
Il romanzo storico continua ad affascinare lettori di ogni epoca, mescolando realtà documentata e immaginazione narrativa. Ma cosa rende questo genere così intramontabile? Dalle origini ottocentesche fino alle moderne reinterpretazioni, il romanzo storico si è evoluto seguendo i cambiamenti culturali e sociali, senza mai perdere il suo potere evocativo.
Il romanzo storico sfida il tempo, si nutre del passato e lo trasforma in emozione viva. Non è una cronaca, non è una lezione di storia. È una macchina del tempo narrativa, in cui l’autore mette in scena personaggi realmente esistiti o inventati, ambientati in epoche lontane ma pulsanti di vita. Nelle pagine tra finzione e documento, il lettore si perde… e si ritrova. Ma com’è nato questo genere? E perché, dopo secoli, continua ad affascinarci?
Le origini.
Il romanzo storico come lo intendiamo oggi prende forma nel XIX secolo, ma le sue radici affondano molto prima. Già nell’antichità, autori come Erodoto e Svetonio narravano eventi reali con gusto letterario. Ma è con Walter Scott, nel 1814, che nasce il modello moderno. Se spostiamo lo sguardo nel nostro Paese, invece, è impossibile ignorare I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni.
Il romanzo storico italiano.
Il primo romanzo di questo genere in Italia fu l’opera di Manzoni. Eppure, rispetto ad altri romanzi di questo filone, si caratterizza ancora oggi per la sua attualità. I personaggi, gli eventi storici realmente accaduti che fanno da sfondo e accompagnano le vicissitudini di Renzo e Lucia e i comportamenti sono ancora ben presenti nella nostra società. Brama di potere, fede e compassione esistono ancora.
Ed esistono ancora azioni e comportamenti che rendono questo romanzo più che attuale. Basti pensare al capitolo che racconta l’arrivo della peste a Milano che sembra riproporre l’isteria collettiva durante la pandemia del 2020.
Dal romanzo storico al bestseller.
Nel tempo, il romanzo storico ha cambiato pelle. Se nell’Ottocento puntava all’educazione morale e patriottica, nel Novecento prende strade diverse: si fa psicologico, politico, intimistico. Pensiamo a Marguerite Yourcenar con Memorie di Adriano, dove la Storia diventa introspezione. O a Umberto Eco con Il nome della rosa, che unisce giallo, filosofia e medioevo. E oggi? Autori come Ken Follett e Valerio Massimo Manfredi reinventano continuamente il genere, rendendolo pop senza svilirne la profondità.
Il modello russo
La letteratura russa, invece, ha una lista infinita di romanzi storici di ampio respiro. Unisce profondità filosofica, dramma esistenziale e grande attenzione al contesto sociale e politico. Non si limita a ricostruire il passato: lo interroga, lo problematicizza, lo usa per riflettere sull’identità nazionale e sul destino dell’uomo.
Opere grandiose sono stati i romanzi di Tolstoj, come Resurrezione (seppur spesso sottovalutato e messo in ombra dal ben più conosciuto Anna Karenina), oppure quelli di Dostoevskij, come Delitto e castigo. La lista è lunga ma in particolare, gli scrittori russi hanno creato un modello che ancora oggi affascina.
Viaggi nel tempo.
L’uomo ha inventato tante cose ma ancora non riesce a viaggiare nel tempo, passato o futuro che sia. A questo ci pensa il romanzo storico: chi legge può ritrovarsi catapultato in un antico foro romano, nel bel mezzo di una guerra punica, nell’Egitto dei Faraoni oppure nel corso della Guerra dei Cent’anni. Ecco cosa rende questo genere così emozionante. Un’epoca lontana ma che ci risulta attuale tra il vero e l’immaginario. Uno scenario e personaggi verosimili che ci raccontano vicende, amori e dolori.
Il grande “paradosso”.
Nel romanzo storico si nasconde un paradosso affascinante: parla del passato, ma è una delle chiavi per leggere il presente. Perché la Storia non è morta, e la letteratura è il modo più potente per tenerla viva. Che tu legga I pilastri della terra o Il Gattopardo, non stai solo “viaggiando indietro”. Stai, forse, tornando a casa.
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