Se pensiamo alla letteratura natalizia, quasi immediata è la lampadina che nella nostra mente si illumina alla voce “Charles Dickens”.

I cinque Christmas Books di Dickens, popolarissimi, sono in realtà ricordati per l’unico “titolo dei titoli”:  A Christmas Carol, Canto di Natale, pubblicato nel 1843.

Di Scrooge abbiamo sentito parlare mille volte, nella mente l’immagine è fissa: un vecchio arcigno, magro, curvo, dal naso aquilino, dotato di vestaglia e cuffietta da notte chiare, taccagno fino alle midolla, mai sorridente.

A lui si ispirarono per creare un altro personaggio ormai immortale: Paperon De Paperoni. Lui ammiriamo in tutte le salse a teatro, al cinema, nei fumetti, tra i libri, nei musical, nei disegni. Il mondo artistico è ricco di riferimenti a Scrooge, a Natale più che mai.

LA VITA

Secondo di otto figli, Dickens nacque il 7 febbraio del 1812. Ricevette un’istruzione scarsa e, a causa della debole salute, divenne presto un appassionato e autodidatta lettore. Su di lui una grande influenza ebbero Defoe, Fielding, Smollet, Le mille e una notte, il Don Chisciotte.

Quando Charles aveva dodici anni, il padre, John Dickens, fu rinchiuso per debiti. Il ragazzo fu costretto ad andare a lavorare in una baracca infestata da topi incollando etichette su flaconi di lucido per scarpe. Ogni sera raggiungeva poi in carcere tutta la famiglia. Fu una esperienza traumatizzante per il futuro scrittore, che lo segnerà per tutta la vita. Influenzerà anche tante sue opere, oltre che tutto il genere letterario a lui molto caro del “romanzo sociale”. Parlò spesso della degradazione dei bassifondi londinesi e, più in generale, delle conseguenze della rivoluzione industriale.

Oltre venti anni dopo questa esperienza, quando era già uno scrittore famoso, affermato ed acclamato, così Dickens ricorderà quel periodo di lavoro forzato:

“Non vi sono aprole per esprimere la segreta agonia della mia anima nel cadere in quella compagnia, nel paragonare quei compagni d’ogni giorno a quelli della mia infanzia più felice: e nel sentirmi spezzare nel petto le vecchie speranze di poter essere un giorno un uomo colto ed eminente. Il profondo ricordo del sentirmi completamente abbandonato e senza speranze: la vergogna di quello stato; la disperazione che provava il mio cuore di ragazzo nel pensare che giorno per giorno tutto ciò che avevo imparato, e pensato, e goduto, e raggiunto con uno sforzo della mia fantasia e della mia emulazione, se ne andava via per non essere mai più restituito: non vi sono parole. Tutta la mia natura era così penetrata dal dolore e dall’umiliazione di quei pensieri, che perfino adesso, famoso e lusingato e felice, dimentico spesso nei miei sogni di avere una moglie che amo e dei figli che amo: dimentico perfino di essermi fatto un uomo: e torno desolatamente a vagare in quel tempo della mia vita”.

Le differenze sociali continuarono a ferirlo nell’anima anche poco più avanti, nella vita. Non ancora ventenne, innamorato della figlia di un funzionario di banca affrontò una rottura frustrante anche per le disparità di ceto sociale.

Nel 1836 sposò Catherine Hogarth, figlia maggiore del caporedattore dell’ “Evening Chronicle”. Da questa unione nacquero ben dieci figli. Eppure, dopo 22 anni di nozze, si separarono.

IL SUCCESSO

La fama arrivò, grande ed improvvisa, nel 1837, a soli 25 anni, grazie al romanzo “a dispense”. La rivista dove scriveva raggiunse presto le 40mila copie e per essa scriveva senza sosta, febbrilmente. Il pubblico era nuovo, si riuniva mensilmente per ascoltare le sue storie. Gente che prima era completamente disinteressata alla letteratura iniziò ad appassionarsi ai romanzi.

Nella scrittura di Dickens umorismo e angoscia convivono, così come nella vita dello scrittore si alternarono momenti di grande vitalità a stati di dura depressione.

I libri di Natale e le Impressioni d’Italia, frutto di un viaggio con tappe a Genova, Roma, Napoli e Firenze (1846) rappresentano delle parentesi nella produzione maggiore di Dickens. Essa fu infatti costituita dai romanzi sociali, primo fra tutti, David Copperfield (1849/1850). Il “Quarterly Review” proprio su questo romanzo scrisse in maniera pungente:

“La sua scrittura e il suo stile sono vaghi com’è vago il dipinto di un paesaggio: e la sua umanità, per quanto spesso semplice e genuina, è in innumerevoli punti complessivamente distorta e malsana. E tuttavia ci viene detto che è il capolavoro di Dickens e gli riconosciamo questo ruolo”.

Dickens fu anche giornalista e grande appassionato di teatro: egli stesso leggeva pubblicamente tratti delle sue opere riscuotendo enorme successo anche come attore. Lo stress di questa attività, unita al superlavoro letterario cui si sottopose quasi costantemente, gli causò delle “crisi di nervi” e problemi di salute.

Morì improvvisamente per emorragia cerebrale il 9 giugno 1870, lasciando incompiuta un’opera fra le tantissime che portò a compimento nel corso della sua vita.

Fu sepolto a Westminster, accanto a Fielding.

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