e nuovi significati.
I testi classici, spesso percepiti come difficili o lontani, vengono riscoperti grazie a versioni più attuali. Un romanzo ispirato a Cime tempestose o Madame Bovary può fungere da porta d’ingresso verso l’opera originale. Autori e lettori si confrontano con idee, valori e modelli di un’altra epoca, rileggendoli alla luce delle problematiche contemporanee e riscrivendo la storia dal punto di vista di personaggi marginali.
Wide Sargasso Sea di Jean Rhys (in Italia tradotto da Adelphi come Il grande mar dei sargassi), ad esempio, dà voce alla “pazza in soffitta” di Jane Eyre, offrendo una critica post-coloniale al romanzo originale. Da qui, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, reinterpretare un classico può spingere l’autore a trovare soluzioni narrative nuove, lavorando su elementi impliciti, lasciati in ombra dal testo originario.
Gli svantaggi: banalizzazione, confronto e rischio commerciale.
Non tutte le riscritture riescono a catturare la complessità dell’opera a cui si ispirano. Pensare e “partorire” classici reinventati non è per tutti. Alcune versioni moderne semplificano tematiche profonde per adattarle a gusti più commerciali.
D’altronde, riscrivere un classico è sempre un rischio: il confronto con l’originale può mettere in luce i limiti stilistici o concettuali della nuova opera. Aspetto decisamente negativo è, inoltre, quello di utilizzare grandi classici per attirare lettori, in una sorta di strategia di marketing che, però, potrebbe essere un’arma a doppio taglio. Un effetto negativo è la libertà limitata nella quale l’autore può sguazzare. Nonostante il rinnovamento ci sono determinate situazioni in cui la creatività può venire sacrificata.
Quando funziona e quando no.
Negli ultimi anni, i classici reinventati hanno riscosso grande successo, sia di pubblico che di critica. Circe di Madeline Miller, ad esempio, ha saputo dare nuova vita alla mitologia greca attraverso uno sguardo femminile potente e moderno, così come Wide Sargasso Sea di Jean Rhys, che è ancora oggi considerato un capolavoro per la sua rilettura di Jane Eyre.
Al contrario, non tutte le operazioni simili hanno convinto: Il grande G, ispirato a Il grande Gatsby, è stato criticato per aver banalizzato la satira sociale del romanzo originale, mentre alcune versioni di Orgoglio e pregiudizio sono state accusate di appiattire trama e personaggi, trasformando un classico della letteratura in un semplice romance contemporaneo.
Tra omaggio, riscrittura e rilettura critica.
Creare dei classici reinventati, dunque, è un’operazione affascinante, ma complessa. Richiede una profonda conoscenza dell’opera originale e, allo stesso tempo, il coraggio di prenderne le distanze per dire qualcosa di nuovo.
Molte di queste opere agiscono come ponti tra generazioni di lettori: parlano ai giovani usando linguaggi e contesti più vicini al presente, ma rimandano a valori, conflitti e strutture narrative senza tempo. In questo senso, i romanzi che si ispirano ai classici svolgono anche una funzione educativa, permettendo di riscoprire il valore delle grandi opere della tradizione attraverso nuove forme e nuovi punti di vista.
I classici reinventati non sono un’offesa.
In definitiva, riscrivere i classici non è né un sacrilegio né una garanzia di successo: è una pratica letteraria che, come tutte le forme d’arte, può dare il meglio quando è guidata da rispetto, competenza e voglia di sperimentare. Perché le storie grandi non invecchiano mai davvero, ma è il modo in cui le raccontiamo a determinare se continueranno a parlare anche alle generazioni future. Perché i classici non hanno tempo e ci pongono davanti a delle riflessioni.
Sostienici, clicca qui: PINK
Comments are closed.