
Una delle teorie più note riguardanti l’estinzione dei dinosauri è quella della collisione di un meteorite con il pianeta Terra. Cosa accadrebbe, oggi, se il fenomeno dovesse ripetersi?
Nel novembre 2021 la NASA ha lanciato la missione spaziale DART con la quale si prefiggeva l’obbiettivo di deviare, per la prima volta nella storia, la traiettoria di un piccolo asteroide. La missione è stata un successo e, nel settembre del 2022, la sonda ha colpito Dimorphos, una piccola roccia di 177 m di diametro e ne ha alterato il periodo orbitale attorno a Didymos.
La domanda, adesso, è: saremmo in grado di evitare l’impatto con un meteorite se dovesse entrare nella traiettoria terrestre?
Per avere una risposta certa è necessario aspettare la missione Hera dell’ESA. La sonda arriverà nell’orbita Didymos-Dimorphos nel 2026 e raccoglierà tutta una serie di dati legati al post-impatto come foto ad alta risoluzione e misurazioni riguardanti le masse degli asteroidi.
Hera si compone di un insieme di strumenti che permetteranno agli scienziati di ottenere preziosissimi dati. La sua realizzazione ha reso necessario il contributo di diciotto nazioni, tra cui anche l’Italia: l’Istituto nazionale di astrofisica e l’Università di Bologna hanno contribuito, rispettivamente, con lo strumento Vista, in grado di analizzare le particelle di polvere e con un esperimento di radio-scienza con cui è possibile determinare i campi gravitazionali e le masse degli asteroidi.
Non si può “tentare la sorte”.
Per determinare la strategia migliore, in caso di minaccia spaziale, occorre prima capire con che tipo di asteroide si ha a che fare.
Hera porterà con sé anche due piccoli CubeSats, ovvero due nanosatelliti che la aiuteranno nelle indagini: Milani e Juventas, i quali si dedicheranno allo studio della mineralogia della superficie degli asteroidi e alla determinazione della loro struttura e composizione interna.
Gli asteroidi, infatti, possono essere di due tipologie: monolitici, ovvero formati da lastre di roccia, o rubble pile, cioè formati da agglomerati di detriti. E’ chiaro che, a seconda della struttura, si avrà una risposta diversa all’impatto con un eventuale corpo estraneo.
Occhi puntati al cielo.
Negli ultimi anni, la difesa terrestre da un possibile impatto con un meteorite è diventata un obbiettivo importante per molte agenzie spaziali come NASA o ESA ma non solo. Anche la Cina, infatti, sta lavorando a una missione prevista per il 2027. L’obbiettivo è quello di combinare le missioni DART ed Hera, insieme, per ottenere immediatamente i dati di cui si ha bisogno.
Ma nonostante questi test di protezione attiva contro un possibile meteorite siano indubbiamente importanti, l’attenzione viene posta soprattutto sulla rilevazione delle stesse. Le agenzie spaziali come la NASA usano strumenti estremamente potenti con cui monitorano costante
mente il cielo in cerca di potenziali minacce. Tra i telescopi più importanti ci sono Pan-STARRS, dell’osservatorio di Haleakalā a Maui (Hawaii) e quello del Catalina Sky Survey in Arizona (USA). Solo questi due hanno scoperto più di diciassettemila asteroidi vicini alla Terra, comunemente chiamati near-Earth object (NEO).
Lo scorso quattro settembre il Catalina Sky Survey osservò un piccolo meteorite che avrebbe impattato la superficie terrestre. Si trattava di una palla di circa un metro di diametro che avrebbe attraversato i cieli delle Filippine.
Nulla di pericoloso, ma il fatto sorprendente è che il meteorite in questione era soltanto la nona roccia spaziale scoperta prima dell’impatto da quando sono iniziate le osservazioni in cerca di questi oggetti.
Risulta quindi evidente che il monitoraggio, la previsione e l’analisi delle traiettorie dei NEO sia di vitale importanza. Migliore è la rilevazione di una possibile minaccia e minori saranno le energie spese per salvare il pianeta Terra e i suoi abitanti.
Progetti futuri.
La strada da percorrere è, quindi, quella di migliorare il monitoraggio della volta celeste e uno dei progetti di Esa riguarda un telescopio di terra, Flyeye, che si ispira agli occhi degli insetti e che sarebbe in grado di osservare una porzione più ampia di cielo. Flyeye dovrebbe essere costruito in Sicilia, sulla cima del monte Mufara (Palermo).
Nel frattempo, Esa sta anche lavorando a una missione denominata NEOMIR (Near-Earth Object Mission in the Infrared) che fornirebbe un allarme tempestivo per tutti quegli asteroidi provenienti dal Sole. La missione non è ancora stata approvata ma sarebbe estremamente importante poiché gli asteroidi che provengono dalla nostra stella non possono essere rilevati dai telescopi di terra.
L’umanità è ancora lontana dall’avere una risposta sicura in caso di minaccia spaziale ma la strada che ha intrapreso è, senza dubbio, quella giusta. Gli stessi scienziati impegnati in questi studi ed esperimenti si stupiscono dei risultati che hanno ottenuto, considerando che fino a vent’anni fa sarebbe stato inimmaginabile pensare di deviare la traiettoria di un asteroide. La speranza, alla fine, è quella di evitare il finale del film di qualche anno fa, Don’t look up.
Foto di copertina di Pavel Polyakov
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