Tutti la conoscono, molti la venerano, altri la considerano una scrittrice sublime, pochi la snobbano etichettandola come “autrice per signorine”. La verità è che Jane Austen, classe 1775, è ben altro. Nel giorno del suo compleanno vi spieghiamo perché Jane è un’autrice straordinaria che ha avuto una vita ordinaria. 

Se avessimo dovuto intervistare Jane Austen non avremmo potuto scegliere un giorno migliore.

16 dicembre del 1775

In questa data i signori Austen accoglievano in famiglia una bella bambina, a cui avrebbero dato il nome di Jane, ignari in quel momento, che la piccola sarebbe poi diventata una tra le più grandi scrittrici mai esisite. Supponiamo di avere un dono, di poter tornare indietro nel tempo e di incontrare Jane a Bath. Appuntamento al Royal Crescent per fare una passeggiata al crepuscolo di una giornata gelida.

Jane è una donna minuta e graziosa.

Ha occhi grandi, di un colore indefinito tra l’azzurro e il grigio. Porta un cappellino sui ricci scuri che le incorniciano il viso paffuto. Ha una risata contagiosa, si diverte a schernire gli atteggiamenti di alcuni passanti e ci fa notare come da piccoli particolari si possa intuire il carattere di una persona. “La vita non è altro che una veloce successione di momenti inutili”, sembra dirci. Tutto potremmo pensare di lei, attraverso i suoi romanzi, tranne che Jane sia un’appassionata di trame dalle sfumature gotiche e inquietanti.

Quando si parlava di Ann Radcliffe, gli occhi le brillavano di ammirazione. Non è un caso che dalla sua penna sia uscita la più dissacrante parodia dei romanzi gotici.

Se pensiamo alla sua vita, ci stupisce la straordinaria capacità di cogliere il grottesco del quotidiano. Jane Austen è figlia di un modesto pastore anglicano dell’Hampshire. Penetra con discrezione nell’anima della società inglese e ne analizza con acuta ironia le mille sfaccettature. Come in un ricamo elaborato con estrema raffinatezza, coglie il conflitto tra le esigenze morali della comunità e le convenienze sociali ed economiche.

Northanger Abbey”, ci avrebbe detto. “Volete sapere come la più improbabile delle eroine diventi la protagonista di un romanzo che fa il verso all’imperante moda dei romanzi gotici?”.

Northanger Abbey è stato pubblicato postumo, nel 1818, assieme a Persuasion.

Si tratta di due romanzi completamente diversi. Northanger Abbey è stato scritto intorno al 1797 ed è la storia di una ragazza qualunque, semplice e di pochi mezzi, che viene invitata da una ricca coppia a trascorrere con loro qualche tempo a Bath, la stazione termale più alla moda. Bath è una vetrina notevole per le fanciulle che giungono da ogni dove per accasarsi.

Spesso viene scelta come meta perché Londra, durante la Season (la stagione dei balli e dei ricevimenti), è proibitiva per via degli elevati costi degli affitti. Bath invece è più o meno accessibile tutto l’anno e, a seconda del quartiere dove la famiglia della ragazza da marito risiede, consente l’avviarsi di un determinato giro di conoscenze. Vi sono infatti quartieri destinati all’aristocrazia e ai ricchi, e altri più popolari.

Che cosa ha spinto la Austen a scrivere una parodia così sottile dei romanzi gotici?

Jane amava i romanzi della Radcliffe. Li trovava vertiginosi, avvincenti e sempre pieni di colpi di scena mozzafiato. Finché non si rende conto che la trama era sempre la stessa: la donzella in pericolo, il cattivo e l’oscuro maniero in cui la rinchiude in attesa della liberazione da parte dell’amato di turno. In altre parole, la trama della Bella Addormentata.

La protagonista di Northanger Abbey è vittima due volte. Prima di tutto legge troppi romanzi gotici e ha la testa piena di strane idee. Secondo subisce uno sgradevole equivoco: alloggiando infatti nel quartiere dei ricchi, assieme ai suoi benefattori, viene scambiata per una ricca ereditiera dal padre del giovane innamorato che la invita nella loro proprietà, l’Abbazia di Northanger, appunto. Lo sprovveduto padre sogna per il figlio un matrimonio d’interesse e, quando viene a scoprire che la ragazza non è che la povera figlia di un pastore, la congeda bruscamente, perché la sua sola colpa era di essere meno ricca di quanto lui avesse creduto. Come se non bastasse, lei crede a sua volta di vivere in un romanzo gotico: non appena mette piede nella vetusta abbazia, immagina che il suocero abbia ucciso la moglie.

Quindi l’immaginazione della protagonista e quella del futuro suocero giocano brutti scherzi a entrambi. Talvolta leggere troppo e senza coscienza critica porta a delle conseguenze, come dire, per lo meno bizzarre.

Jane vive e scrive prima dello sconvolgimento della rivoluzione industriale, che muterà profondamente gli equilibri della società aumentando il divario tra ricchi e poveri. “Nella sua commedia d’ambiente borghese e aristocratico provinciale, la Austen è grande come il più gran romanziere che abbia mai dato fondo a cielo e terra […]. I suoi individui sono sempre in funzione di una società” scriveva Mario Praz nella sua Storia della Letteratura Inglese del 1960. C’è da chiedersi come mai Jane Austen abbia deciso di confinarsi volutamente nella limitata area della sua vita di provincia. Probabilmente per descrivere con minuzia la commedia umana, senza risparmiare alcuna critica.

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